Scripta manent
Luglio col bene che ti voglio

di Gian Paolo Porreca

Erano finite le scuole, era la frenesia rutilante della vil­leggiatura, era luglio - un tempo - la stagione de­di­cata del ci­clismo. Ragazzi, ragazzi nati nel ’50 sia ben chiaro, avevano ap­pena di­smesso Omero e la con­se­cutio temporum, il Medioevo e la geografia astronomica, per viag­giare in alto con le nostre bici. Ed erano, certo, viaggi rasoterra, nelle estati di cam­pagna: si giocava a fa­re For­nara, che aveva vinto una volta ancora, era il 1958, per la quarta volta, impresa che i pa­droni di casa Kubler e Koblet se la so­gnavano, il Giro della Svizzera. Già, quel Pasqualino Fornara, da Borgomanero, una estrazione geo­grafica che ci sembrava ari­sto­cra­tica come il Peloponneso, per cui ave­vamo pianto al Giro del ’56, quando perse la maglia rosa nella tempesta del Bondone, e che ri­fioriva ad ogni Giro del­la Svizzera. Rifioriva, come noi, a luglio, nelle estati di Ca­rano. Ad inanellare giri su giri, sui sentieri di campagna, la paura del cane nero, il timore di in­crociare un serpente, il fastidio che i genitori ti chie­dessero se volevi andare al mare... Pfui, “al ma­re al mare vacci tu”, molto pri­ma della canzone di Paolo Conte. Altro che mare, ma come gli ve­niva in mente agli altri di andare ad arrostirsi sulla spiaggia, io “do­­vevo” essere Fornara, giri su giri, ne avrei perso il conto ma non la memoria, al Giro della Svizzera, che sgominava il mondo intero, sullo Jura e sul Tourmalet, spo­stando quest’ultimo per con­ces­sione al sogno dalla Francia alle Alpi svizzere. E che sudate, per in­ciso, quei giri pedalati con il nome di battaglia di For­nara, da primo della clas­se! Molto meglio, sotto il sol­leone del Sud, quelli corsi, per le gerarchie così parziali delle no­stre simpatie, con i nomi degli ultimi: Bui, Pintarelli, Aeren­houts...

Ed era il Giro della Sviz­zera del '58, che andava in onda, nel nostro cuo­re, ed era anche giusto chie­dere alle ra­gaz­zine ammirate che ci bagnassero d’acqua, al nostro passaggio di eroi. L’ul­timo grande successo della carriera di Fornara, quello che volevo essere io, che pure quel­l’anno aveva sfiorato la vittoria alla Vuelta Espana, se­condo, dietro Stablinski.
E luglio anche oggi, 2008, qui dove non finisce più nulla, ma continua tutto in uno strano modo. E cin­quant’anni do­po For­nara, emblematicamente dopo l’e­sta­te solare del mito, è pun­tuale l’attesa del Tour. Di un Tour de France.
Aggiorniamo, a cadenze più ovvie, i ritmi del cuore, e ci troviamo francamente spiazzati. Quale edizione del Tour aspettiamo, l’en­ne­sima chimera di un ciclismo che sia plausibile e consenta un ordine di arrivo che non ammetta smentite?
Dopo Landis e Pereiro nel 2006, Vi­nokurov e Rasmussen, ed il dubbio su Contador, nel 2007, a quale recital ci apprestiamo? Sarà il solito Tour più pulito della storia, nel­lo sciovinismo off-limits dei francesi, prima di quello dell’anno che verrà? Abbiamo delle riserve in merito, che ci sembrano ti­tolari...

E di luglio 2008, “col bene che ti voglio”, in vista del Tour che non sia l’en­ne­simo del nostro scontento, di un Tour che trasmetta valori e classifiche in cui credere, tra Evans e Cunego, Schleck e Val­verde, ci viene - chi lo avreb­be mai detto - nostalgia pure di Michel Pollentier, e del suo Tour ’78. Quando, all’Alpe d’Huez, vittorioso ed in maglia gialla, il corridore belga della Flan­dria fu squa­lificato per aver tentato cla­mo­rosamente di frodare l’anti-doping. Quanta voglia, in epoche di avvocati e Tas, di poteri istituzionali che fanno ognuno il loro gioco, di esperti di parte e come tali su­perflui, di una bella flagranza di reato, come quella di Pol­lentier, venti anni fa: con i suoi tubicini sotto la maglietta, ed un liquido organico “pulito” da consegnare al posto del suo...

E luglio, “col bene che ti voglio”, caro ciclismo, di­venta paradossale no­stalgia, se il “mio” prediletto Fornara dal suo quieto riposo non si offende, anche di Pol­lentier.

Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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