Tour, l'impresa di Mister G

di Pier Augusto Stagi

Dicono che quando c’è da fa­re festa Geraint Thomas è il primo a dare inizio ai fuochi d’artificio e l’ultimo a ce­dere il passo. Il Signor G visto qualche giorno fa sui Campi Elisi, però, sembrava quasi intimorito, spaesato, stordito da un’attenzione mediatica alla quale non era abituato. È apparso stranito anche nel ve­dere il suo capitano, Cris Froome, in formato cameriere, pronto a porgergli un flute di champagne per la tradizionale foto di rito.
«Mi gira la testa, e non è per lo champagne…», dirà poco dopo, prima di sa­lire sul gradino più alto del podio su sfondo Arc de Triomphe.
La City Hall di Cardiff è stata illuminata di giallo in suo onore. Probabile che sarà nominato Sir, come l’altro campione olimpico capace di vincere la corsa ciclistica più importante al mondo: Brad­ley Wiggins. Ma a Geraint, chiamato così dai suoi genitori Hewell e Hilary in onore di un protagonista del­la saga arturiana, non dà peso a queste cose. «Devo rilassarmi per un po’ - dice nel dopocorsa la maglia gialla -. In queste settimane sono successe tante co­se e tutte molto velocemente. Non mi sono mai soffermato su quanto mi stava accadendo, ma ho solo continuato a pensare giorno per giorno, aiutato da un team eccezionale, e da un amico e un capitano come Chris (Froome, ndr) che è forse più consapevole del sottoscritto di cosa sono riuscito a fare. Qual è il segreto di tutto questo? Il la­voro. Tanto lavoro svolto con un gruppo eccezionale, fatto di eccellenze, le più preparate e qualificate al mondo».
È tutto un flash, attorno alla maglia gialla. È tutto un brulicare di telecamere che vogliono scoprire questo ragazzo gentile, che da campione della pista è diventato uno dei più fedeli gregari del proprio capitano, per poi trasformarsi in uomo vincente.
«Lo so che molti restano straniti, che non si capacitano, ma noi inglesi siamo una forza ciclistica nuova, che ha dovuto imparare i segreti del mestiere, e mettersi in discussione. Ora raccogliamo quello che abbiamo seminato».
Sono in tanti che gli chiedono qua­le sia stato il momento in cui si è sentito a tutti gli effetti legittimato a considerarsi leader della squadra più forte del mondo. Quando ha sentito che quella che poteva essere una parentesi felice per questo Mister X, è diventata la ve­ra mission di Mister G.
«Sull’Alpe d’Huez ho fatto qualcosa di importante - dice il gallese, che dopo la squalifica di Armstrong, può anche vantarsi di essere l’unico corridore ad avere vinto sull’Alpe in maglia gialla -. Il giorno prima avevo vinto anche a La Rosière, ma imporsi su un traguardo così importante e iconico per il ciclismo è stata una consacrazione: forse lì ho conquistato a tutti gli effetti la considerazione della mia squadra e ho vin­to il Tour».
Thomas, come altre stelle dello sport gallese (Gareth Bale del Real Madrid o il rugbista Sam Warburton), ha studiato alla Whitchurch High School: 2400 studenti, gran parte di questi tutti con spiccate attitudini agonistiche e stimmate da campione. Geraint è il terzo britannico e primo gallese della storia ad aggiudicarsi la Grande Boucle.
Dopo la festa dei Campi Elisi gran cena finale con tutto lo staff Sky, dirigenti e sponsor (tra questi anche diversi italiani, ad incominciare da Fausto Pinarello, che da anni fornisce le biciclette al team più forte del mondo e che quest’anno ha festeggiato il suo personalissimo 14° Tour vinto. Con lui anche la famiglia Cremonese, del maglificio Castelli, ndr), ma prima di Parigi il gallese non ha resistito al ri­chiamo di birra e hamburger.
«Dopo mesi di diete e l’ossessione del peso, non vedevo l’ora di lasciarmi an­dare un po’», ha spiegato il corridore, che è un grande appassionato di calcio e tifa per l’Arsenal.
Per lui tanti applausi sono arrivati an­che da Bradley Wiggins, che negli ultimi giorni l’ha riempito di complimenti via web. I maligni, ma non solo loro, sostengono che il baronetto sia felice come pochi per la vittoria di Thomas, ma soprattutto per la sconfitta di Froome, uno che evidentemente non ha mai amato.
Accanto a Geraint c’è, commosso e fe­lice come forse non lo avevamo mai visto, sir Dave Brailsford, gallese anche lui come Thomas. Tra i due un lungo e sentito abbraccio, sotto il podio, avvolti dalla bandiera della Galles. Thomas ha trascorso una vita da mediano, portando borracce e tirando come pochi, e stavolta ha toccato il cielo con un dito. Una vita di sacrificio e lavoro la sua, in silenzio, anche se nella classica conferenza stampa di chiusura dopo la crono di Espelette, non c’è stato nessun ap­plauso: né all’inizio, né alla fine. Segno che Thomas non ha lasciato il segno, o forse, cosa molto più credibile, paga la colpa di correre per un team dittatoriale, che tutto controlla e vince, lasciando agli altri solo le briciole. Paga la filosofia Sky, quella dei marginal gains, dei dettagli, dei particolari, fatti di frequenze e velocità, che logora il gruppo, ma anche gli astanti.
Non ci si capacita di come un pistard possa ad un certo punto diventare un provetto scalatore. Non si capisce co­me possa un uomo che va a tutta su una pista di 250 metri, riesca a battersi in egual misura a tutta sul Tourmalet e l’Aubisque. Non ci si capacita di come un atleta che è nato ciclisticamente in Italia, alla Barloworld di Claudio Corti, e di stanza sia stato diversi anni in To­scana, a Quarrata, abbia potuto vivere una crescita tecnico-sportiva così am­pia e significativa.
«Ricordo bene quegli anni. C’erano Cummings, Cavendish, Sciandri (ora diesse alla Bmc, ndr). Faticavo tanto, e ho imparato a soffrire».
È lontano il suo primo Tour de France - corso nel 2007 -: era il più giovane in assoluto e chiuse penultimo. «Ricordo bene anche quello, perché certi eventi, certe corse, certe fatiche non si dimenticano di certo - spiega il gallese sempre con assoluta calma e tranquillità -. È vero, ho fatto qualcosa di eccezionale, e se penso a quel 2007, non mi pare assolutamente vero. Per questo fatico ancora a credere a quello che sono sta­to capace di fare».
Un pistard, un uomo di velocità, non di resistenza, in un Tour che ha in pratica cancellato dalla faccia della terra la fi­gura dello scalatore.
«La Sky un problema? Non credo proprio. Siamo un team forte, e nella storia del ciclismo ci sono sempre stati i team forti che hanno fatto la differenza. Oggi tocca a noi. Quanto agli scalatori, sicuramente possono ancora vincere un Grande Giro».
Un anno fa l’aveva intercettato Beppe Saronni, che avrebbe voluto portarlo alla UAE Emirates. Adesso conosciamo il suo presente di uomo in giallo, ma non il suo futuro.
«Se resterò in questo team? Mi fate una domanda alla quale, per il momento, non so rispondere. Ci vuole un po’ di tempo, per tutti. Ora è il momento di godersi la festa».
C’è da festeggiare, dopo mesi di lavoro e rinunce, ma anche di grande tensione, creata dalla questione salbutamolo di Froome. Ma se è per questo, in tutti gli ultimi anni il team è stato spesso nella bufera, anche per il famoso pacco sospetto consegnato a Wig­gins al Delfinato 2011.
«Se dicessi che siamo abituati a tutto, direi una bugia. Ma certo noi di Sky sia­mo abituati a lavorare sotto pressione. Quando non c’è, ci creiamo noi situazioni particolari. Io, in ogni caso, sono abituato a vivere nella mia bolla, nel mio mondo. Io penso agli obiettivi, ai traguardi da tagliare e raggiungere».
E anche sul clima respirato dal Team Sky nel corso di tutto il Tour, Thomas getta acqua sul fuoco.
«Non è stato un bel vedere, però la maggior parte del pubblico, la stragrande maggioranza ci ha supportato e aiutato. Certo, ci sono stati momenti di tensione, tutt’altro che piacevoli. Ma, se ci pensate, nella vita e in ogni campo gli haters (odiatori, ndr) ci sono e ci saranno sempre. L’importante è non farsi condizionare. Noi ci siamo riusciti: con la testa e, soprattutto, con le gambe».

Copyright © TBW
TBRADIO

00:00
00:00
Una nuova identità per valorizzare storia, tradizione e competenze tecniche. Con questo spirito URSUS presenta il suo rebranding, nato dal desiderio di comunicare in maniera ancora più profonda l’anima industriale dell’azienda fondata da Sergio Ferronato nel 1966 a...


Debutta ufficialmente Thoro, nuovo marchio italiano di biciclette che si propone di ridefinire il concetto di eleganza, forza e stabilità nel mondo del ciclismo ad alte prestazioni. Un brand che nasce da una visione chiara: creare biciclette esclusive, riconoscibili e...


Silverskin è un brand italiano specializzato in intimo tecnico sportivo ed è un marchio che si è fatto davvero apprezzare nelle ultime stagioni. La prossima collezione invernale verrà ufficialmente presentata durante la fiera internazionale dedicata agli sport invernali Prowinter 2026 che si...


Dal 2026 non sarà più possibile confondere la divisa di campionessa nazionale mauriziana di Kim Le Court con la maglia iridata. Nei giorni scorsi AG Insurance – Soudal e Soudal Quick-Step hanno presentato le nuove maglie Castelli con cui affronteranno...


Prima non si usavano addirittura, poi è arrivata la pelle…poi l’EPS bianco e puro ed è a questa breve storia che si ispira l’edizione speciale del casco IBEX 3 pensata da HJC, marchio in grado di spaziare dal motociclismo al...


È ancora inverno sul lago, ma i preparativi per uno degli eventi ciclistici più popolari d'Europa sono già in pieno svolgimento: il 32° Bike Festival Riva del Garda torna dall'1 al 3 maggio 2026 sull'iconico lungolago, ancor più grande e...


«Sportful ha fatto parte di alcuni dei momenti più significativi della mia carriera», ricorda Fabian Cancellara e sono ricordi bellissimi quelli che vengono a galla, come quelli inerenti alla stagione del 2010 che ha visto assoluto protagonista il campione svizzero. Tudor...


In occasione del campo di allenamento che la UAE Emirates XRG sta affrontando a Benidorm, la Colnago ha consegnato due bici gravel speciali ad altrettanti campioni speciali. A Florian Vermeersch, Campione del Mondo Gravel, è stata consegnata una...


Mercoledì 17 dicembre a Monaco verrà svelato il percorso de La Vuelta Espana 2026. L’importante evento richiamerà nel Principato atleti, addetti ai lavori e appassionati e tra questi anche alcuni rappresentanti del Team Chiodini di Magenta.  A guidare la delegazione...


Nelle date del 6 e 7 giugno delle agende di molti amatori c’è un pallino rosso a indicare La Stelvio Santini che, nella edizione del 2026, avrà una novità: l’evento gravel del sabato, che si affianca alla tradizionale prova su...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024