Scripta manent
Oreste e la Sanremo

di Gian Paolo Porreca

Se il ciclismo è innanzitutto fantasia, e un sorriso spuntato dove e quando meno te l’aspetti, la gioia di Oreste, il guardiano della “Morgue” del mio Ospedale, appassionato di ciclismo da sempre, l’altro giorno ne è stata - per me - una perfetta riprova.
Da una vita, quando cercavo un posto per parcheggiare e lo trovavo soltanto giù da loro, nel recinto amaro della “Morgue”, tutti pieni gli spazi riservati in certe mattine di punta al “Monaldi”, lui mi chiedeva sempre: “dottò, me lo regalate una volta un ricordo del Giro, o di una corsa, quando non vi servono più, voi che certo chissà quanti ne avrete, con la vostra esperienza e le vostre conoscenze...”.
Se il ciclismo è innanzitutto un colore acceso ad un tratto, dove tutto intorno poi è bianco e nero, marmi e freddo per pareti, l’altro giorno Oreste l’ho fatto finalmente felice, consegnandogli come una reliquia la fiammante striscia plastificata adesiva, un verde e un rosa sgargianti, del pass per l’automobile accreditata al seguito, memoria dell’ultimo Giro d’Italia.
L’avevo ancora nella Mer­ce­des, contro il lunotto posteriore solo appoggiata, come fosse un documento di riconoscimento speciale, un passepartout vivo per dare un brivido ancora ai cuori di in­verno.
«Dottò, grazie, che bello, vado di corsa ad attaccarla alla porta della nostra stanza di servizio, che bello, finalmente un po’ di luce quaggiù, un po’ di speranza per gli occhi, su questi muri abitati solo da santini di Padre Pio con le stimmate e immaginette di Madonne addolorate...».
«Dottò, il posto per voi qua da noi ci sarà sempre... al parcheggio riservato della sala mortuaria, voglio dire, non sbagliate a capire...», e via con uno sguardo ammiccante fra i baffetti scuri di chi ha tanto navigato, sul bilico senza ritorno della vita.

Se il ciclismo, dunque, negli occhi di chi per lavoro non sorride ma può coltivare dentro questo valore ancora, mi veniva da chiedermi, an­che se di febbraio, se allora non possiamo fare davvero qualcosa in più: per marzo.
Cominciano le gare, le vittorie, le sconfitte, i programmi, a febbraio, certo.
Ma marzo, e le sue corse mag­giori, si preparano in tut­ti i sensi già adesso.
Si allestisce già adesso, diciamo, la primavera, la Milano-Sanremo.
Ed allora, anche in nome del mio amico Oreste, se febbraio è il breve mese che por­ta solo all’attesa della nuo­va stagione e del traguardo di San Giuseppe, mi sono tornate ancora una volta palpitanti la trepidazione, la cu­riosità, il fascino incognito della corsa più bella del mon­do. Quella giornata in cui tutti i partenti - una corsa per tutti - possono tessere lecitamente il filo di una speranza: senza pavè da Rou­baix, senza muri da Fiandre, senza salite da Liegi...

E restituisco a Vegni e agli amici della Gaz­zet­ta, come un assist da non sciupare sotto rete, il facsimile di quel tagliando rosa di un concorso a premi che conservo sempre gelosamente, come un pensiero di amore non appassito, in un Velo ’77: Chi vincerà la Mi­la­no-Sanremo?.
Bisognava indovinare, in una iniziativa della Gazzetta che durò dal ’77 all’83, o giù di lì, i primi cinque dell’ordine di arrivo, e provare ad indicare in più il tempo del vincitore: ore, minuti, secondi, decimi...
Chi vincerà la Milano-San­re­mo?, in un periodo di scommesse sospette, e di valori contraffatti, sarebbe davvero un incantesimo da restituire, il ritorno al comando di una magia, lo diciamo a noi stessi, oltre che agli organizzatori della RCS. Il passato, stavolta, può correre in aiuto al futuro, almeno per riammantare di colore ed entusiasmo, sia pure per un sabato pomeriggio unico, un’epoca ciclistica dalle pallide passioni.

Scovare nell’elenco dei partenti della Clas­si­cis­sima, trenta anni dopo, le piccole incredibili sorprese, cui affidare una chance in più, come allora: un Wese­mael, un Antonini, fra i piazzati, un Torelli, un Bossis, un Kehl, non un Kelly, si badi bene... E trovarsi a saltare di gioia, qualcuno, il pomeriggio, per un Raas, un Gavazzi inatteso, o per la scoperta massima, Marc Gomez, pri­mo giusto nel 1982: trenta anni fa, con Bondue secondo... Lo indovinò, crediamo, soltanto la buonasorte.
E di febbraio, con giusto an­ticipo, prendendo spunto dall’entusiasmo dell’amico Oreste, uno che con il destino ci ha trascorso senza luce la vita, vorremmo che qualcuno provasse a chiedercelo ancora, annunciandolo a tut­ti in un riquadro di giornale, già dal mese prima.
In alto a sinistra, lato del cuo­­re, Chi vincerà la Milano-Sanremo?.

Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
Copyright © TBW
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