Tour, le 34 perle di Cavendish

di Francesca Monzone

Parlare di numeri e corse non è facile, ma il numero 155, ha un valore speciale, perché sono le vittorie conquistate da Mark Cavendish nella sua carriera. Ma un numero ancora più speciale è il 34, ovvero il numero di successi che Mark ha ottenuto al Tour de France, eguagliando il primato di Eddy Merckx.
Tagliando per primo il traguardo a Car­cassonne, il Cav che sembrava perso e che si è incredibilmente ritrovato ap­prodando alla Deceuninck Quick Step è entrato nella storia.
Ripercorrere la carriera di questo corridore così forte non è facile, perché i suc­cessi sono tanti e importanti. Senza dubbio è lui il velocista più grande di tutti, con un palmares straordinario: oltre alle vittorie di tappa nei grandi giri (34 per il Tour de France e 15 al Giro d’Italia, oltre a una cronosquadre e a una maglia verde alla Vuelta nel 2010), troviamo un titolo mon­diale e anche una vittoria alla Milano-San­re­mo. Mark ha sempre detto di non ap­partenere ad una famiglia di ciclisti, ma di aver amato subito quel Tour che ha imparato a conoscere in televisione, per quel suo fascino capace di conquistare tutti.
«Quando andavo in bicicletta con i miei amici, non pensavo a diventare un velocista, avevo nella testa immagini di corridori in montagna, immagini di sofferenza o di gioia. Se penso al Tour posso dire che è qualcosa che mi ha fatto sempre sognare. Che tu sia un pro­fessionista, un dilettante, un non praticante, un bambino o un adulto, la Grande Boucle ti affascina sempre».
A 36 anni il britannico è l’uomo dei record, con 155 vittorie ottenute in 15 anni di carriera, ovvero da quando nel 2007 ha esordito tra i prof con la ma­glia della T-Mobile. Ma il record ottenuto nella tredicesima frazione della corsa gialla, ha un sapore particolare, perché lo ha portato ad eguagliare un mito come Eddy Merckx.
«Io ed Eddy Merckx ci conosciamo da tanti anni, ma so che non possiamo essere pa­ragonati, perché lui è unico. Merckx è il nome che tutti conosceranno sem­pre e per me è molto di più di un corridore, lui è un autentico eroe del ciclismo».
Cavendish giustamente non ama essere paragonato al Cannibale, che considera pun vero mito. I due grandi corridori si conoscono molto bene e proprio alla partenza della diciannovesima tappa tra loro c’è stato un grande abbraccio in mondovisione, carico di affetto e ri­spetto.
Ripercorrendo le 34 vittorie alla Gran­de Boucle, la prima risale al 2008 quando nell’ottava tappa a Châ­teau­roux, iniziò la sua lunga avventura con il successo colto davanti a Freire. In quell’anno i successi di Cannonball alla corsa francese furono quattro: dopo quello ottenuto a Châteauroux, arrivarono la vittoria a Tolosa davanti al com­pagno di squadra Gérald Ciolek sotto il diluvio, Narbonne davanti al francese Sé­bastien Chavanel e per finire Nîmes superando Robbie McEwen in volata.
Nel 2009 i primi posti saranno ben 6, partendo da Brignoles, dove batte magistralmente Tyler Farrar; la sesta vittoria è arrivata a La Grande-Motte davanti a Thor Hu­shovd, con il famoso gesto del telefono ad indicare che tutto stava andando bene. Il settimo sigillo è arrivato a Limoges il 14 luglio, a seguire la vittoria a Saint-Fargeau, ancora una volta davanti allo statunitense Ty­ler Farrar mentre ad Aubenas c’è stata la nona vittoria davanti a Thor Hu­shovd e per finire la decima vittoria colta a Parigi davanti al compagno di squadra Renshaw.
Il 2010 porta al britannico 5 vittorie, partendo da Montargis (battuto Ciolek) poi a Gueugnon superando Farrar e a Bourg-les-Valence davanti al nostro Alessandro Petacchi. La vittoria numero 14 arriva sul traguardo di Bordeaux davanti a Dean e la Grande Boucle si concluderà con il suo secondo successo sugli Champs-Elysées, ancora una volta davanti a Petacchi.
Nel 2011 i successi saranno nuovamente 5 ma questa volta Cavendish, salirà anche sul podio finale della Grande Boucle indossando la maglia della classifica a punti. La sua cavalcata di successi co­mincia a Cap Fréhel in Bretagna da­vanti a Philippe Gilbert, per continuare davanti a Petacchi a Château­roux. Poi a Lavaur dove è più forte di Greipel, quindi a Montpellier davanti a Tyler Farrar e ancora una volta a Parigi, per la tappa conclusiva precedendo Boasson Hagen.
Nel 2012 le vittorie sono solamente 3, ma avranno un valore speciale, perché saranno conquistate con la ma­glia di campione del mondo. L’uomo dell’Isola di Man porta a casa i successi di Tournai in Belgio davanti a Sagan, di Brive-la-Gaillarde con uno sprint partito a 500 metri dal traguardo per battere Goss e ancora una vittoria a Parigi, stavolta davanti a Sagan.
Nel 2013 è campione nazionale e al Tour ottiene questa volta solo due successi: a Marsiglia, al termine di una tappa collinare in cui batte Boasson Hagen, firma il suo 24° acuto e si ripete a Saint-Amand Montrond regolando Sagan.
Il 2014 è un anno negativo per il britannico, che sarà costretto al ritiro dopo appena due giorni di gara nella sua Gran Bretagna, ma tornerà l’anno successivo per conquistare la tappa di Fougères davanti a Greipel e a Peter Sagan.
Il 2016 è un anno storico per Caven­dish che sul traguardo di Utah Beach (secondo Kittel), oltre a conquistare la sua ventisettesima vittoria al Tour, in­dossa anche la maglia gialla. Il 4 luglio arriva il successo sul traguardo di Angers, dove ancora una volta è più forte del tedesco André Greipel. La vittoria arriva anche a Montauban davanti a Marcel Kittel e poi ecco l’ultima pri­ma del lungo silenzio. È il 16 luglio del 2016 quando Cavendish si impone a Villars-les-Dombes, cogliendo la sua trentesima vittoria davanti a Kristoff e Sagan.
Nel 2017 per lui c’è solo la vittoria nella prima tappa dell’Abu Dhabi Tour e anche l’anno successivo arriva un unico primo posto, quello nella terza tappa al Dubai Tour. Inizia quindi il periodo più difficile per Cavendish, che non riesce più a trovare lo spunto per vincere. Due intere stagioni senza successi al termine delle quali si fa sempre più forte la paura del ritiro per mancato contratto.
Si arriva quindi a dicembre del 2020, quando il britannico non viene confermato dalla Bahrein dopo un anno di delusioni. Mark decide quindi di bussare alla porta di Patrick Lefevere, il numero uno della Deceuninck Quick Step con la quale Cavendish ha corso e vinto tra il 2013 e il 2015.
Lefevere va dritto al punto: «Ti prenderei ma non ho più budget». L’uomo dell’Isola di Man capisce, porta uno sponsor e il contratto, tra tante polemiche dei media, si firma. Inizia così una nuova vita per Cavendish che torna a sorridere, a vincere e a credere in se stesso. Tutto riparte dalla Turchia, quando il 12 aprile conquista la seconda tappa del Presi­dential Tour of Tur­key. Arrivano in successione altre tre vittorie in quella corsa e poi un primo posto in Belgio, prima della sfida più grande, quella del Tour de France.
Sulla carta tocca a Bennett il ruolo di velocista della squadra, ma qualcosa si è rotto: l’irlandese ha problemi al gi­nocchio, ha già deciso di tornare alla Bora, ha perso la fiducia del team. Le­fe­vere, uomo di esperienza e che difficilmente sbaglia giudizio, convoca Mark Cavendish. Il britannico è incredulo perché pensava che non avrebbe mai più corso al Tour de France. Ma la Deceuninck gli da fiducia e lo porta a Brest. Il team è tutto per lui e Cannon­ball torna a vincere il 29 giugno a Fou­gères, infilando Bouhanni. Il messaggio per tutti è chiato: Cannonball è tornato. A Châteauroux arriva la seconda vittoria alla Grande Boucle davanti a Philipsen e si comincia a parlare della possibilità di eguagliare Eddy Merckx.
Mark si impone a Va­len­ce davanti a Wout van Aert e a Carcassonne fa po­ker davanti al compagno di squadra Mor­kov ed eguaglia il record di vittorie di tappa al Tour di Eddy Merckx.
A Parigi il successo numero 35 sfuma a causa di Van Aert, ma Cavendish ha la soddisfazione di conquistare la maglia verde. Il corridore che a fine 2020 non vedeva più un futuro davanti a sé, adesso è tornato a vincere e ha sconfitto anche la depressione...
«Non mi piace ripensare al passato, guardo solo avanti ed è probabilmente per questo che quel giorno alla Gand-Wevelgem, lo scorso ottobre, ero così provato. Non riuscivo a vedere il mio futuro prossimo, ero in un vicolo cieco e questo mi stava divorando perché avevo ancora voglia di correre. Ma oggi posso dire di essere nuovamente felice. Ho disputato nuovamente il Tour e faccio parte di una delle squadre più forti del mondo: la Deceuninck-Quick Step, mi ha riaccolto e con questi compagni posso vincere ancora. Non importa co­sa sia successo prima, ma adesso so di essere stato incredibilmente fortunato. E felice».

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