Una cosa ormai mi è chiara, dopo tutti questi anni di ciclismo: per correre servono la bicicletta, l’abbigliamento adeguato, un certo fisico, ma prima ancora di tutto questo serve un buon frigorifero.
Se rileggiamo la storia recente, questo elettrodomestico è al centro di tantissime vicende a tutti i livelli. Là dove una famiglia normale tiene spinaci e uova, spumante e latte, carne e formaggio grana, le famiglie dei ciclisti tengono sacche di sangue, fiale magiche, beveroni miracolosi. Ogni volta che un agente entra in casa e procede alla perquisizione, dal frigorifero salta fuori il corredino della speranza. La moglie, la convivente, la sorella, la mamma, in altre parole la regina di casa, regolarmente finisce per rivelarsi la fedele sacerdotessa messa a custodia dei segreti e delle pozioni. Non a caso, si dice che un grande campione deve sempre avere vicino una grande donna. E ti credo. Non è uno scherzo gestire certi frigoriferi.
Ovviamente, il copione di tutte queste storie prevede sempre lo stesso epilogo: quando l’agente, tra avanzi di bresaola e filetti di sogliola, rinviene l’armamentario chimico, l’atleta pronuncia sempre la stessa frase, “ho fatto tutto io, lei non sapeva niente”. E come no. Via, è logico e plausibile: s’è mai vista una donna di casa che apra il frigorifero?
La centralità del frigorifero nel ciclismo è confermata poi con tutta una serie di pratiche varianti. Penso a quanto fatturato, a quante fortune, a quanta gratitudine debba a questo ambiente la “Giò Style”, storica produttrice di frigoriferini portatili. Quante volte, in perquisizioni e retate fuoriporta, lungo i percorsi delle gare, il simpatico prodottino da campeggio è finito al centro della scena. Sta nei bagagliai delle ammiraglie, nei gavoni dei camper, negli armadi degli alberghi. Sì, c’è sempre un frigorifero a decidere la storia del ciclismo. Il frigorifero conta più della bicicletta.
Inutile dire che il pensiero va inevitabilmente all’ultimo caso, ormai famosissimo: il frigorifero di casa Riccò. A me piacerebbe intervistarlo: non il corridore, dico proprio il frigorifero. Quante deve averne viste, povero diavolo. Mettiamoci nei suoi panni: non è facile conservare sacche di sangue per 25 giorni. Poi addirittura finisce che il padrone di casa quasi ci lascia la pelle e magari la colpa è del frigorifero, che ha lavorato male. Sono responsabilità.
Per fortuna, anche stavolta c’è un lieto fine. Magari non lietissimo, comunque il migliore possibile: l’incosciente ha salvato la vita. E tutto il resto non conta. Lodevolmente, seguendo la sua linea editoriale, che si ostina a osservare e possibilmente a capire, tuttoBICI propone in questo numero le idee e i commenti di tanti valorosi colleghi. Io, arrivando per ultimo, non posso trovare parole molto originali. Mi limito a dire questo: spero che Riccò non avvicini mai più una corsa ciclistica. Per il bene del ciclismo, ma forse più per il suo. Anche se tutti continuano misteriosamente a dipingerlo come un ragazzino un po’ naif, in piena età dello sviluppo, io lo vedo per quello che è: uomo di 27 anni, padre di famiglia. E se un uomo di 27 anni, padre di famiglia, ancora riesce a combinare simili disastri, significa che davvero ha bisogno d’altro. Io gli auguro di trovare un buon impiego in agricoltura, settore che aiuta molto a chiarire parecchie cose. Ma soprattutto gli auguro di trovare un buon prete, un bravo psichiatra, un amico saggio, cioè qualcuno che lo convinca davvero di un fatto semplicissimo: nella vita non è necessario essere primi. E comunque è ben triste essere primi in un certo modo. Molto meglio accettare dignitosamente di essere bravi ultimi.
Naturalmente non ho alcuna certezza che il soggetto prenderà proprio questa strada precisa, di riscatto e riqualificazione. Se dovessi scommettere un cent, lo punterei su un altro sviluppo. Più o meno questo: tra non molto sarà di nuovo in pista a esigere scuse, a stilare libri neri, a regolare conti. E giurerei che prima o poi qualcuno lo arruolerà come “guest star”, adeguatamente retribuita, nel bel mondo delle gran fondo. E la lezione del blocco renale, della terapia intensiva, della vita ripresa per i capelli? Finirà mestamente anch’essa dove Riccò conserva tutti i segreti migliori dell’esistenza: in frigorifero, e dove se no.
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