Che rabbia, quella repente pantanite!
di Gian Paolo Ormezzano
Il ciclismo, almeno quello italiano, patisce una carità pelosa, quella di chi si china sui suoi protagonisti, chiamandoli subito eroi, o anche martiri, soltanto quando proprio non ne può fare a meno, come per liberarsi di un complesso di colpa. Se i protagonisti hanno un retroterra di povertà, tanto meglio, viene più facile accarezzarli con pronto affetto. Faticando anche per conto nostro, questi protagonisti offrono a noi e ai nostri figli esempi altamente positivi. Se poi sono brutti e vengono abbelliti dallo sforzo, è l’ideale: ecco che si constata che la fatica fa bene, che faticare è cosa non soltanto buona, ma anche utile. Stupisce a questo punto che una squadra ciclistica non venga sponsorizzata direttamente dalla confindustria.
Scherzi a parte, posso dire che la repente pantanite, la repente cipollinite stagionale di tanta Italia mi dà personalmente noia? Che quando uno, magari un collega di giornalismo sportivo, mi dice «grande Pantani» proprio non riesco ad essere entusiasta e men che mai riconoscente per il tributo improvviso? Pantani era abbondantemente grande prima di vincere il Giro d’Italia, grande per cosa aveva già fatto su tante montagne, grande per come aveva vinto la malasorte, aveva rimesso insieme le sue ossa in una maniera sorprendente per gli stessi maghi dell’ortopedia, grande per come aveva insistito nel pedalare anche dopo i primi pesanti responsi del nuovo avvio atletico, alla fine di una durissima inquieta convalescenza. Chi scopre Pantani è sempre in ritardo, in debito.
Il ciclismo dovrebbe avere la dignità di rifiutare gli elogi di giornata, che lo fanno sport relativo, sport contingente, sport ancorato al risultato e ancor più ai personaggi che lo conseguono. Come se tutto quello che il ciclismo si è ritagliato nella storia addirittura della nazione non contasse niente, e niente contassero tradizione, cultura, letteratura, poesia e tanti altri eccetera. Come se il suo diritto di esistere nei crani italioti dipendesse dalla pedalata di Pantani, se felice o meno, o (ma meno) dallo sprint di Cipollini.
Mi procura una grande rabbia il fatto che giornalisti sportivi, sapendomi loro fratello o fratellastro altamente ciclofilo, si congratulino con me quando Pantani o Cipollini o chi per essi vince una gara o comunque compie un’impresa. Cosa c’entro io con Pantani? con Cipollini? con le loro affermazioni? Sembra quasi che quei colleghi vogliano mettersi la coscienza a posto, vogliano scaricarsi qualche rimorso.
Sto parlando di una situazione particolare, specifica e addirittura superspecifica al mio mestiere, al mio lavoro. Ma il disagio è assoluto. Troppe simpatie per il ciclismo sanno di atto di dolore, atto di contrizione, gesto di riparazione, tipo: ho fatto il cretino o almeno il frivolo per tanto tempo dando il meglio del me stesso sentimentale al calcio e affini, adesso rimedio offrendo un poco d’amore al ciclismo. E poi nel momento stesso in cui questa gente (gentuccia) si offre, addirittura si consegna al ciclismo, capisco che si tratta di adesione provvisoria. Basta che il ciclista a cui è stata offerta attenzione, è stata regalata notorietà, commetta il terribile crimine di non vincere quello che la massa attende e gli impone, e subito questo stesso ciclista diventa un traditore, un reprobo, uno irriconoscente, un gaglioffo. Basta che ad un calciatorucolo, iscritto però alle liste amorose della folla, riesca un dribbling, e subito sono entusiasmi a go-go, attenzioni affettuose se non anche amorose. È una lotta impari fra due sport, due situazioni, e il pietismo, l’attenzione paternalistica, la concessione extraordinaria al ciclismo di una parte di un ventricolo di un cuore tifoso calciodipendente, sono quasi sempre irritanti. Sono sguardi rivolti verso il basso, anche quando si ha da ammirare Pantani che sta anzi che pedala lassù sulla montagna.
Edire che Pantani e Cipollini non fanno niente ma proprio niente per consegnarsi al cliché vecchio del campione che ringrazia Iddio e le genti per quello che gentilmente vogliono concedergli in cambio di un povero fachirismo. Sono campioni moderni, diciamo pure assoluti nei comportamenti, a meno di considerare che Pantani ha un fisico sgualcito, scorfanesco, tipico del ciclista, ed esaltato soltanto dall’andare in bicicletta. Ma Pantani non concede niente all’immagine del ciclista sempre umile, molto paesano, caricato a molla per dire «ciao mama» ed altre banalità. È un atleta tostissimo, ha la fidanzata nordica di un genere fisico e di una impostazione mentale (bravissima la bionda nel fronteggiare, con il suo italiano quasi perfetto, le banalità delle interviste del dopo-rosa) che davvero non hanno niente a che fare con la tipologia della moglie - dire donna allora non bastava - classica del ciclista, quella che, come mi disse la moglie di Costante Girardengo, dalla Milano-Sanremo al Giro di Lombardia viveva accanto al marito come una sorella, ovviamente non incestuosa, vive accanto al fratello.
Non fanno niente, dunque la colpa del paternalismo non li riguarda neppure per un atomo. Colpa, sì. Se penso che in un club di golf o su una comoda miliardaria barca a vela c’è gente che si permette di ammirare Pantani nel nome di una comune cittadinanza sportiva, mi posso anche arrabbiare. Quasi come se mi dicessero che Pantani, il quale fatica così tanto per - materialmente e comparativamente - così poco, è un povero fesso.
Gian Paolo Ormezzano, 61 anni, torinese-torinista,
articolista di “Tuttosport”
La 785 Huez è la bici tuttofare di casa Look, un modello nato per chi desidera confrontarsi con sé stesso e con gli altri quando la strada comincia a salire. Scattante, leggera ed elegante, conquista su strada e si prende...
Progettate per assicurare un controllo senza pari, le scarpe Q36.5 Unique Pro uniscono tecnologie italiane di produzione all'avanguardia con una struttura che massimizza stabilità, potenza e comfort. Con un peso di appena 225g (taglia 42) e uno stack minimo di...
Il Rubino in casa Vittoria è un pneumatico iconico, un prodotto particolarmente apprezzato da chi pedala ogni giorno. Oggi il nuovo Rubino torna in aula versione completamente rinnovata che si pone al centro della gamma stradale Vittoria. Pur restando un...
Santini ha appena svelato la nuova collezione ufficiale dedicata al Tour de France e al Tour de France Femmes avec Zwift e la linea Maillot Jaune, un sentito omaggio alla grande corsa a tappe francese, alla sua storia, al suo...
Quella che avete appena visto in foto è la S-Works Tarmac SL8 Remco “Golden Season” LTD, un tributo all’anno da record di Remco Evenepoel che diventa limited edition visti i soli 272 esemplari disponibili in tutto il mondo. Da tempo non...
Il Giro d’Italia 2025 è per Miche un evento speciale. L’azienda trevigiana di ruote e componentistica per il ciclismo è alla sua prima esperienza come sponsor di un team UCI WorldTour. Ha stretto un contratto triennale con il team Groupama-FDJ...
Pinarello è orgogliosa di annunciare il suo ritorno come bicicletta ufficiale del Giro d’Italia. La 108ª edizione di questa prestigiosa corsa parte dalla città albanese di Durazzo venerdì 9 maggio e si concluderà a Roma domenica 1 giugno. La tappa...
De Rosa, da oltre 70 anni ambasciatrice della tradizione artigianale ciclistica italiana, sceglie di svelare la sua nuova 70 Icona Revò alla vigilia del Giro d'Italia. Una bicicletta accompagnata da un claim - eccellenza senza compromessi - che non lascia...
Nel cycling kit formato dalla Aero Race 8S Jersey e dal Free Aero Race S Bibshort Castelli ha concentrato più di un decennio di innovazione ed esperienza maturata nel mondo del professionismo. Il risultato? Pazzesco ed è a disposizione dei...
Ieri nel tardo pomeriggio è calato il sipario su FSA Bike Festival Riva del Garda, con la quarta e ultima giornata tutta dedicata allo Scott Junior Trophy, dove i campioni di domani hanno potuto dimostrare le proprie capacità sulla mountain...
TBRADIO
-
00:00
00:00
SONDAGGIO
30 ANNI DI TUTTOBICI, VOTATE LA COPERTINA PIU' BELLA