
di Nicolò Vallone
Mentre il suo grande amico e compagno di podio azzurro al Tour de l’Avenir - nonché compagno di copertine su questa rivista - Giulio Pellizzari faceva fuoco e fiamme sulle montagne del Giro d’Italia, lui con la maglia Polti Kometa e il dorsale 168 stava ben accorto alle ruote dei migliori, o alla peggio in un gruppetto immediatamente alle spalle di Pogacar & co.: in piccola parte per sua predisposizione ad un approccio più conservativo, in massima parte perché le difficoltà di salute del più esperto Matteo Fabbro hanno reso subito lui l'uomo classifica del team di Basso e Contador. A 21 anni, alla prima partecipazione... Davide Piganzoli, scricciolo valtellinese col dolcissimo potere di farsi amico chiunque incroci la sua strada, parte da Torino con l’ambizione dichiarata di affinare gambe e testa e testarsi sulle tre settimane, andando magari a caccia di qualche colpaccio in fughe d’altura. In linea col “predecessore” Lorenzo Fortunato, trionfatore a sorpresa sullo Zoncolan nel 2021. Invece al termine della prima settimana si ritrova a ridosso della ventesima posizione e dei dieci minuti di distacco da Pogacar, mentre un Fabbro debilitato da tosse e bronchite si trova a ridosso della centesima a un’ora e un quarto dalla maglia rosa.
La nuova gerarchia è presto disegnata. Con ammirevole applicazione, nelle giornate di montagna il Piga non entra mai nella top-10 d’arrivo, è vero, ma non esce quasi mai dalla top-20: una formichina che prima si consolida al 16° posto della generale, per poi scalare (è il caso di dirlo) altri tre gradini nel tappone di Livigno, dove per l’unica volta lo si vede evadere dal gruppo nel maxi-contrattacco sul Mortirolo ben trainato da Fabbro e certamente galvanizzato dall’aria di casa e dal tifo incessante.
Mai un’azione come quella che gli ha permesso di conquistare Antalya quattro mesi fa, è vero, ma mai neppure un crollo verticale. Non gli interessa rispondere alle sfiammate e mostrare i muscoli nei metaforici specchietti retrovisori degli altri big: lui va del suo passo, attiva la modalità “gestione delle forze” e non s’inceppa. Esausto dopo i traguardi più impegnativi, si prodiga a definirsi «orgoglioso non tanto per i miei risultati ma per come i miei compagni, una piccola Professional al cospetto del World Tour, stiano riuscendo a darmi una grossa mano con serietà e col sorriso, e a correre da protagonisti in diverse fasi cruciali di gara».
Le fughe di Pietrobon, il podio di Lonardi a Francavilla al Mare, la love story di capitan Maestri con Alaphilippe, le 14 fughe complessive della squadra e i 5 premi combattività ottenuti (anche coi fratelli Bais e col neoprofessionista Muñoz) sono lì a spiegare esaustivamente quelle ultime dieci parole.
Da par suo ci pensa Davide Bais a restituire gli elogi al proprio omonimo: «Siamo davvero uniti e ci motiva moltissimo lavorare per un leader di classifica che sta facendo così bene al suo primo Giro». Talmente bene da chiudere 13°, miglior piazzamento finale di sempre nella giovane storia della ex Eolo, oggi Polti, Kometa. Il miglior Fortunato fece 15°.
«Ho capito quanto sia complesso star concentrato ogni giorno per tre settimane per non perdere secondi o minuti, anche nelle tappe che non sono adatte: conoscevo il mio livello, ma ho tenuto meglio e sono andato più forte di quanto pensassi» dirà Piganzoli nella puntata 220 del podcast BlaBlaBike che abbiamo realizzato all’indomani della corsa rosa. Siamo certi che anche Ivan Basso, che prelevò il promettente atleta dopo il biennio juniores in Trevigliese per inserirlo nella Eolo Kometa Under 23, con successiva promozione in “prima squadra” l’anno scorso, sarà stato piacevolmente sorpreso dal suo pupillo.
Prosegue Piganzoli: «Gli aspetti su cui sto lavorando più alacremente per migliorarmi e completarmi sono il recupero e le cronometro, tanto che ai campionati italiani correrò sia in linea che la prova contro il tempo, prima di unirmi alla squadra per il ritiro di inizio luglio a Bormio».
Dimmi che ambisci a diventare un uomo da grandi giri senza dirmi che ambisci a diventarlo.