di Giulia De Maio
Tokyo2020 non è stato un punto di arrivo, ma un (dolcissimo) passaggio verso nuovi traguardi. Ne è convinto Marco Villa, il commissario tecnico della pista che da quest’anno si occuperà non solo del movimento di vertice maschile ma anche di quello femminile. Il lavoro è raddoppiato per l’ex pistard vincitore di due titoli mondiali e una medaglia di bronzo olimpica nella madison, ma questo non spaventa quello che oggi è considerato uno dei tecnici più apprezzati del globo. Oltre alle faccende da sbrigare e i corridori da allenare, sono raddoppiati gli obiettivi da raggiungere che non hanno distinzione di sesso. La maglia iridata o un podio nella rassegna a cinque cerchi hanno lo stesso peso, indipendentemente dal fatto che a conquistarli sia un uomo o una donna. Verso Parigi 2024, a tutti gli effetti, le ambizioni dell’Italia della pista raddoppiano: con un gruppo composto di ragazzi e ragazze di talento, guidati da un ammiraglio che sa come trasformare in realtà i loro sogni d’oro.
Il mese scorso hai compiuto gli anni (53, l’8 febbraio, ndr), hai avuto modo di festeggiare con gli azzurri?
«Purtroppo no, perché erano già tutti in viaggio verso le prime gare stagionali, ma ho ricevuto tanti messaggi di auguri e qualche sfottò via social (Ganna, per esempio, ha postato un video esilarante in cui il CT in ammiraglia è costretto da lui e altri pistard della Nazionale ad ascoltare della musica trap, ndr). Non sono uno da regali, non ho pretese, ai ragazzi e alle ragazze ho semplicemente chiesto di ripartire da dove siamo arrivati. Abbiamo raggiunto risultati importanti grazie alla forza del gruppo, ora ci aspettano 3 anni da affrontare con il giusto spirito, con la coesione della squadra per un unico intento: far ben figurare la maglia azzurra in ambito internazionale».
La doppia fatica che ti aspetta speriamo ci regali doppie emozioni.
«Più per gli atleti che per me, conciliare l’attività su strada e su pista richiede davvero tanto impegno ma Tokyo2020 ci ha regalato soddisfazioni indimenticabili, spero lo siano effettivamente per tutti e ci permettano di dare continuità al nostro lavoro. Per quanto mi riguarda, non è che prima avessi molto tempo libero perché ero responsabile degli juniores uomini, ma occupandomi di donne elite e junior ora l’impegno si amplia. A fine gennaio è tornato disponibile il velodromo di Montichiari e da questo mese partiremo con gli allenamenti delle ragazze junior. Avendo già avuto a che fare con la categoria maschile non penso troverò grandi differenze: sono giovani da conoscere e tra le quali individuare le figure che possono dare continuità a un settore che sta già andando bene. Delle élite non conoscevo il modo di lavorare nei dettagli, ci stiamo prendendo la mano».
Parli al plurale. Da chi ti stai facendo aiutare?
«Diego Bragato è il mio punto di riferimento per l’allenamento in generale e tiene i rapporti con le atlete e i loro diesse. Avendo più categorie da seguire quando dobbiamo organizzare un ritiro con uomini e donne dobbiamo fare parecchie telefonate, quindi ci siamo divisi gli atleti per aree. Fabio Masotti mi supporta con gli uomini del gruppo endurance, Ivan Quaranta con i velocisti. Quando ci troviamo in pista chiaramente la gestione di tutto il lavoro è mia, ma il supporto di collaboratori e personale è fondamentale perché tutto fili liscio. Il gioco di squadra fa sempre la differenza».
Come ti trovi a lavorare con le ragazze?
«Bene, come con i maschi. Abbiamo creato un gruppo su whatsapp e ci sentiamo regolarmente per capire chi sarà presente agli allenamenti della settimana successiva e programmare le convocazioni. Anche le donne iniziano ad avere un’attività importante su strada con le loro squadre di club. Io lascio a disposizione la pista per le esigenze di tutti gli atleti della Nazionale, nei primi mesi dell’anno hanno la libertà di venire in pista e dirmi che cosa hanno bisogno, se preferiscono che ci concentriamo su lavori di forza, frequenza o lattacidi in previsione delle gare su strada in cui cercano la prestazione e, chiaramente, con la finalità di arrivare agli appuntamenti su pista con una buona condizione».
Toglimi una curiosità: la chat degli azzurri della pista si chiama “Chi non sopporta Villa”, quella delle azzurre?
«Per ora più semplicemente SNP Donne con l’emoji di un mazzo di fiori, come quelli che vogliamo andare a ritirare sui podi più importanti al mondo (SNP sta per squadra nazionale pista, ndr). A differenza dei loro colleghi, loro non mi hanno ancora “bollato” o non sono ancora entrate così in confidenza (ride, ndr). Con i ragazzi lavoro fin dalle categorie minori, li ho visti crescere, e per prendermi in giro dopo un allenamento particolarmente faticoso avevano ribattezzato così il gruppo che usiamo per scambiarci informazioni e restare uniti anche quando siamo separati nelle diverse gare. Il gruppo pista in generale è affiatato. A fine 2021 siamo stati a Nove Mesto tre giorni (in quell’occasione mancava solo Letizia Paternoster, bloccata a casa per quarantena), quindi ci siamo ritrovati altri tre giorni tra Peschiera e Montichiari, prima di volare in Spagna per allenarci al caldo. Io ero con i ragazzi, ma a Calpe ho incontrato per una giornata le ragazze che stavano pedalando sotto la direzione di Paolo Sangalli, il CT della strada».
La prima cosa che hai detto loro?
«Che il progetto olimpico più prossimo durerà soli tre anni e che il gruppo di lavoro è quello che hanno visto in ritiro. Sono tutte e tutti consapevoli che abbiamo un bel numero di atleti e dovremo impegnarci per arrivare a un fine comune. Io dimostrerò lo stesso entusiasmo, interesse e considerazione per ognuno. Ci saranno training camp e gare in cui non ci sarà uno o l’altro, corse che daranno indicazioni e daranno punti per qualificarci in cui mancherà quella o quell’altra, e negli ultimi 3 mesi ahimè dovrò mettere da parte il cuore e guardare il cronometro per il bene di tutti. Alla fine per settore saranno solo 5 o 6 gli atleti che voleranno a Parigi. Farà male a chi verrà escluso ma bene al gruppo che i migliori si trovino a giocarsi le Olimpiadi, grazie al sacrificio di tanti e tante che avranno contribuito alle qualifiche».
Su strada siamo partiti forte. Sono già andati a segno la Balsamo, Ganna, Viviani...
«Beh, in fondo non è cambiato niente. È passata un’Olimpiade, un grosso appuntamento, ma sia per gli uomini che per le donne c’è la consapevolezza di dover continuare il percorso intrapreso. Agosto 2021 non è un punto di arrivo, ma un passaggio tanto per chi si è messo al collo l’oro che per chi in tasca si ritrova un’esperienza preziosa. Guardando l’età, il quartetto donne è ancora più giovane di quello maschile schierato all’ultimo a Rio2016. Come ho detto il giorno della loro gara a Tokyo, devono trarre esempio dai maschi, crederci come hanno fatto loro e lavorare sodo. A Parigi arriveranno con la concreta possibilità di conquistare una medaglia, i colleghi saranno nella piena maturità per ripetersi, ma nulla è scontato, né facile».
Il programma cosa prevede?
«Iniziamo la Coppa del mondo dal 21 al 24 aprile a Glasgow (Gran Bretagna) e dal 12 al 15 maggio a Milton (Canada). La tappa di giugno a Calì, in Colombia, è stata spostata dal 7 al 10 luglio quando sarà da poco finito il Giro d’Italia e appena prima dei Campionati Europei Under 23, le donne staranno correndo la corsa rosa, i Giochi del Mediterraneo e una prova di Coppa del mondo su strada. Poi il calendario prevede gli Europei per Junior e Under 23 ad Anadia, in Portogallo, dal 14 al 19 luglio, e dall’11 al 16 agosto a Monaco, in Germania, le sfide continentali per gli Elite che dovrebbero rappresentare la prima prova di qualifica olimpica. Appena dopo, dal 14 al 21 agosto, si terranno gli Europei strada e crono. Gli allenamenti che stiamo svolgendo già in questo periodo danno l’abitudine a passare da una bici all’altra che poi il giorno delle gare fa la differenza, come ha già dimostrato Ganna. Di fuoriclasse come Pippo ce ne sono pochi ma per tutti deve rappresentare un modello».
Le concomitanze tra i vari eventi sono davvero tante, come si risolve il puzzle?
«Con la disponibilità dei corridori. Chiaramente ognuno ha sue esigenze, a partire da Ganna e Viviani che quest’anno vogliono ottenere qualcosa in più su strada, dopo che l’anno scorso si sono maggiormente dedicati alla pista, ma sanno gestire la doppia attività senza bisogno di fare troppi calcoli. Lo devono capire soprattutto i giovani, gli Under 23 che vogliono farsi vedere per passare professionisti non devono lasciare il velodromo per concentrarsi sulla strada, ormai di esempi ne hanno tanti, se lo si vuole si può conciliare il tutto ottenendo grandi soddisfazioni in entrambi i campi».
Come siamo messi nelle varie discipline?
«Per l’endurance lo hanno dimostrato i risultati, per quanto riguarda le specialità veloci o cambia la mentalità a livello giovanile o, come ripeto da tempo, è più facile trovare talenti fuori dal ciclismo. Un esordiente o allievo che ha doti veloci mira a diventare il nuovo
Cipollini, Quaranta, Viviani mentre per eccellere nella velocità su pista già a quell’età devi abbandonare questa idea e lavorare su sforzi brevi e violenti, di forza, in palestra. Per sviluppare una scuola per il settore velocità deve arrivare un aiuto concreto dal Centro Studi e Performance, dal sistema federale, bisogna allestire un calendario nazionale di gare di velocità, Amadio assieme a noi tecnici deve valutare i ragazzi per dirottarli verso una specialità o l’altra».
Per la Madison, disciplina a cui tieni particolarmente, hai pensato a nuove coppie? Edoardo Salvoldi, che per anni si è occupato della Nazionale femminile, riteneva che la coppia Balsamo-Paternoster fosse la migliore possibile anche se tra le due, è risaputo, non c’è grande feeling.
«Nell’americana contano sia le gambe che l’affiatamento tra compagni, che si trova correndo e superando eventuali divergenze, che per un obiettivo tanto importante come una medaglia olimpica vanno messe da parte. In questi anni faremo molte prove, poi deciderò quale sarà la coppia che offre più garanzie. Senza dubbio in gara ci deve essere affiatamento, non è detto che individualità forti messe insieme diano vita alla coppia più performante. Sono convinto che non ci siano solo due ragazze adatte a questa disciplina ma di più, anche giovani. Darò spazio a chi merita. Jonathan Milan ne è la dimostrazione: l’anno prima dei Giochi ha dimostrato di andar forte e di saper reggere la pressione dei grandi appuntamenti così non ho esitato a inserirlo nel quartetto olimpico».
Ragazzi e ragazze possono stimolarsi a vicenda?
«Assolutamente sì. Se paragono il percorso dei ragazzi da Rio a Tokyo a quello delle ragazze da Tokyo a Parigi le ultime partono avvantaggiate rispetto ai primi. Ogni elemento è indispensabile perchè gli appuntamenti che ci aspettano sono tanti e anche i 2-3 azzurri che potrebbero essere fondamentali non possono essere presenti per 2 anni a ogni qualifica olimpica. Cronometro alla mano poi decideremo chi scenderà nell’arena che più conta, ma ognuno avrà spazio per dimostrare quanto vale. Abbiamo proprio un bel gruppo, come dimostrano i risultati già arrivati su strada in questo inizio di stagione. Le vittorie ottenute grazie alla doppia attività devono darci ulteriore consapevolezza e trasformarsi in traino prezioso per l’intero movimento».