Coppi&Bartali: DomINEOS, giovani talenti crescono

di Nicolò Vallone

DomIneos: con questo calembour (nemmeno troppo originale ma d’impatto, ne converrete) possiamo riassumere in un estremo esercizio di sintesi la Settimana Internazionale Coppi e Bartali 2022. Certo, c’è stato anche altro. L’apertura e chiusura di marca QuickStep, col guizzo di Mauro Schmid a Riccione e la parata Cerny-Cavagna nelle terre del Ballero. Il super sprint di Van Der Poel a Montecatini dopo una giornata all’inseguimento e a cinque giorni dal podio alla Sanremo. La ribalta di An­drea Garosio, uscito dalla porta Pro­fes­sio­nal per rientrare dalla finestra Con­tinental in maglia Biesse Carrera, che va a prendersi d’autorità la classifica dei GPM. Poi Antonio Tiberi e Diego Ulissi migliori italiani nella classifica generale col quinto e sesto posto nel giro di 4 secondi, la Drone Hopper An­droni con “Natalino” Tesfatsion nei primi dieci in mezzo a Brambilla e Con­ci, la Eolo Kometa che deve aver fatto firmare una clausola “o andate in fuga o vi decurtiamo lo stipendio”, il sorprendente Pesenti della Beltrami TSA piazzato in volata, corridori italiani della sopsesa Gazprom RusVelo che ben figurano con l’azzurro della Na­zionale...
Tutti aspetti che meritano spazio e menzioni, e di sicuro ne abbiamo tralasciati altri per le strade tosco-romagnole. Tuttavia, è palese, l’highlight protagonista di questa edizione della corsa firmata dal Gs Emilia, disputata da martedì 22 a sabato 26 marzo è lo strapotere messo in atto dalla Ineos. Basta guardare le graduatorie: Eddie Dun­bar vincitore della corsa, Ethan Hayter dei punti, Ben Tulett dei giovani. Scalator Ga­ro­sio sembra quasi un intruso nella razzìa dello squadrone britannico.
L’irlandese attacca già nella frazione inaugurale ma si deve piegare al contrattacco di Schmid. L’indomani, tuttavia, il “lupacchiotto” elvetico crolla e l’uomo Ineos, arrivando pacificamente nel gruppo dei migliori, si veste di rossoverde e non lo dismetterà più. In tutto questo, qualche metro più avanti, le braccia al cielo le alza Hayter, che da queste parti sa come si vince e il giorno prima ha estromesso VDP dal podio: ca­sacca bianca che verrà confermata dai successivi piazzamenti. Qui entra in scena il neopro Tulett, che a Lon­giano fa il pesce pilota e si becca tanti complimenti mentre i due compari ve­stono due maglie contemporaneamente, ma ventiquattr’ore dopo a San Ma­ri­no si prende la scena con lo spunto vincente nella salita conclusiva: primo posto di tappa, secondo nella generale, l’arancio dei giovani indosso.
Tre giornate di fuoco in Romagna se­guite da due in Toscana di gestione scientifica come da dna ex Sky, con la particolarità di un treno per tre settimi multicolor. E in fondo è tris di maglie e doppietta sia in classifica generale che come vittorie di tappa (curiosamente, con Hayter e Tulett ma non col vincitore finale Dunbar).
Dunbar, Hayter, Tulett. Venticinque, ventitré e vent’anni. Per gli appassionati di oroscopi, tutti e tre della Vergine. Ma le stelle sono quelle che hanno fatto girare intorno alla testa degli av­versari. O forse dovremmo dire stelline...
Avete notato infatti cos’ha più precisamente combinato la Ineos Grenadiers alla Coppi e Bartali? Ha fatto man bas­sa della corsa con i tre corridori più giovani della propria formazione, portando peraltro alla vittoria finale un ragazzo che era ancora a secco di successi dopo quasi quattro anni e mezzo di carriera professionistica (va comunque ricordato che nel 2017 si era aggiudicato il Fiandre Under 23)! A tirare per loro i signori Puccio Salvatore, De Plus Laurens, Wurf Cameron, Thomas Geraint. Dirigono i maest... pardon, i direttori sportivi Oliver Cookson e Da­rio David Cioni.
Una prova di forza degna dei tempi migliori, degni di quella Ineos dittatrice delle gare a tappe che ultimamente è stata messa a dura prova, per fortuna della competitività del movimento, dagli altri top team. Ma che, per altrettanta fortuna dello spettacolo, sembra aver deciso di ribattere poderosamente e rimettere certe cose in chiaro.
Abbiamo chiesto direttamente a Cioni di raccontarci qualcosa di più. Ecco cosa ci ha spiegato:
«Il livello della Coppi e Bartali si è al­zato parecchio, quest’anno c’erano la Jumbo Visma che ha avuto sfortuna col ritiro di Foss, la QuickStep e la UAE e noi siamo felici di essere andati co­sì bene. Per fortuna siamo rimasti in­denni da febbri e bronchiti: in Cata­lo­gna negli stessi giorni abbiamo avuto qualche problema in tal senso, cerchiamo sempre di tenere una buona bolla ma poi può andarti bene o male. Per noi questa corsa è una vetrina dove permettiamo ai giovani di andare a caccia di gioie personali, certo se un corridore più esperto si prende la maglia va be­nissimo (nel 2018 come Sky abbiamo vinto con Diego Rosa) però puntiamo prevalentemente su un team giovane. La strategia qui era di sfruttare la superiorità numerica e poi vedere chi prendeva la giusta iniziativa: dopo l’attacco di Dunbar nella prima tappa, ci è venuto naturale correre per lui. Do­po­diché abbiamo incoraggiato Hayter a prendersi la seconda frazione e nella terza abbiamo chiuso ogni discorso di classifica col successo di Tulett. Quest’ul­ti­mo è un ragazzo che ci convince parecchio e in pochi anni sarà pronto per i grandi giri. A proposito, per questo Giro d’Italia allestiamo una squadra per Richard Carapaz (che contemporaneamente all’ultima tappa del­la Coppi e Bartali vinceva la penultima frazione della Volta Catalunya, ndr) ma con di­verse carte da giocare.»
E se chiediamo al diesse anglo-italiano se la Ineos si sente all’inizio di un nuo­vo ciclo dopo la fine di quello del de­cen­nio precedente, questa è la sua ri­sposta: «L’unico ciclo davvero concluso è quello di Chris Froome, per il re­sto c’è un Geraint Thomas che, pur verso fine carriera, ha ancora lo smalto giusto per star davanti ed Egan Bernal, che è temporaneamente ai box ma ha ancora diversi anni davanti a sé. Certo, col passare delle stagioni possono cambiare i corridori e a seconda dei profili che emergono si può decidere di orientarsi più sulle classiche o sulle grandi corse a tappe. Adesso, rispetto a qualche tempo fa, abbiamo più interesse per i risultati dei singoli e ora nelle classiche del Bel­gio stiamo proponendo altri interessanti volti nuovi come Ben Turner e Magnus Sheffield. Vi­viani? Abbiamo ingaggiato Elia per incrementare il numero di vittorie ed es­sere più competitivi in volata, settore nel quale avevamo qualche carenza».

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