Scripta manent
Capodanno senza il Borgocross

di Gian Paolo Porreca

Vorremmo, ad ogni nuo­vo gennaio, ad ogni apertura di an­no, augurarci qualcosa per il ciclismo. E ancor più, al di là della en­fasi naturale e me­diatica, quando schiudono gli anni di cifra tonda. Giu­sto come questo che arriva: 2010.
Eppure non è spontaneo, al di là del momento tecnico specifico del ciclismo ita­lia­no, che nel suo schieramento di forza, oltre l’affetto per Basso e Cunego, la simpatia per Pellizotti e un sereno au­spicio per Nibali, non sem­bra proporre alternative emo­zionanti, guardare avanti di buona lena. Sarà stato an­che il necessario tuffo nel ci­clismo di Coppi, con la ri­cor­renza del cinquantenario della sua scomparsa, ma francamente il confronto re­sta oltremodo stridente. Pas­si per gli enormi Coppi e Bartali, ma chi indossa al­trove i costumi di Koblet, Ku­­bler, Bobet, chi i ruoli pure di Schotte e di Ockers, di Ro­bic e Bahamontes? Quali attori meritano di re­citare, su identici pal­co­sce­nici, gli analoghi copioni ?
Basta così. «Non è semplice rassegnarsi - si tratti pure di ciclismo, e non di amori - all’acqua minerale, dopo aver conosciuto lo cham­pa­gne», diritti di autore a To­ma­si di Lampedusa, Il Gat­topardo..

Il problema cruciale è che questo nostro sport con­tinua a metterci troppo di suo, an­che nel no­stro territorio na­zionale, anzi regionale, per sfuggire al ri­schio perdurante di un ha­rakiri di visibilità e cre­di­bilità.
Abbiamo così più volte, in queste pagine, sollecitato l’attenzione sul rischio che una classica del cross na­zio­nale, il Borgocross di Caser­tavecchia, seconda per an­zia­nità in Italia alla sola gara di Scorzè, in Veneto, potesse scomparire dal calendario. Ed eccoci qui, a gennaio 2010, a registrarne il ne­crologio. Dopo 31 edizioni di una manifestazione sorta nel 1978, in coda alla gara ultima appunto del 3 feb­braio 2008, l’annualità scorsa è passata di rinvio in rinvio, a bici ferme, senza alcun esi­to positivo: fino al black-out. Ammainato il 2009, perso quel concetto di continuità che è tessuto connettivo di ogni evento sportivo, e ci­clistico innanzitutto, non vi è più traccia del Borgocross di Ca­sertavecchia nell’anno che verrà. E nel futuro. Sic et simpliciter.

Lontani dalla orazione funebre, di pessimo gusto giusto in una rubrica di inizio anno, pure qualcuno dovrà spiegarci il perché della cancellazione di un evento emblematico dell’attività ciclopratistica italiana. Lì dove vinsero Di Tano e Paccagnella, Va­gneur e Antonio Saronni, l’inos­si­dabile Salza, Folcarelli, Ales­san­dro Fontana, e quello stesso la­zia­le Fausto Scotti, oggi tecnico federale della disciplina. Ultimo sigillo, quello di Ed­mil Albertone...
C’è un problema di fondo, o di ignoranza dei luoghi, pri­ma di tutto. Il Borgocross di Casertavecchia era innan­zi­tutto Casertavecchia, e chie­diamo scusa per il gioco di parole.

Significava una gara a dimensione ine­gua­glia­bile, in un con­te­sto architettonico e am­bien­tale prezioso, tra i ciottolati di una rocca me­dioevale e una natura splendida, fra il Duomo e i ruderi del Ca­stello, che andava di­fesa co­me Patrimonio Ideale del Ciclocross. Anzi esaltata, co­me corsa hors categorie. Non mortificata, fino alla sop­pressione di fatto. Ci sa­ran­no pure stati dissidi locali, ostacoli logistici, la distanza dai poli trainanti del cross italiano ed europeo, a strut­turare una serie di elementi di segno negativo, nono­stante la buona volontà della S.C.D. Borgocross e di ge­nerosi ardimentosi in pro­prio come Amedeo Mar­za­ioli ed An­gelo Letizia, Gio­vanni Al­tobelli e Rosario Maglione...

Ma non è accettabile che le istituzioni preposte, dalla Fe­derazione alla Regione Cam­pania, a Provincia e Co­mu­ne, abbiano tollerato, sen­za alcun gesto di in­centivo, alcuna correzione di rot­ta, che si realizzasse un siffatto scempio sportivo.
Lo sappiamo bene, Caserta non è ciclisticamente il Bel­gio, e tantomeno l’Olanda.
Non è forse neanche il Tri­veneto. Ma vi sembra che al­trove, in una qualsiasi altra nazione con un pur minima cultura sportiva, avrebbero fatto scomparire uno spot universale per il binomio Ciclismo&Ambiente, come il Borgocross di Casertavec­chia?

Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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