Tour 2019, corsa dura poca crono

di Paolo Broggi

Un Tour de France nervoso, for­se non durissimo, adatto so­prattutto agli scattisti. È que­sta la prima analisi che si impone scorrendo le tappe dell’edizione numero 106 della Grande Bouce, presentata ufficialmente al Pa­lais des Congres di Parigi.
Sette tappe di pianura, sette di media montagna e cinque arrivi in salita, una cronosquadre di 27 chilometri e una sola crono individuale della stessa lunghezza, con partenza e arrivo a Pau e tracciato non semplicissimo.
Sono le caratteristiche primarie di una corsa che il prossimo anno celebrerà un secolo di vita della maglia gialla: sarà questo il filo conduttore tanto del­la marcia di avvicinamento all’evento quando della corsa stessa.
Bruxelles, capitale belga, ospiterà le prime due frazioni - una tappa in linea per velocisti e appunto la cronosquadre - e l’omaggio a Eddy Merckx che nel 2019 festeggerà i 50 anni della sua  prima vittoria al Tour. Il primo snodo della corsa sarà la sesta tappa con l’arrivo a La Planche des Belles Filles su un traguardo ancora più impegnativo che in passato (un chilometro di sterrato con pendenze del 20%). Dopodiché l’attraversamento da NordEst a SudO­vest del Massiccio Centrale propone in sequenza frazioni vallonate e impegnative, caratterizzate da numerose salite brevi ma dure. Per la cronaca, in totale il Tour prevede 30 GPM (più che mai in passato) ma meno ascese di Hors Ca­tegorie. Dopo le prevedibili volate di Albi e Tolosa, si arriva ai Pirenei con due tappe impegnative in sequenza: la prima prevede l’arrivo ai 2115 metri del Tourmalet e la seconda quattro GPM (e 4700 metri di dislivello) da Limoux a Foix.
Dopo il secondo giorno di riposo, sarà il Gard ad ospitare due tappe: prima la frazione pianeggiante di Nimes, poi la Pont du Gard a Gap che porta ai piedi delle Alpi.
La Embrun-Valloire propone in se­quen­za Vars, Izoard e Galibier mentre il giorno seguente si affronta l’Iseran prima dell’arrivo in salita a Tignes. La penultima frazione, con partenza da Albertville, propone Cormet de Rose­lend e Cote de Longefoy prima dell’ascesa finale ai 2365 metri di Val Tho­rens, dove il Tour arriverà per la seconda volta nella sua storia: nel 1994 vinse Cacaito Rodriguez in maglia ZG.
La tradizionale passerella dei Campi Elisi metterà la parola fine ad una cor­sa che non presenta sulla carta tapponi durissimi, ma può diventarlo per i cinque arrivi in salita e che vista da lontano (più di otto mesi alla corsa) strizza l’occhio a Bardet e Pinot ma anche a Chris Froome.

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