Visto che nonostante tutto ci sarà pure un Campionato del mondo, sarebbe bello approfittarne per inventarsi qualcosa di nuovo. Il cittì Ballerini può stare tranquillo: non ho la minima intenzione di rubargli il mestiere. Quello glielo sfileranno certamente, se solo si azzarderà a non vincere, i signori della Federazione guidati da Silvio Martinello, cui prudono le mani dal momento del loro arrivo. Praticamente, Ballerini giocherà a Salisburgo una personalissima roulette russa, però alla rovescia: tanti proiettili letali in canna, un solo colpo a vuoto, quello dell’oro, quello che può salvarlo. Sai che bel lavorare...
Come si vede, ho ottimi motivi per non rubare il mestiere al titolare della cattedra. Anche perché, e qui chiudo il discorso strettamente tecnico, io sulla nazionale ho idee molto elementari: non farei mai una squadra di tanti cavalli che corrono forte nelle mezze corse d’estate, ma andrei alla ricerca disperata di un solo cavallo - massimo due - che vada forte un giorno solo, il giorno giusto, quello della grande corsa. Va bene, faccio anche i nomi, perchè non si dica che non voglio espormi: io punterei pesantemente solo su Bettini. Un posto lo lascerei a Paolini, che in nazionale ha sempre dato prove di estrema lealtà, cioè dimostrando di pedalare come un capitano, ma di adattarsi benissimo anche a fare l’ultimo dei gregari. E tutti gli altri? I Di Luca, i Garzelli, i Figueras, i Celestino, eccetera eccetera? Sono bravi, sono forti, ma nella vita bisogna scegliere. Discorso a parte per Rebellin: costui, un po’ di tempo fa, manifestò pubblicamente tutto il suo amore per l’Argentina. Non vedo perchè adesso dovremmo reintegrarlo in azzurro: a Salisbrugo abbiamo bisogno di italiani veri, non di argentini mancati.
Adesso però tornerei finalmente al tema vero di questo discorso sul Mondiale, all’idea di inventarci qualcosa di nuovo. Lo affronto perchè non possiamo fingere già di vivere un periodo normale, in cui valgano soltanto le avvincenti discussioni sportive, Bettini sì Rebellin no, questo dentro e questo fuori. Le discussioni normali si fanno nei periodi normali. Oggi come oggi sono fuori luogo. Non bastano. Stridono. Certo sarebbe bellissimo avvicinarci alla corsa iridata nel solito modo, discutendo ancora - come da un secolo a questa parte - sul senso di una sola giornata che dovrebbe incoronare il re di un anno intero, prendendo le difese di un rito un po’ bizzarro e però eccitante, oppure affossandolo come obsoleto e anacronistico. Sarebbe bello, ma stavolta non ce lo possiamo permettere. Il nostro ciclismo è in una tale e drammatica crisi di popolarità, di credibilità, di attendibilità, che le solite discussioni suonano stupide, vuote, demenziali. In momenti come questo serve qualcosa di più. Segnali, gesti, messaggi. Anche solo simbolici, ma altamente simbolici.
Il preambolo termina qui. Vado alla proposta, che peraltro è già scritta nel titolo. A costo di passare per patetico, ingenuo, o peggio ancora per demagogo da strapazzo, chiedo a Ballerini - ma anche al suo datore di lavoro, il presidente Di Rocco - di lasciare un posto in nazionale a Filippo Simeoni. Non un posto qualunque, da imbucato o peggio ancora da sopportato. No, un posto vero, un posto di rilievo, un posto a capotavola. Se è vero che Pippo Simeoni, senza essere santo ed eroe, è stato comunque il primo a chiudere con il doping, se è vero - purtroppo - che per questo ha pesantamente pagato con l’emerginazione mafiosa del simpatico ambiente, questo è il momento di rimetterlo sul trono. Che razza di scelta sarebbe? Niente: sarebbe solo il segnale chiaro, come uno slogan della ricostruzione, per dire da che parte sta e che cosa vuol fare l’Italia.
Spero non siano necessarie altre spiegazioni. Ci sono mosse che vanno capite all’istante, senza libretto delle istruzioni. Purtroppo, so già che nel nostro mondo non mancano i cervelloni. Gli stessi che soltanto qualche mese fa hanno massacrato la fiction su Bartali rilevando scandalizzati come l’attore protagonista stesse male in sella (sembra una battuta, ma il Corriere della Sera ha pubblicato davvero un’inchiesta in cui eminenti ex-campioni, cui risparmio la citazione per senso umanitario, hanno espresso tutto lo sdegno per quelle pedalate senza stile...). Nel caso di Simeoni, salteranno su a dire che attualmente Pippo non va, che non si può sprecare un posto in squadra per queste “operazioni d’immagine”. A costoro rispondo che anche un Simeoni poco in forma sarebbe comunque capace di tirare nei primi cento chilometri (la storia azzurra è piena di tanti illustri convocati in formissima spariti già ai primi giri). E comunque, visto che non sarebbe un’operazione d’immagine, ma di sostanza, perché semplicemente spiegherebbe al mondo come in Italia non abbiano vinto le mafie omertose, ne varrebbe in ogni caso la pena. Certi sacrifici vanno sopportati volentieri, per certe cause. Questo penso io. A meno che non mi sbagli, quando dico che non hanno vinto le mafie omertose.
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