Pascal Richard, un archietto a tutta bici

di Pietro Illarietti

“La vita è troppo bella e deve essere vissuta” è questa una delle frasi che Pascal Richard ripete spesso e che riassume il suo mood, ossia la sua visione delle cose. Pronto a godersi ogni istante, possibilmente circondato da buoni amici, sottolinea l’importanza della salute, naturalmente con la bici ancora al centro delle sue passioni. In inverno scia, vive ancora in Svizzera francese dove svolge la sua professione di architetto.
Un particolare che al mondo del ciclismo era probabilmente sfuggito. È lo stesso campione olimpico di Atlanta 1996 che lo conferma. «Mi allenavo come un pazzo e studiavo, laureandomi in architettura, poi ho messo provvisoriamente la laurea in un cassetto, portando avanti la carriera da ciclista».
Un palmares di tutto rispetto, per chi non lo conoscesse si parla di 76 vittorie che registrano un titolo olimpico, Giro di Lombardia, una Liegi, una maglia verde al Giro, tappe al Tour e Giro, Campionati Nazionali svizzeri e un titolo iridato nel ciclocross. Insom­ma un bottino niente male in 14 anni di attività con il ritiro finale nel 2000.
Richard, come anticipato, oggi si divide tra progetti, cantieri e bici. Ancora in grande forma, affronta le salite con passo leggero con una divisa personalizzata che vede sempre 2 bandiere nelle maniche: quella rossocrociata e quella italiana. Il Belpaese è infatti la sua seconda patria ed è quello che, a suo dire, gli ha dato quasi tutto quello che ha imparato nel mondo del ciclismo. In particolare ricorda con grande affetto il suo mentore di allora Gian­carlo Ferretti.
Eppure l’incontro con Ferron non era stato frutto di una situazione semplice.
«Avevo interrotto il contratto con la Festina - spiega Richard - e volevo an­darmene in un team più vicino al mio modo di essere. Solo che eravamo a stagione inoltrata, era il 1992. A ottobre chiamai Ferron e mi presentai. Per due volte si mise a ridere e mi chiuse il telefono. Pensava ad uno scherzo. Non credeva al fatto che Richard fosse di­soccupato. Feci un ultimo tentativo. Se sei veramente Pascal Ricard ti aspet­to domani a Milano dove la n­ostra squadra deve ricevere un premio come mi­glior team della stagione. Presi la macchina e mi precipitai a Milano. Quando mi presentati, Ferron si mise a ridere. Era rimasto poco budget ma firmai ugualmente. Fu la svolta della mia carriera. All’Italia devo tutto, ciclisticamente. Mi ha permesso di trovare il mio posto nel ciclismo e non è poco».
Sei un campione olimpico, il primo professionista nella storia del ciclismo (fino al 1992 i Giochi erano riservati ai dilettanti), praticamente un mito vivente. Come vivi oggi questa condizione?
«Non ci penso molto. In Svizzera non si fa molta attenzione a queste cose. Fossi stato italiano probabilmente ci sarebbe stata una diversa considerazione, da voi c’è più orgoglio nazionale, mi ricordo ancora la Squadra e l’onore di esserne parte. Forse in Svizzera sia­mo troppo ricchi, stiamo troppo bene. Sia chiaro, non soffro di questa cosa. Comunque è un qualcosa di legato al passato. Un bel ricordo. Non ho nemmeno conservato, in casa, tanti ricordi di quel periodo. Pure la medaglia olimpica l’ho recuperata da poco e posizionata in un quadro. È stato un gesto più per i miei figli che per me stesso».
Oggi segui ancora il ciclismo? Non hai incarichi ufficiali?
«Lo seguo da tifoso. Mi piace guardare le corse e qualche volta andarci. Le ga­re mi piacciono sempre. Quello che non approvo è quando incontro corridori che fanno fatica a salutare. Non parlo per me, non pretendo che i giovani sappiano chi sia io, ma parlo di una forma di rispetto per i tifosi. Se noi cor­ridori siamo al centro dell’attenzione è grazie a loro che ti aspettano sulla strada».
Qui in Italia l’attenzione nei tuoi confronti non è mancata.
«In questi giorni sono stato in Italia, in Valtellina, dove ho sentito ancora tanta attenzione dei tifosi che si ricordano di me (ha scalato Mortirolo, Cansano, Fo­sca­gno, ndr). Fa sicuramente piacere. Ad esempio al Mottolino sono stato an­che premiato per i 30 anni dalla conquista della maglia verde. Se guardo a quella classifica mi vengono i brividi: primo davanti a Marco Pantani. Era il 1994. Per prendere i punti del GPM feci il Mortirolo a tutta, poi pagai lo sforzo».
Hai scoperto la Valtellina.
«In questi giorni mi sono reso conto della durezza di queste salite. Tornan­do al precedente discorso, ricordo che avevo 2 punti di differenza con Pantani e mi sono andato a prendere la maglia proprio al penultimo giorno. Ti racconto questo aneddoto: pensa che alla tappa dell’Agnello ero staccato e feci quella salita con un tempo più veloce di Marco, ripresi il gruppo di Argentin e Berzin. Ferron si arrabbiò con me perché non ero stato pronto ad inserirmi eppure il mio compagno Nicola Lo­da mi aveva invitato a stare davanti, ma io volevo stare dietro dov’ero. A quel punto, dovevo rimediare all’errore ed il giorno seguente decisi che avrei vinto la tappa di Sestriere. Non ce ne fu per nessuno. Ferron mi rimproverava spesso perché diceva che in certe occasioni aspettavo troppo e lo facevo spaventare. Con lui mi sono trovato benissimo. Era un duro. Tutti avevano paura di lui».
Il confronto con Ferron è sempre stato aperto.
«Io avevo un’educazione differente. Sai quante volte abbiamo discusso su alcuni particolari. Lui si irritava quando si­stemavo la bici. Mi chiedeva se ci fossero problemi con i meccanici, sottolineando che erano pagati per quel lavoro. Anche quando mi dispiacevo per il lavoro dei gregari, che mi sembrava si sacrificassero molto, lui diventava una bestia. Lo stesso quando volevo dividere il premio con il compagno di fuga battuto. Secondo me, senza un compagno di fuga, magari non sarei arrivato al traguardo. Per Ferron però era il battuto e non si doveva dividere nulla».
Avevi una condotta di gara all’attacco.
«Sì, non lo facevo per provare. Quando attaccavo era per vincere. Un pochino mi sento vicino a Julien Alaphilippe».   
Ti rivedremo presto in Italia?
«Voglio tornare in Valtellina per sciare il prossimo inverno. E poi sono cittadino onorario di un piccolo paese della Puglia, torno sempre con piacere».

Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
La 785 Huez è la bici tuttofare di casa Look, un modello nato per chi desidera confrontarsi con sé stesso e con gli altri quando la strada comincia a salire. Scattante, leggera ed elegante, conquista su strada e si prende...


Progettate per assicurare un controllo senza pari, le scarpe Q36.5 Unique Pro uniscono tecnologie italiane di produzione all'avanguardia con una struttura che massimizza stabilità, potenza e comfort. Con un peso di appena 225g (taglia 42) e uno stack minimo di...


Il Rubino in casa Vittoria è un pneumatico iconico, un prodotto particolarmente apprezzato da chi pedala ogni giorno. Oggi il nuovo Rubino torna in aula versione completamente rinnovata che si pone al centro della gamma stradale Vittoria. Pur restando un...


Santini ha appena svelato la nuova collezione ufficiale dedicata al Tour de France e al Tour de France Femmes avec Zwift e la linea Maillot Jaune, un sentito omaggio alla grande corsa a tappe francese, alla sua storia, al suo...


Quella che avete appena visto in foto è la S-Works Tarmac SL8 Remco “Golden Season” LTD, un tributo all’anno da record di Remco Evenepoel che diventa limited edition visti i soli 272 esemplari disponibili in tutto il mondo. Da tempo non...


Il Giro d’Italia 2025 è per Miche un evento speciale. L’azienda trevigiana di ruote e componentistica per il ciclismo è alla sua prima esperienza come sponsor di un team UCI WorldTour. Ha stretto un contratto triennale con il team Groupama-FDJ...


Pinarello è orgogliosa di annunciare il suo ritorno come bicicletta ufficiale del Giro d’Italia. La 108ª edizione di questa prestigiosa corsa parte dalla città albanese di Durazzo venerdì 9 maggio e si concluderà a Roma domenica 1 giugno. La tappa...


De Rosa, da oltre 70 anni ambasciatrice della tradizione artigianale ciclistica italiana, sceglie di svelare la sua nuova 70 Icona Revò alla vigilia del Giro d'Italia. Una bicicletta accompagnata da un claim - eccellenza senza compromessi - che non lascia...


Nel cycling kit formato dalla Aero Race 8S Jersey e dal Free Aero Race S Bibshort Castelli ha concentrato più di un decennio di innovazione ed esperienza maturata nel mondo del professionismo. Il risultato? Pazzesco ed è a disposizione dei...


Ieri nel tardo pomeriggio è calato il sipario su FSA Bike Festival Riva del Garda, con la quarta e ultima giornata tutta dedicata allo Scott Junior Trophy, dove i campioni di domani hanno potuto dimostrare le proprie capacità sulla mountain...


TBRADIO

-

00:00
00:00
SONDAGGIO
30 ANNI DI TUTTOBICI, VOTATE LA COPERTINA PIU' BELLA
Trenta copertine per raccontare la nostra storia: scegliete quella che per voi è la "copertina delle copertine"





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024