Gatti & Misfatti
Festoso De Profundis per la Coppa

di Cristiano Gatti

Ancora poche settimane, pochissime gare, poi potremo accodarci al feretro e tumulare le povere spoglie senza versare neppure una lacrima. Finalmente, si potrà anzi brindare alla tardiva dipartita. Un estremo saluto alla Coppa del mondo: che il diavolo se la porti, e che a nessuno torni più in mente di riesumarla. Una è bastata: l’esperimento può dirsi tragicamente fallito.

E’con vivo piacere, con indicibile senso di liberazione, che intono il de profundis per questo mostro partorito più o meno una decina d’anni fa (anche se come come tutte le calamità, come la peste e il colera, sembra sia durato un secolo). Annunciata come un salto nella modernizzazione, spacciata come un doveroso adeguamento alle regole dello spettacolo, nella realtà questa cosa contro natura non ha mai intrigato nessuno. I tifosi, non ne parliamo. I giornali, neppure. Personalmente, in tutti questi anni mi sono sempre scordato di pubblicare la classifica di Coppa dopo le diverse prove. Che dire: io sono un giornalista cane, ma la Coppa non ha mai fatto niente per colmare i miei vuoti di memoria. Devo dire che comunque non ho ricevuto una sola telefonata di protesta per la grave omissione: neppure i lettori, credo, si sono mai strappati i capelli per sapere dove stesse Nardello in classifica di Coppa del mondo.
Inutile dire che gli strateghi del marketing - gente che lo cita molto, che lo pratica pure, ma che purtroppo non l’ha mai studiato - ci hanno compatito per anni, garantendo sul successo inevitabile della loro formula magica. Sono gli stessi che vedono sempre oltre, più in là, avanti: guardassero una volta all’oggi, al qui, all’adesso, magari pensando meno agli affari (loro) e un po’ più alla sostanza. Sono gli stessi che ogni tre per due hanno pronta l’innovazione, come la bella idea di abolire il Mondiale in prova unica (a proposito, auguri a Ballerini e alla sua squadra: la preghiera è sempre quella, scegliere un capitano - massimo due - e votare gli altri alla causa, se dovessi scegliere io, oltre alla scontata opzione Bettini, coltiverei l’affascinante azzardo di Cunego).

Sarebbe sin troppo infantile, adesso, prendere per le orecchie i creativi che hanno imposto la Coppa del mondo e compatito i perplessi, portandoli di forza davanti al bel risultato di questi giorni: tutto da smantellare, tutto da ribaltare, tutto da dimenticare, signori si cambia e per piacere non parliamone più. Solo una domanda: ma chi sbaglia non paga mai dazio? Chi impone le sue strategie, irridendo quelli che non le condividono sin dall’inizio, alla fine non deve rispondere dei propri atti e un po’ anche della propria arroganza? Evidentemente sono domande ridicole, perché così funziona il gioco e purtroppo sono sempre gli stessi a deciderne le regole. Dunque, non resta che sperare nella nuova rivoluzione, questa sì decisamente più intelligente, del Pro Tour: in teoria, è la strada giusta per arrivare un giorno all’agognato traguardo dei confronti diretti e costanti tra i grandi del pedale, cioè l’unica, vera, fondamentale riforma di cui sentiamo tutti l’urgente necessità.

Quanto alla Coppa, è un addio senza rimpianti. Per fortuna, i tifosi hanno continuato a preferire la Freccia Vallone alla Wincanton Classic. La Coppa, da parte sua, è servita soltanto a mortificare certe corse gloriose - proprio come la Freccia - per crearne di artificiali. Mi viene in mente con rabbia il destino del Lombardia, la classica più bella di tutte (assieme alla Liegi- Bastogne-Liegi), stupidamente condannata a platonica passerella finale, dominata dai calcoli del farmacista per fare gli ultimi punti in Coppa. Vergogna.

Ma sì, che il diavolo se la porti, questa insulsa Coppa del mondo. Le classifiche annuali hanno un senso quando tutti corrono tutto - tipo Formula uno, Motomondiale, sci - e alla fine si scopre il più forte in assoluto, il superman della stagione. Noi, nel nostro ramo, siamo al punto che quest’anno potrebbe vincere Rebellin. Vogliamo parlarne?
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