Chi come il sottoscritto (si dice così, ma la dizione classica è sbagliata: ormai quasi tutti gli articoli sono firmati all’inizio, onde avvertire il lettore sull’identità dell’autore, così che lui, il lettore, possa svicolare subito e non invece accorgersi soltanto alla fine di avere letto uno che non ama o non stima), come il sottoscritto dicevamo ha la fortuna giornalistica di spendere quasi ogni giorno alcuni euro e alcuni minuti in un mercato rionale, dove ormai lo conoscono in tanti, scopre che c’è più gente di quello che si pensi occupata e preoccupata dalle cose ciclistiche, ma soprattutto scopre che il novanta per cento degli appassionati o quanto meno degli interessati al mondo delle due ruote si interessa a…
Non a Marco Pantani, nonostante la fiction televisiva ultima che a chi scrive queste righe è sembrata degna, decorosa ancorché incompleta…
Non a Paolo Bettini, nonostante il titolo mondiale 2006 e il Giro di Lombardia vinto e dedicato al fratello morto pochi giorni prima…
Non al doping, che pure il ciclismo fa di tutto per avocare a sé, per avere quasi in esclusiva…
Non a Coppi e Bartali, come qualcuno potrebbe eternamente credere…
Non alla stagione 2007, fra l’altro con un Giro d’Italia dal disegno nuovo e garibaldino…
Niente di tutto questo, chi parla di ciclismo parla anzi chiede di Ivan Basso.
Come sta Basso, come starà e cosa farà Basso al Giro, cosa si pensa dei problemi di Basso con quel medico spagnolo.
Ma anche come è davvero Basso: se cioè non si rischia il bidone a credere in lui.
E qui ci allacciamo a Pantani: la gente ha amato Pantani, lo ama ancora, ma si è sentita tradita. La gente ha voglia di un suo erede, ma ci va piano, teme di consegnarsi ad un sogno. Bettini non serve al ciclofilo per un progetto di consegna di se stesso a lungo termine, non ha più l’età. La gente è ancora in attesa di sapere cosa è Basso, cosa vale il suo Giro, cosa potrebbe essere Basso di nuovo al Tour. Onestamente, pensiamo che lui possa godere di questo stato di attesa nei suoi riguardi anche perché non c’è concorrenza, la scelta è piccola in un materiale umano povero. E cioè si dice Basso, si chiede di Basso anche perché non c’è di meglio. Ma questo non toglie che Basso sia importante per la gente del ciclismo. Basso non è assolutamente un Pantani ma per la gente funzionerebbe anche come erede del Pirata: senza, si spera, le sue complicanze.
La cosa bella, chiara e dura, è che soltanto Basso può rispondere ai quesiti su Basso, ed ha una sola via per fornire una risposta grande, positiva: la vittoria. Basso insomma non può fare niente altro che vincere. Compito tremendo, ma almeno le cose sono chiare, e chiari sono i patti. E adesso forza Basso, che la salita ti sia leggera.
ffffffff
Angelo Zomegnan ci sta già pensando, ma chiunque può aiutarlo a inventare cose speciali e valide per il Giro del 2009, che sarà quello del centenario della corsa.
Lo sport sta perdendo le sue radici nobili e per questo si sta dedicando molto alle ricorrenze, che sono il mezzo più facile per riproporre certi buoni sentimenti d’antan e per mettere insieme una qualche mozione degli affetti che non siano soltanto empiti di gloria o di delusione legati ai risultati freschi, freschissimi. Giocando in serie B, la Juventus si è addirittura inventata un compleanno speciale, i centonove anni, tanto per fare un po’ di festa allo stadio di Torino, che peraltro neanche in quell’occasione si è riempito di gente bianconera (la squadra fa il pienone dovunque fuorché a Torino, la sua città, dove la tifoseria granata perfida e però esperta dice che così accade perché a Torino la conoscono eccome).
I cento anni del Giro sono comunque cifra bella e tonda, la cifra più solenne che ci sia per le ricorrenze. E ricordiamo che il 2009 sarà pure l’anno del mezzo secolo dalla fine di Fausto Coppi, anche se il Campionissimo è morto nel 1960: però è morto il 2 gennaio, le celebrazioni devono cominciare l’anno prima, mica possono ridursi ai primi due giorni del 2010 o arrivare dopo la scadenza triste.
Ci sono da fare molto belle cose, e pensiamo che ogni idea sia benvenuta e se del caso benedetta. Noi ne mettiamo avanti una sola, magari valida per Coppi e il Giro insieme: quella di un grosso premio letterario (i soldi dalla federazione e dagli sponsor assortiti o selezionati) perché il ciclismo abbia finalmente il suo libro importante, il suo romanzone che è anche quello dell’Italia. Il New York Times ha detto che la carta scritta sparirà entro i prossimi cinque anni, c’è comunque tempo per un libro che memorizzi e marmorizzi cent’anni di Giro e venti (Coppi conquistò la corsa rosa nel 1940, lì cominciò il Campionissimo) di vittorie del pedalatore massimo. E dica come eravamo.
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