Rapporti&Relazioni
Stereotipi e nuovi atleti

di Gian Paolo Ormezzano

Quando, anno 1959, co­minciai a scrivere di ci­clismo grande e grosso, da giornalistucolo arrivato in redazione di­rettamente dalle piscine dove ga­reggiavo in un nuoto povero, provai subito a ipotizzare un avvento degli atleti statunitensi, che allora strabiliavano nel mio sport e nell’atletica leggera, dentro al mondo della bicicletta. Chiesi per iscritto cosa mai avrebbe potuto fare uno di loro, uno forte come i più forti di loro, insomma un grande atleta, impegnato in uno sport che prediligeva, esaltava gli scorfani, i quali in sella diventavano dei anche di bellezza, massimo caso quello di Fausto Coppi mio idolo.
Naturalmente gli esperti, ai quali devotamente persino credevo, mi dicevano che il ciclismo è sport a sé, che pedalare non è né correre né meno che mai nuotare. E che c’erano quelli col fisico da scalatore e quelli col fisico del passista e persino quelli col fisico da velocista. E poi nel ciclismo ci voleva il saper soffrire, come assolutamente era vietato ai vitaminizzati campioni del Nord Ame­rica, e poi nel ciclismo c’era la tradizione, che ad un certo pun­to della corsa finiva per avere un suo peso, come se ti spingesse tutta una storia di genti, di popoli, e poi c’erano la pista e la strada, la tappa e la corsa di un giorno, il cronometro e l’arrampicata, la solitudine e il gruppo, la rava e la fava.
Ci fu un Giro d’Italia in cui uno spagnolo specializzatissimo nello sprint, Miguel Poblet, vinse una tappa in salita, fra lo stupore degli esperti (réputés techniciens, specie eletta dei giornalisti suiveurs, tutto detto in francese allora lingua regina del ciclismo: e se lo lasciavano di­re senza pensare che ci fosse un po’ di sfottò), scocciati fra l’altro da tanta irriverenza, vinse Poblet e io provai a dire e persino, timidamente, a scrivere che in fon­do il ciclismo consisteva nel pedalare, e che se uno riusciva a dare quel cer­to numero di pedalate in quel certo spazio di tempo poteva an­dare forte in salita come in volata, in un velodromo come su una strada sterrata. Passai per iconoclasta, e siccome avevo altro di bello da fare, sempre nel giornalismo, non insistetti. Quando arrivò dagli Usa LeMond a vincere il Tour de Fran­ce, e poi quando arrivò sempre dagli Usa Hamp­sten a vincere il Giro d’Italia, ero sempre occupato da problemi dello sport più vasti, più aulici. Mi ero persino scordato di far notare, in quei tanti anni, che Merckx, troppo alto per essere un grande scalatore, non si sarebbe mai dovuto permettere di vincere grandi corse a tappe: e infatti quando si presentò al suo secondo Giro d’Italia e fece capire a qualcuno che era lì per vincerlo, venne escluso radicalmente, nel pronostico per la maglia rosa finale, dal migliore (davvero) di tutti noi.

Adesso come la mettiamo, come la mettono con Armstrong e più an­cora con Horner, che a quasi quarantadue anni vince la Vuelta scalando montagne durissime e sviluppando una potenza, certificata dalla scienza, mai vista prima, su­periore anche a quella di Arm­strong? Doping, si dice per Arm­strong e si sussurra per lui: ma allora che si dia questo prodotto magico e a quanto pare non mortifero, anzi, a malati, a vecchi e bam­bini, perché permette di fare cose straordinarie, e lo si liberalizzi onde tutti possano assumerlo.

Esageriamo, ovvio, per farci capire bene. Ma che almeno si accetti che i vecchi parametri, anche giornalistici, appiccicati al ciclismo non servono più. E se il britannico Wig­gins e il britankenyota Froome vincono il Tour de France negli ultimi due anni e però provengono dalla pista e dalla strada sia pure non classica, e insomma provengono dal ciclismo (ma non quello so­lenne e sacro della tradizione italofrancobelga, non quello degli scalatori personificazione forzata di un fachirismo nazionalpopolare), si ricordi che LeMond e lo stesso Armstrong sono ottimi praticanti di altri sport, persino sport della neve. Sono atleti, ecco, sono prima di tutto atleti, questo è il punto. Io non vedo niente di strano se, in un futuro che può essere già domani, un podista sale in sella, un crawlista sale in sella, e con le sue gambe potenti spinge sui pedali e diventa forte ciclista (d’altronde non vi ha detto nien­te il signor triathlon?). Spe­cialmente adesso che i nuovi materiali gli permettono di trasferire tutta la sua potenza, meglio tutto il suo atletismo sui pedali. Pazienza se non avremo più una pulce dei Pirenei, un camoscio del­le Alpi, il nano e l’asceta delle salite. E magari un cinese alto - ce ne sono, oh se ce ne sono, nel 1966 visitai spostando i miei centosettanta centimetri l’Università di Pe­chino e vidi tanti studenti che ci sembravano pivot del grande ba­sket, e infatti ci sono cinesi nella Nba - vincerà il Giro d’Italia trionfando sulle nostre montagne.

Bestemmiamo? Lo dirà il futuro, amen. Ma intanto ci permettiamo una chiusura in francese, omaggio ad una lingua che non si parla più neanche ai banchetti dell’Uci, quando la parlava persino Ro­do­ni, e usiamo un anzi il francese di François Villon e George Bras­sens, per chiedere con leggera perfidia: “Mais où sont-ils les réputés techniciens d’antan?”.
Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
Intorno ai 35 anni raggiungiamo il nostro picco di crescita, a seguire nel nostro organismo si riduce la sintesi di alcuni ormoni. Un evento fisiologico che avviene sia negli uomini che nelle donne, se pur con differenze tra i due generi,...


Pinarello e INEOS Grenadiers continueranno a pedalare insieme nel solco di una collaborazione che ha contribuito a creare alcuni dei momenti più memorabili nel ciclismo. Insieme sin dalla nascita del team nel 2010, Pinarello ha rappresentato per il team molto più di...


Dalla corona in carbonio alla cassetta in titanio passando per i cuscinetti del movimento centrale con sfere in ceramica: l’upgrade ULTRA del nuovo gruppo Campagnolo si rivolge a un ciclista ultra-esigente che saprà apprezzare la massima espressione della meccatronica applicata...


Diversi anni fa affrontare l’inverno in bici richiedeva tanto coraggio, altro che storie. I materiali con cui potevamo fronteggiare il freddo, la pioggia ed il ghiaccio erano piuttosto deboli, ma oggi le cose sono fortunatamente cambiate. Le nuove scarpe Celsius...


Sono 40 anni che Look rivoluziona il mercato con pedali che hanno fatto la storia, un processo che non conosce sosta e trova oggi come massimo interprete il nuovo Keo Blade, un pedale che è arrivato in breve alla sua...


Thermobooster P1 di Assos è un capo davvero innovativo, infatti, altro non è che un laser termico ultra-versatile da utilizzare nelle più diverse situazioni. SI indossa sotto una maglia estiva nelle prime giornate fresche, oppure sotto una giacca nelle giornate più...


Le scarpe Vaypor SL di Bont sono a mio avviso non solo un prodotto iconico che permette al marchio australiano di essere conosciuto int tutto il mondo, ma si sono rivelate nel lungo test condotto fino ad oggi una vera...


Colnago celebra con orgoglio la vittoria di Florian Vermeersch ai Campionati del Mondo Gravel UCI 2025, disputati nei Paesi Bassi. Il corridore belga ha conquistato il titolo in sella alla Colnago G4-X, confermando le doti di performance, equilibrio e affidabilità...


E’ da gli anni ’90 che Vision innova con prodotti fortemente aerodinamici ed erano gli anni in cui l’azienda, considerata già allora pionieristica, si concentrava su componenti orientati al miglior coefficiente aerodinamico e alla riduzione del peso. Poi sono arrivati...


Oggi Trek ha aggiunto una nuova verniciatura alla sua collezione Project One ICON: Gamut, una combinazione di colori vivaci e multicolori che sarà la combinazione ufficiale del team di triathlon Trek Factory Racing ai Campionati mondiali Ironman 2025 a Kona....


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024