Gatti & Misfatti
L'anello debole

di Cristiano Gatti

E così, in pieno Giro d’I­ta­lia, ci ritroviamo sotto l’influsso del feroce anatema antidoping lanciato dal presidente del Coni, Gianni Petrucci. Al suo fianco, fedele come uno scudiero, il presidente della federazione ciclo, Re­nato Di Rocco. La sfuriata del capo ha registrato un effetto in­credibile: dopo un decennio di silenzi e di ineffabili alzate di spalle, Di Rocco ha improvvisamente convenuto sull’idea di in­trodurre in questo periodo d’emergenza alcune misure di emergenza, accettando tra le altre l’idea della radiazione. Dopo tanta, cocciuta, suicida resistenza, è il crollo di un ta­bù. Benvenuto presidente. Complimenti per la tempestività.

Dovrei essere tra i più felici, per questa grande novità della radiazione, essendo uno di quelli che originariamente l’hanno invocata disperatamente. Non sto a ripetere per filo e per segno le mo­ti­vazioni del durissimo provvedimento: mi limito a dire che solo un pesante inasprimento delle pene, assieme a un altrettanto pesante risarcimento dan­ni, può fungere da vero deterrente in certe strane personalità. Faccio un esempio banale: fosse arrivata prima l’idea della radiazione, non ci ritroveremmo ogni tre mesi a sorbirci le prediche dei Riccò e le loro pretese di rientrare in gruppo. Ce ne saremmo liberati e potremmo guardare avanti.

Ma è un’altra la faccenda che mi lascia de­presso, nonostante l’ar­rivo della radiazione. Sono le parole del pregiato presidente Di Rocco: alla Gazzetta ha trovato modo di dire una cosa che credevo non passasse più per la testa di nessuno, dopo quasi 15 anni di sfracelli. Ha spiegato, il signor Renato, che la radiazione non viene applicata subito al corridore, ma solo a tecnici e medici, perché “il corridore è l’anello debole della ca­tena”. Giuro, ho riletto due vol­te. Non credevo ai miei oc­chi. Eppure è così. Nel 2011, c’è ancora qualcuno - non un pistola qualunque: il presidente! - che ritiene il corridore una povera vittima del sistema do­ping. Inutile insistere: ho ap­pal­lottolato la povera Gazzetta, con essa tutta la considerazione che mi restava nei confronti del presidente.

Già questa considerazione era scemata molto quan­do lessi le sue ri­sposte al­le domande della mamma di Pantani. Con poche parole op­portuniste, il pregiato presidente non si fece problemi ad avvalorare, comunque a lasciare lì sospesa nel modo più deleterio, la famosa idea del complotto ordito a Madonna di Campiglio contro il povero Mar­co. Mi dis­si allora: va bene la politica, va bene la rivalità con l’ex presidente Ceruti, va bene il compiacere tutti per piacere a tutti, ma arrivare a simili punti mi sembra veramente imperdonabile, per un presidente federale. E comunque. Poco tempo ancora, ed ecco qui la teoria del corridore anello debole. Povera gio­ia, in balìa di maneggioni e praticoni. Lui, così ingenuo e così candido, che se fosse per indole propria non assumerebbe nem­me­no un’aspi­rina.

Presidente, faccia il piacere. Conduca le sue battaglie politiche e manovri come vuole nei palazzi ro­mani, ma per favore eviti di pensare che abbiamo tutti l’anello al na­so. Se c’è una cosa che questo decennio ha ampiamente, brutalmente, definiti­va­mente di­mo­strato, è proprio la straordinaria furbizia del corridore. Che lavora in proprio, pasticcia in proprio, traffica in proprio. Certo in associazione con medici e massaggiatori, come no, non è nemmeno il caso di ag­giungerlo: ma certamente non ne è vittima. Ovvia­mente non parlo del corridore tredicenne, che effettivamente è anello de­bole. Ci capiamo. Parlo di quelli grandi e vaccinati. L’idea che uomini e padri di famiglia trentenni siano più o meno degli ebeti minorati alla totale mercè di cattivoni e malvagi, se lo la­sci dire, è una barzelletta che non racconterebbero più nemmeno nelle bocciofile di paese. Lei, presidente Di Rocco, ancora la racconta, serio e convinto. Sa che le dico? Se nel ciclismo d’oggi c’è un anello debole, cre­do sia lei.
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