di Nicolò Vallone
Così la Polti Kometa - al primo anno col nuovo main sponsor dopo il triennio griffato Eolo, diretta dai confermati Stefano Zanatta, Giovanni Ellena, Jesus Hernandez e Biagio Conte - riassume sul proprio sito la stagione 2024 in pillole numeriche: 144 giorni di gara (contando come giornate “uniche” anche quelle con più corse in contemporanea) per oltre 28mila chilometri complessivi in 16 Paesi; 20 corridori (di cui 3 neoprofessionisti) a cui si sono aggregati ad agosto 3 stagisti, per un totale di 6 nazionalità; 4 vittorie (3 di tappa e una classifica generale, cui si aggiunge la medaglia d’oro di “capitan” Maestri con la Nazionale azzurra nella Team Relay agli Europei di settembre) e altri 25 podi, più 4 maglie dei GPM e una graduatoria a punti.
Per riassumere nel dettaglio: le vittorie sono due di Jhonatan Restrepo (una tappa al Tour Colombia con la maglia della sua Nazionale e una al Tour du Rwanda coi colori del team di Basso e Contador) più il Tour of Antalya conquistato da Davide Piganzoli (impreziosito dall’accoppiata con la maglia GPM e dalla classifica a punti vinta da Lonardi) e la tappa del Giro di Turchia a Marmaris proprio di Giovanni Lonardi, che sul traguardo si piazzò secondo per colpa di una manovra irregolare di Van Poppel poi sanzionata dalla giuria in favore del velocista della Valpolicella. Dopodiché il clou della stagione per una Professional italiana: il Giro d’Italia, che ha visto due terzi posti (Pietrobon a Lucca dopo tentativo da finisseur e Lonardi nello sprint di Francavilla al Mare), la “doppietta”di Andrea Pietrobon e Mirco Maestri 1° e 2° nella classifica delle fughe (memorabile l’avventura di Maestri con Alaphilippe nella giornata dei muri marchigiani) e il 13° posto nella generale di Piganzoli a suon di regolarità sul Mortirolo e le altre dure salite. Miglior piazzamento finale di sempre per la Eolo/Polti Kometa alla corsa rosa, dato che il miglior Lorenzo Fortunato a suo tempo concluse quindicesimo.
La seconda metà di stagione è stata un festival del piazzamento, con Lonardi che a giugno ha inanellato sette top-10 di fila in volata e nell’ultima parte dell’annata non è stato da meno, l’altra ruota veloce Manuel Peñalver che al Tour de Langkawi ha perso uno sprint al photofinish per aver forse esultato un po’ troppo presto, Maestri 2° a cronometro nel Tour du Poitou Charentes e sempre formidabile nel dirigere le operazioni in prima linea, l’inglese Paul Double (già 3° generale in Turchia e 2° nella tappa regina del Giro di Slovenia) 7° all’Appennino, Mattia Bais (già 3° nel redivivo Giro della Romagna) 6° al Giro del Veneto, Fernando Tercero (che ha saltato la prima metà di stagione per colpa del citomegalovirus) 4° nella generale al Tour de Langkawi, soprattutto un Piganzoli a podio nel Giro dell’Emilia dietro solo a Pogacar e Pidcock, un’immagine che ha inorgoglito l’ambiente. Al Lombardia il talento valtellinese si è infine piazzato 28° in una giornata nella quale Matteo Fabbro (per il resto piuttosto deludente) è entrato nel fugone d’inizio classica al cospetto di una ventina di corridori World Tour.
Menzioniamo per dovizia di cronaca le tre maglie GPM rimanenti nel conteggio: la “bandiera” Diego Sevilla alla Vuelta a Burgos e i due Martín, David e Alex, rispettivamente nel già citato Poitou Charentes e nella Boucles de la Mayenne. A completare l’organico sono stati Davide Bais, ripreso poco prima del Poggio al termine di una grande fuga alla Milano-Sanremo, Erik Fetter che è stato bruciato per centimetri da Valter nel campionato nazionale ungherese, il pesce pilota Javier Serrano, l’esperto gregario Andrea Garosio, i rookie Fran Muñoz (distintosi per la tenacia di alcune fughe) German Gomez (giovane connazionale di Restrepo) e Davide De Cassan che ha sfiorato il successo di tappa al Tour de Taiwan.
Abbiamo raggiunto telefonicamente il team manager Ivan Basso mentre si trovava a Malta nel training camp di fine stagione, dov’è stato rivelato peraltro il nuovo nome della squadra: Polti - Visit Malta, così ci dovremo abituare a chiamarla dal 1 gennaio 2025.
Noi abbiamo fatto una sintesi numerica della stagione, ma qual è il bilancio di Ivan Basso?
«I numeri sono fondamentali, li teniamo in conto e sappiamo di avere tanto da lavorare per migliorare la casella delle vittorie. Sappiamo anche, però, che questi numeri rischiano di non rendere onore a quanto la squadra ha espresso sulle strade italiane e internazionali: abbiamo proposto uno stile di corsa proattivo e all’altezza degli appuntamenti più prestigiosi, facendoci vedere in fughe non solo dimostrative ed evitando di mandar sempre gli uomini di punta in gare di seconda fascia solo per fare punti. In un ciclismo che ormai concentra i risultati in pochi grandi atleti e squadre, siamo stati capaci di raccogliere ciò che c’era in tavola. A conferma di quanto io dia un peso relativo ai freddi numeri, e a dispetto del fatto che le nostre quattro vittorie sono giunte nella prima parte di stagione, è nella seconda metà dell’anno che sono stato realmente soddisfatto: è vero che i ragazzi in quel periodo non hanno vinto, ma mi hanno convinto pienamente e sono stati in grado di lottare persino su tre fronti contemporaneamente (nella settimana di Langkawi e Cro Race in pieno calendario italiano d’autunno) in maniera credibile.»
Quindi non la tocca il fatto che il vostro principale competitor, la VF Bardiani Csf Faizanè, chiuda il 2024 con due posizioni di vantaggio rispetto a voi nel ranking UCI (27° contro 29°) e 538 punti di differenza?
«Questo ha l’unico effetto di consolidare la stima che ho sempre avuto per la dinastia dei Reverberi. Per il resto io valuto i nostri corridori, il nostro staff, le prestazioni di cui ho parlato poc’anzi e gli ottimi dati (a proposito di numeri) che abbiamo generato a livello di immagine ed esposizione degli sponsor. Aggiungo che la mia preoccupazione non era fare 100 punti in più o in meno rispetto ad aspettative e concorrenza, bensì tenere con noi per la prossima stagione calibri come Piganzoli, Lonardi, Maestri e osservare una crescita diffusa dell’organico. E ci siamo perfettamente riusciti.»
Non risultano invece confermati Double (che approderà alla corte di Brent Copeland nel World Tour), Fetter (che sarà uno dei principali alfieri della neonata Continental ungherese United Shipping), Fabbro, Garosio, Restrepo e David Martín: cosa ci dobbiamo aspettare dal ciclomercato?
«Dalla nostra Under 23, che non esisterà più poiché abbiamo deciso di ottimizzare strategicamente le risorse per potenziare le formazioni Professional e Juniores, abbiamo “promosso in prima squadra” il generosissimo Gabriele Raccagni e il ben strutturato Pablo Garcia, detto Garchu. Abbiamo ingaggiato il campione nazionale maltese Aidan Buttigieg e stiamo per annunciare un paio di innesti italiani: un neoprofessionista e un profilo esperto. Spero inoltre che un “nuovo acquisto” possa essere Davide Bais, che dopo il trionfo sul Gran Sasso al Giro 2023 avrebbe potuto vivere l’annata del completo dispiegamento del suo potenziale e invece ha dovuto continuamente inseguire la condizione dopo la caduta al Tour of the Alps: lo vedo super motivato a tornare al 100% durante l’inverno, per affrontare il 2025 nella maniera in cui avrebbe vivere il 2024 senza sfortuna.»
Il maltese Buttigieg nell’anno in cui Visit Malta rinforza la sua sponsorizzazione sostituendo Kometa nel nome della squadra: coincidenze?
«Premesso che negli accordi non c’è alcun vincolo legato ad atleti maltesi, abbiamo senz’altro allargato il nostro rapporto con l’ente turistico dell’arcipelago mediterraneo, che ha puntato su di noi a tal punto da fare un rinnovo a crescere: erano già al nostro fianco e hanno deciso di salire di livello, ciò mi riempie d’orgoglio perché significa che abbiamo lavorato bene e siamo investiti di forti responsabilità perché in un certo senso rappresenteremo un intero Paese. Quando uno sponsor rinnova la fiducia, per me ha ancora più valore di quando te la dà per la prima volta. Per quanto riguarda Kometa, nella quale sono pure membro del CdA, vorrei precisare che non sta facendo un passo indietro: il sodalizio magiaro-valtellinese della famiglia Pedranzini rimane tra i nostri partner principali e il ciclismo resta centrale nel loro progetto aziendale, che anzi sta diversificando le proprie attivazioni ciclistiche. Ringrazio infine Eolo e Luca Spada, con cui si è chiuso un ciclo quadriennale ma di cui rimarrà indelebile l’importanza nell’averci consentito di approdare nel professionismo.»
A proposito di sponsor: quest’anno sono entrati nella vostra compagine Svitol, Fineco e Lechler, che ha verniciato in modo speciale le bici Aurum a Giro d’Italia e Lombardia. Cos’altro bolle in pentola?
«Dai social avrete visto che sta nascendo qualcosa con Yamamay, ma è ancora presto per gli annunci. Di sicuro insieme ai miei collaboratori ci impegnamo alacremente ogni giorno: nel preparare presentazioni, elaborati e ricerche per individuare, contattare e incontrare aziende. Non mi piace lamentarmi che in Italia le cose non vanno e gli sponsor non si trovano: preferisco attivarmi per trovarli e convincerli.»
Questo infine ci riporta all’Allarme Italia che lei ha di recente lanciato sulle pagine della Gazzetta dello Sport…
«Il messaggio è chiarissimo. Noi strutture professionistiche italiane abbiamo innanzitutto bisogno di avvicinarci al budget medio della categoria, che è di 8 milioni di euro. La possibilità di essere sportivamente competitivi viene di conseguenza. Chi fa il mio mestiere oggi deve occuparsi della “squadra nella squadra” degli sponsor, forse prima ancora che del roster. Occorre lavorare con cura e dedizione per comunicare efficacemente ai possibili investitori la bellezza e il potenziale del ciclismo, non permettendo che certe patine negative, legate al passato, continuino a tenerli lontani dal nostro sport. Alcuni top team sono stati bravi ad attrarre l’interesse di colossi globali come Ineos e Red Bull, che hanno aggiunto il mondo ciclistico al loro variegato universo sportivo. Nel nostro piccolo, in Italia dobbiamo cercare di coltivare una simile ambizione».