Veloce quiz alla portata di qualunque cervello. Su un foglio si trovano scritte queste due parole: “Gat” e “Giornale”. Dica il concorrente a quale persona pensa corrispondano le due sigle. Tic-tac, tic-tac, tic-tac. Tempo scaduto. Credo che nessuno sia sfiorato da grossi dubbi. La risposta è ovviamente Cristiano Gatti, inviato del Giornale, cioè il sottoscritto.
Chiarisco subito: non mi è esplosa improvvisamente la sindrome da Mike Bongiorno. Né ho la minima intenzione di trasformare questa rubrica in un test per calcolare i quozienti d’intelligenza. Ho iniziato con un esempio a caso perché vorrei adesso passare al caso concreto. Nella famigerata “Operacion Puerto”, tsunami del ciclismo moderno, circola da sempre un foglio con sopra scritte due parole: “Valv” e “Piti”. Torniamo ai quiz: il concorrente provi a dire chi rappresentano, sapendo che casualmente esiste un ciclista - pure notissimo - il cui cane si chiama Piti.
Ci risiamo. Abbiamo lettori intelligentissimi: le indovinano tutte. Anch’io però, che sono una frana in telequiz, questa l’ho sparata subito. Ho pensato immediatamente a Valverde, talentone emergente della bicicletta spagnola. Ovviamente - non è nemmeno il caso di specificarlo - l’hanno ipotizzato subito anche gli inquirenti della famosa inchiesta. I quali, oltre tutto, sanno benissimo che lo stesso Valverde è un conoscente-paziente di vecchissima data del dottor Fuentes, avendo corso a lungo nella Kelme preparata atleticamente dal ginecologo (con questo, saremmo al terzo indizio).
Lo sappiamo: a parte qualche giustiziere spiccio, ci sforziamo tutti quanti di essere passabilmente garantisti. Cioè di considerare un tizio innocente fino a quando non esistono le prove per una condanna. Però diciamolo onestamente: è durissima guardare Valverde con gli occhi estasiati di una mamma, l’unica creatura che veda sempre un angioletto anche nel più truculento killer di mafia. Per tutti quanti noi, che non siamo mamme e neppure sodali di Valverde, è terribilmente difficile leggere su un foglio “Valv” - “Piti” e dire - che so - Zandegù. Oppure Santambrogio. Forse non siamo garantisti come crediamo, ma ci viene naturale dire subito Valverde. Da qui a concludere che il campione spagnolo era dopatissimo da Fuentes ce ne corre comunque: può darsi che fossero solo vecchi amici, può darsi che il medico gli fornisse solo tabelle d’allenamento, può darsi che lo stesso Fuentes volesse farsi bello con un nome importante, può darsi che effettivamente “Valv” corrisponda a Varvello e che per pura coincidenza questo Varvello abbia pure lui un cane dal nome “Piti” (piccolo dettaglio, solo per la cronaca: è dura trovare un altro ciclista con un cognome iniziante per “Valv”). Le inchieste e i processi si fanno proprio per passare dal campo delle ipotesi e degli indizi alle prove certe. Altrimenti, saremmo veramente in balìa di coincidenze, dicerie e carognate.
Dunque, bisogna davvero aspettare per mettere alla gogna Valverde. Però attenzione: non abbiamo l’anello al naso e non siamo neppure tonti come sembra. In Italia e in Germania, patrie di Basso e Ullrich, non possiamo fare a meno di porci una semplicissima domandina: perché i nostri due sono finiti subito massacrati per molto meno, mentre Valverde ha corso il suo bel Tour e addirittura nelle scorse settimane ha ricevuto un’offerta pazzesca, stile Ronaldinho o Beckham, per cambiare squadra? Esplicitando ancora meglio: perché due pesi e due misure, in questo spietato processo sommario che si è rivelato in estate l’affare Fuentes? Provino a dire, i cardinali dell’Uci e gli stessi Torquemada del Pro Tour: perché due vengono giustiziati al minimo indizio, mentre il terzo - che ha a carico i sospetti più pesanti - gode di tutte le immunità e di tutte le reverenze?
So bene che questi ultimi quiz non riceverenno risposta. Più che altro, sarà dura trovare un concorrente disposto a misurarsi nel gioco. Pazienza. Non fa nulla. Dal mio punto di vista, qualche accenno di risposta me lo sono dato da solo. Sarò indicibilmente malevolo, ma ho notato che di Valverde non si è misteriosamente parlato per mesi. La faccenda del foglietto con scritto “Valv” e “Piti”, guarda caso, risalta fuori a gennaio, poche ore dopo che la T-Mobile ha offerto una catasta di euro per soffiarlo a Echavarri, meglio noto nell’ambiente come “Il Gesuita”. Sempre casualmente, nel giro di pochi giorni i tedeschi apprendono dalla stampa spagnola la storia del foglietto (ma fino ad allora dove hanno vissuto, sul pero?) e si tirano frettolosamente indietro. A quel punto, in un amen Echavarri strappa a Valverde un prolungamento del suo contratto. Bravo lui, bravo Valverde. Però allora chiedo, anche per chiudere come ho cominciato, con un bel quiz: perché la T-Mobile, squadra Pro Tour, rinuncia all’ingaggio di un corridore sospetto, mentre la squadra di Echavarri, iscritta allo stesso Pro Tour e firmataria dello stesso codice etico, è ben lieta di farlo correre?
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