Editoriale
GIROBIOnico. Un Giro d’Italia da osservati speciali, ventiquattro ore su ventiquattro. Un «Grande Fratello» su due ruote ideato e organizzato per ridare credibilità ad un movimento che in questi anni ha visto vertiginosamente crollare le proprie quotazioni al di sotto della soglia di sopravvivenza. Un Giro per i campioni di domani, dicono. E allora perché allargare agli Under 27? Un Giro nel quale i corridori dovranno sottoporsi quotidianamente ad approfonditi controlli sanitari e non potranno disporre di medici di società ma solo di uno staff messo a disposizione dagli stessi organizzatori. Un Giro in corsia, sotto la lente d’ingrandimento della scienza e della coscienza. Un Giro di vite, un Giro verso la trasparenza ad origine controllata, tanto è vero che è stato ribattezzato GiroBio.
Ne ho parlato un paio di giorni dopo la presentazione con l’organizzatore Gian Carlo Brocci, al quale va tutta la nostra riconoscenza, perché cerca di fare qualcosa di nuovo e di buono in un periodo in cui non è assolutamente facile fare qualcosa di buono e di nuovo. Però c’è un però: ancora una volta il ciclismo catalizza su di sé le attenzioni per vicende legate alla lotta al doping. Si pone sotto la lente d’ingrandimento e si fa scrutare, controllare, rivoltare come un calzino per guadagnare sul campo un po’ di credibilità, rischiando però di perderla definitivamente. Il ciclismo annientato dal doping riparte dal sospetto: per questo tutti i partecipanti saranno degli osservati speciali.
Un Giro in corsia, che si correrà anche nelle camerate, visto che i corridori dovranno mangiare e dormire in spazi comuni, come in collegio o in caserma: basta hotel a quattro stelle. Basta camere doppie: da oggi tutti assieme, vigilati anche di notte da ispettori di corsa in corsia. Al bando le ammiraglie, per andare e tornare dalla tappa tutti usufruiranno del pullman. Basta cellulari, solo un’ora al giorno, per salutare mamma o la fidanzata. Questo è il nuovo e rivoluzionario GiroBio, che cerca sensibilizzare tutti verso una nuova coscienza di sport, ma che ha anche l’ambizione di educare. In due settimane? Solo in quelle due settimane? Va bene il marketing, ma qui siamo alla pura demagogia.
Infine, un altro aspetto non da trascurare: se il GiroBio è tutto il bene che ci può essere, il resto del ciclismo a cominciare dal Giro d’Italia, come dovremmo classificarlo: forse bionico?

SUGGERIMENTI. tuttobiciweb.it ne ha dato per primo la notizia a livello mondiale, tuttoBICI ha dato seguito alla stessa attraverso una approfondita inchiesta: stiamo parlando del progetto di modifica del calendario del campionato del mondo, di cui vi proponiamo in questo numero la terza puntata, quella nella quale riportiamo le opinioni dei più autorevoli corridori.
A tale riguardo, però, Enrico Carpani, capo ufficio stampa dell’Uci ha voluto rilasciare a tuttobiciweb.it una puntualizzazione estremamente importante e chiarificatrice: «Confermo che è al lavoro un gruppo di studio, che ha il compito di suggerire soluzioni per una sorta di lifting del campionato del mondo. Ma al tempo stesso escludo nel modo più assoluto e categorico che l’Uci abbia nelle sue intenzioni quella di togliere il mondiale alle Federazioni nazionali. Sarebbe un autogol incredibile. Ma c’è bisogno di qualcosa di nuovo».
E ancora: «Come ha scritto giustamente il vostro mensile, c’è allo studio l’idea di aprire la rassegna iridata con una prova a cronometro a squadre riservata ai club. Ho letto con attenzione i suggerimenti di molti tecnici sulle pagine di tuttoBICI: l’Uci sarebbe ben lieta se tornasse la 100 km come da alcuni auspicato, ma oggi quante federazioni sono disposte ad investire su questa specialità? L’interesse dei club, invece, è concreto e su questo progetto si sta lavorando, ma l’Uci è pronta a ricevere qualsiasi suggerimento». In questo numero ne potrà trovare qualcuno.

LA STRADA GIUSTA. Ne sono sempre più convinto, le corse devono tornare tutte al di sopra dei 200 chilometri. Basta vedere quello che è successo nella tappa di Camerino alla Tirreno-Adriatico: tappa vera, con vere montagne, con chilometraggio di peso e alla fine lì a lottare per la vittoria solo nomi di rango, solo corridori di un certo peso. Nelle corsette si annidano i corridorini: il ciclismo minore illude e induce tutti all’aiutino. Basta tornare a fare le cose come negli anni Ottanta: corse vere per corridori veri, e i gregari a fare i gregari. Non si inventa niente. Lo sport di resistenza deve tornare ad essere soprattutto di resistenza. Ci sarà una selezione verso l’alto, gli organici si ridurranno, i campioni torneranno ad essere identificati e idolatrati. Soprattutto, non si avranno più corridori per un solo mese di stagione, ma per otto mesi all’anno, con i loro alti e i loro bassi. Molti professoroni non condividono il mio pensiero: per questo credo che sia la strada giusta.
Pier Augusto Stagi
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