Scripta manent
Re Mario salvi la pista

di Gian Paolo Porreca

Sarà un settembre di grandi e piccole attese, questo del 2008. Po­niamo un successo iridato, a Varese, di Paolo Bettini, che sarebbe il terzo consecutivo come nella storia, nella corsa in linea, mai accaduto...
O l’ingresso di Alberto Con­tador, qualora vincente alla Vuelta Espana, nel novero dei campioni - e che “campioni”: Anquetil Gimondi Merckx Hinault ! - che sono riusciti nell’impresa di vincere una volta almeno tutte e tre le corse a tappe maggiori.
E potrebbe essere, su un pro­filo agonistico più basso, l’attesa per il ciclismo portoghese di festeggiare il centesimo successo del suo mito locale, quel Candido Barbo­sa che a quanto sembra, no­nostante un titolo Under 23 conseguito nel ’96 all’Isola di Man, perde la traccia della vittoria quando si allontana dalle rotte amiche: a differenza del suo lontano e sfortunato connazionale Joa­quim Agostinho, che di co­raggio ed orgoglio inondò a suo tempo l’Europa.

O per noi, su un registro ol­tremodo cam­pa­ni­li­stico, di segnalare in Fabrizio Luc­cio­la, un ra­gaz­zino di San Ca­strese cre­sciu­to alla corte della toscana Maltinti, il pri­mo ciclista “aurunco” che ab­bia provato il gusto, sia pu­re come sta­gista, nella Ce­ra­miche Fla­mi­nia, di correre tra i pro­fes­sio­nisti.
Ma settembre 2008 deve es­sere colto, a nostro avviso, dopo l’esito delle Olimpiadi di Pechino, come il momento inderogabile - l’ennesimo requiem, ma stavolta dai pro­ponimenti diversi - di ri­flessione sulla sorte del ciclismo su pista italiano. Gli addii, dal segno differente ma pur sempre perdente, di Vera Car­rara e di Roberto Chiap­pa, questi a 16 anni dalla sua prima Olimpiade, e i mo­de­sti risultati di Ciccone e Ma­­sotti devono imporre una va­lutazione oggettiva di questo stato di crisi che da noi si trascina da anni: e che da troppo tempo è stata ma­sche­rata, ad esempio, dalla sopravvivenza nell'ambito delle Sei Giorni di inverno del solo Marco Villa, attivo sino ai 39 anni, dopo il congedo di Silvio Martinello.

Il ciclismo su pista, se­con­do noi, e lo riba­dia­mo a settembre, deve es­sere inteso come un un pro­gramma da gestire e pra­ticare innanzitutto in in­ver­no, su piste coperte: im­pianti stabili, al di là della retorica sul Vi­go­relli, o ancor più mo­bili, come è ormai ac­clarato che si possa agevol­mente predi­sporre. La pri­ma­vera, e ancor più l’estate, invece, con l’at­ten­zio­ne na­turalmente spo­stata sulla pratica della stra­da, so­no stagioni di relativo go­di­men­to per i pistard all’aria aperta.
È l’inverno, lo diciamo sull’onda della notizia encomiabile di una Sei Giorni di Cremona appena annunciata per febbraio, il tempo proprio della pista.
Ed è per questo inverno che la Federazione di Renato Di Rocco per prima, al di là dei referenti tecnici federali che rappresentano il suo braccio operativo, e con l’ausilio po­niamo di artefici creativi come Claudio Santi, deve lanciare il suo NUOVO guanto di sfida al declino della pista.

Ed è una sfida, ed è qui l’ap­proccio forte che deside­ria­mo, che non può più con­segnarsi al pur lodevole in­centivo delle vo­cazioni nel mo­vimento gio­vanile: i ra­gazzi, si sa, sono volubili. Ed anche le loro passioni personali, imma­gi­niamo poi quelle ciclistiche... Allora noi invitiamo la Fe­derazione ad una pro­mo­zio­ne di segno inverso, senza ri­nunciare beninteso alla base, ma privi­le­gian­do una sorta di vertice me­diatico: pro­via­mo a portare, d’inverno, i GRANDI NO­MI della ve­locità su strada a girare in pista, iscriviamoli - da gen­ti­luo­mini azzurri - alla Sei Giorni di Cremona, cer­chiamo di farlo anche a Mi­lano, invitiamoli a ga­reggiare in coppia con Un­der 23 emergenti, allestiamo un ri­chiamo popolare, quello che si diceva una volta un “cartellone” di ve­dettes: già, non solo Moser Saronni Merckx, ma anche Coppi e Bahamontes hanno corso in pista, ai loro tempi, ed in fondo ci ha già provato Bettini...

Se ha corso Cavendish il Ma­dison alle ultime Olimpiadi, chi dice che non possano correrlo un giorno Bennati o Guarnieri ? Ed un Petacchi, o un Velo, alla Corsa a punti, sarebbero davvero inferiori a Kadlec?
Il futuro della pista, giunti a questo punto di non ritorno e stante la paurosa lentezza della agognata crescita delle nuove leve, non può che na­scere da una rivoluzione cla­morosa dall’alto. La­scian­do al loro ritmo i piccoli pas­si, diamo il largo ai grandi personaggi: che fanno atmosfera ed esempio.
Con il suggerimento di uno spettacolare ospite di onore, a cui riservare ogni riguardo. Anche una deroga ana­gra­fi­ca, per il bene di una pia mis­sione ciclistica: Mario Ci­pollini...

Gian Paolo Porreca,
napoletano,
docente universitario
di chirurgia cardio-vascolare,
editorialista de “Il Mattino”
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