Editoriale

di Pier Augusto Stagi

PROVATE A FARE COME POGACAR. Ha tenuto in piedi tutto da solo, con assoluta naturalezza e semplicità, donandosi agli appassionati delle due ruote, in particolare i più giovani, quelli che da sempre a lui piacciono di più e ai quali presta più attenzioni. Mi si dirà: certo, con quello che l’hanno pagato. Non dico quanto, perché non lo so e non ho voglia di fare cifre a capocchia. Se ne ha presi pochi, doppiamente bravo, se ne ha presi come tanti altri, ha dimostrato di essere molto più bravo di quegli altri.
In ogni caso in gruppo c’è una nutrita schiera di corridori che fortunatamente guadagna profumatamente, ma ne se guarda bene dall’offrirsi in pasto agli sportivi. Molto meglio fare i sostenuti, i preziosi e magari anche quelli un po’ malmostosi e scocciati per quella grandissima rottura di... che sono gli autografi, i selfie o la distribuzione di qualche borraccia o cappellino. Il problema, però, non è loro. È di chi li gestisce, in particolare dei loro team manager, che pagano questi protagonisti del Terzo Millennio a peso d’oro per avere in cambio forse qualche vittoria.
Che scocciatura, che noia dare retta a tutti questi scalmanati aficionados che sanno solo chiedere. Peccato, però, che questo sport si rivolga esattamente a questi scocciatori, a gran parte di loro, a questi poveri e trascurati appassionati che i team manager faticano a considerare e fanno ben poco per far capire ai loro corridori che i tifosi sono una priorità, una risorsa e non un impiccio. E poco importa se a fine anno gli uffici marketing dei vari brand impegnati nel nostro sport si interroghino su cosa andrebbe fatto per avvicinare gli sportivi e i ragazzi a questo sport. Una soluzione c’è ed è lì sotto gli occhi di tutti: fare come fa Tadej Pogacar. Visto che in bicicletta al momento lo sloveno è inavvicinabile, almeno da fermi provate a fare come lui. Credetemi, si può.

CAROVANA PUBBLICITARIA. Una supremazia disarmante, ampia e maestosa, che ha raggiunto lo Zenit sul Monte Grappa, quando non solo Taddeo ha dato un saggio del proprio talento, della propria forza, ma anche del suo essere campione e testimonial principe di questo sport. Aveva convocato tutti per la grande festa, per lo show finale e come da programma non si è fatto attendere, anche perché lui di solito arriva molto prima degli altri. Nel tratto che dal Grappa porta a Bassano la maglia rosa non solo ha pedalato, non solo ha cercato di mettere ulteriore fieno in cascina, ma già che c’era si è trasformato in carovana pubblicitaria: tanto anche lui anticipa i corridori. Ha distribuito sorrisi, dato il cinque e regalato borracce ai ragazzini. Ha fatto tutto lui e lo ha fatto bene.

LA MAGLIA AZZURRA. Tadej ha vinto anche la maglia azzurra Mediolanum di miglior scalatore del Giro. L’ha vinta chiaramente il più forte e questa volta non ci sono dubbi. Ma è chiaro che sarebbe il caso di modificare il regolamento, sia al Giro come al Tour e alla Vuelta. Magari lasciando l’attribuzione dei punti come è adesso per le prime due settimane, per poi tenere in considerazione nell’ultima solo quei corridori che sono nei primi venti della generale. In modo da non vedere più scempi come in passato, dove chi ha vinto la graduatoria degli scalatori nella classifica della generale aveva un distacco di oltre due ore dal primo.

LASCIANO IL TEMPO CHE TROVANO. Come in ogni grande storia che si rispetti, c’è chi dopo si fa il proprio film, che coglie quello che vuole vedere. Tadej Pogacar sarebbe corridore indiscutibile per forza e talento, ma c’è chi avanza dubbi di ogni genere e tipo e sapete benissimo a cosa mi riferisco. Ma il Vingegaard che negli ultimi due anni è stato superiore allo sloveno, che l’anno scorso l’ha persino strapazzato a cronometro, come dovremmo considerarlo?
Per quanto mi riguarda, in materia di corse a tappe, sia brevi che lunghe, sono due autentici fuoriclasse: i più forti in assoluto. Jonas molto più scalatore, Taddeo chiaramente più universale. Il danese è un modello di ciclismo tradizionale, lo sloveno è figlio del proprio tempo e le parole di chi la sa sempre più lunga degli altri lasciano il tempo che trovano.

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