Scripta manent
Ripedaliamo nelle nostre città

di Gian Paolo Porreca

Il dicembre del ciclismo è un tempo, abitualmente, di feste e cerimonie, di ringraziamenti e gran gala. A noi, al di là di questo sacrosanto aspetto di aggregazione conviviale, l’inverno del ciclismo sollecita ancor più il senso della riflessione, il gusto della previsione verso il futuro.
E non strettamente consegnato al rettangolo agonistico: l’Uci e il Pro Tour, i Grandi Organizzatori, Di Luca&Savoldelli versus Cunego, Simoni versus tutti e l’anagrafe, Valverde ancora a pedali liberi, il conto alla rovescia per Basso, quale traguardo per Bettini, il doping nuovo che (non) verrà, quale speranza per Vinokurov e Rasmussen...

A noi interessa, poco modestamente, un futuro en plein air del ciclismo, un futuro disegnato a più mani che amplifichi le valenze straordinarie insite in questo sport, il quale, prima ancora di un gesto atletico, rappresenta innanzitutto una disciplina morale.
Vogliamo, in parole più chiare, che il ciclismo evada dal suo squisito ambito tecnico, che quantunque esaltante (nelle giornate migliori) può diventare una fredda prigione dorata per addetti ai lavori ed appassionati incurabili in estinzione, per raggiungere un’altra accezione.
Vorremmo che ognuno di noi - “di voi” - liberasse il Ciclista che ha dentro di sè, con quanto di fantasia, civiltà e cultura questa figura emblematica può evocare.

Allora, in questa stagione morta che vede sui media lo spazio dedicato al versante competitivo del ciclismo così drasticamente limitato - una “breve” per il ciclocross, do you know Nijs?, uno stentato piagnisteo per la pista, due colonne due sulle nuove squadre -, sarebbe oltremodo opportuno articolare nuove proposte che esaltino il ruolo della bicicletta e la relazione tra società civile e bici, appunto.
Punto primo, ed inalienabile, punto di partenza obbligato per tutte le sfaccettature del problema, è riportare il ciclismo nelle Grandi Città. Ed è davvero encomiabile la simbiosi che si sta creando su questa esigenza del convivere a misura di uomo e di ecologia tra due metropoli del Centro-Sud, dal rapporto per più versi conflittuale con il ciclismo, quali Napoli e Roma, e un gruppo professionistico che sembra guardare al di là del mero risultato, come la Tinkoff Credit Systems. Sembra riemergere così, grazie ad amministratori sensibili e ad organizzazioni generose, l’immagine di una bicicletta che si affranca dal suo amabile decoro tra Gozzano e provincia e guadagna spazio e credibilità nel tessuto borghese, senza configuarsi più come un pittoresco diversivo a cui tributare una sufficiente tenerezza. Sarà questo il modo, incentivando la base, gli amatori della bici, (non i cicloamatori...), i Pedalatori della Domenica occasionali, le famiglie, sia pure essa una voga volatile, ma sempre meglio che il trionfo rombante dei Suv, per ridare infine cittadinanza, attraverso la laboriosa bicicletta “normale” o la city-bike, al ciclismo della “specialissima”. Il ciclismo, a pedali non competitivi, braccio affidabile del rispetto per l’ambiente, per respirare aria meno inquinata, per riscoprire un parco, per poter parlare ancora con sè stessi e il panorama, con sè stessi e un figlio, con sè stessi e un lungomare, con sè stessi e un ricordo, fosse pure un lontano amore...

Ecco, ricreare una diffusa e capillare sensibilità ciclistica, sarà il primum movens o la scommessa virtuosa da edificare a dicembre per un ciclismo impegnato a riappropriarsi delle Grandi Città e a scalfirne l’indifferenza ormai consolidata.
Saranno così le modeste ripetute del Ciclista che non vuole arrivare primo, ma ambisce solo a recuperare una misura più equa della esistenza, scevra da frenesia ed angheria, a riportare in gloria, a Trinità dei Monti o a Via Caracciolo, senza gli improperi dei cittadini disturbati nei loro ozi e negozi, senza le offese a ’sti sfigati ciclisti invadenti, senza le incomprensioni di estranei finalmente resi edotti, un Giro d’Italia nuovamente ecumenico. Perchè la bici torni ad essere incoronata, pure in tempi di fittizia repubblica, come la più popolare delle regine.

Gian Paolo Porreca, napoletano,
docente universitario di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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