Ci sono cadute e cadutone...
di Gian Paolo Ormezzano
Una buona parte del Giro d’Italia si è dipanata nei giorni grandi della Champions League. Sono state offerte immagini di gloria calcistica e ciclistica, ma anche di dolore, di sofferenza. Per esempio quando sul teleschermo si sono visti incidenti e cadute. La fornitura è stata abbastanza varia, molto intensa, spesso anche lancinante.
Noi qui vogliamo invitarvi ad una speciale considerazione sulla differenza di reazione fisica, di comportamento del calciatore e del ciclista quando l’incidente si abbatte su questo e su quello. Il calciatore, quale che sia l’entità del colpo ricevuto, piomba a terra come morto, per poi però dare subito inizio ad una specie di recita tarantolata, con contorsioni, smorfie ed anche urla a significare il patimento del peggiore dei mali. Il ciclista piomba anche lui a terra, nel senso che finisce sulla strada, ma di solito resta lì, resta giù immobile: talora perché intontito dalla caduta, talora perché concentrato nella recita di un atto di ringraziamento al suo Dio che gli ha permesso di cavarsela ancora una volta. A distanza di poche ore si è vista ad esempio la caduta di Garzelli e di Pantani su una tremenda strada di montagna, con il restare dello stesso Pantani seduto, su un pezzetto di prato, la testa fra le mani, poi la testa dentro ad un panno, a piangere forse, sicuramente a lamentarsi silenziosamente, e si sono viste le isterie da torturati speciali, da dolenti assoluti di calciatori appena sfiorati da una scarpa nemica.
E anche una caduta alla Cipollini, lasciando un bel po’ di pelle sulla strada che fa da carta vetrata al corridore che vi scivola sopra con il corpo, non dà luogo a recite isteriche, che pure potrebbero benissimo starci in una certa misura, visto poi che la caduta è conseguente alla caduta di un compagno di viaggio, ad una colpa o ad una sfortuna altrui.
E già che ci siamo estendiamo il paragone: invitiamo cioè a pensare all’odissea fisica di un Petacchi che cade, arriva comunque sanguinante al traguardo, va in ospedale a farsi sistemare un po’ la pelle, il giorno dopo riparte e vince subito un’altra volata. Quale uso sarebbe stato fatto nel calcio da una simile serie di fachirismi, di prodezze fisiche? Ammesso e assolutamente non concesso che nel calcio certe cose possano verificarsi.
Il problema a questo punto però non ci pare tanto quello di individuare la diversità fra due mondi, che pure appartengono entrambi alla galassia dello sport professionistico, quanto di decidere chi recita meglio: se il calciatore o il ciclista. Perché è chiaro che il primo deborda eccome, ed è altrettanto chiaro che il secondo si contiene sin troppo. Entrambi sono attori, insomma. Sta a noi, alla nostra coscienza, alla nostra esperienza, alla nostra sensibilità scegliere un tipo o l’altro di recitazione. E casomai anche di copione. Per aiutarvi segnaliamo un dettaglio che ci pare importante: al Tour de France i ciclisti caduti si comportano esattamente come al Giro d’Italia, mentre in sede internazionale gli stessi calciatori che riempiono di recita spinta le partite “nostre” si comportano diversamente, senza fare troppo gli attori della sofferenza, si contorcono molto di meno, paiono addirittura persone serie, magari ferite fuori ma sane dentro.
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Posso concedermi un pensierino-pensieraccio di natura decisamente personale? Non me ne frega niente che il Tour quest’anno compia cent’anni. Mi frega eccome che il mio primo Tour (1960, successo di Gastone Nencini) ne compia quest’anno quarantatré. Me li sento tutti, anni e Tour, nelle ossa oltre che nel cuore e nel cervello, ed è una grande fatica.
hhhhhhhhhhh
Sempre un pensiero personale: siccome l’antidoping non ha infierito troppo sul Giro d’Italia, venendo meno a quella che era ormai una simpatica tradizione, si deve pensare che abbia rivolto le sue armi di controllo su altri grandi avvenimenti concomitanti, e dunque anche e specialmente sulle grandi coppe calcistiche. O no?
Certo che alla fine di una stagione intensissima, nella quale rose anche amplissime di calciatori sono state ritenute insufficienti per le esigenze di rotazione dei grandi club, per l’effettuazione di necessari turni di riposo, per il rimedio ad una serie impressionante di infortuni attribuiti ora al caso, ora a preparazione atletica sbagliata anzi sballata, ora a stress da troppi impegni, ora a pessime condizioni dei terreni di gioco, alla fine di questa stagione dicevamo non si scopra un caso di doping che è uno nelle rassegne calcistiche dell’impegno massimo, spasmodico, ci sembra strano. E a proposito di infortuni: secondo noi sono in moltissima parte dovuti al fatto che le masse muscolari vengono assai aumentate dalla chimica mentre ossa, cartilagini, legamenti ed anche fibre muscolari nella loro essenza sono come prima, però con altri pesi ed altri dinamismi da sopportare. Anzi, da non sopportare: e infatti l’atleta si rompe.
hhhhhhhhhhh
Avete notato che si parla poco di ciclismo femminile? Dopo la Canins e la Luperini c’è stata una sorta di menopausa mediatica. Paola Pezzo con le sue due Olimpiadi d’oro è stata altra cosa, la mountain-bike non è ciclismo su strada, e la parentela è vaga, stentata anche nel caso del ciclismo su pista olimpico di Antonella Bellutti. Ogni tanto ci sorprendiamo a sperare nell’arrivo di una pin-up della bicicletta, una velina del pedale, una che possa finire da Costanzo o “chez” Bonolis. Speranza insana, desiderio malato, già il parteciparlo è un pochino espiare. Certo che se il tennis si è inventato una Kournikova che vince niente ma mostra tutto, qualcosa è lecito fare, se non altro per legittima difesa.
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