Gatti & Misfatti

Nibali ci sta

di Cristiano Gatti

Una volta i tormentoni dell’estate erano quelli dei Righeira, stavol­ta noi ci siamo inventati quello di Nibali alle Olim­pia­di. Nibali sì, Nibali no, e vai col ritmo. Devo dire che stare dietro a tutti si è rivelato persino divertente, per varietà delle opinioni e per vastità delle argomentazioni. Però.

Vorrei proprio mettere un però. Certo il tormentone ha appassionato, ha coinvolto e ha diviso, però se devo essere sincero io mi sono sempre ritrovato da­vanti una domanda: di cosa stiamo parlando? Cioè: tutti i discorsi, pro e contro Nibali, partono da un unico presupposto che secondo me non sta in piedi. Questo: andiamo ai Giochi per cercare di vincere la medaglia d’oro, dun­que ci sta o non ci sta an­che Nibali? Meglio: è in gra­do Nibali, questo Nibali che sappiamo, di vincere l’oro olimpico?

Evia con i pronostici, e via con le previsioni degli aruspici infallibili. Eppure la risposta è di un’evidenza elementare, persino ovvia: no, Nibali, questo Nibali, non è in grado di vincere la corsa olimpica. Però scatta subito anche il mio pe­rò, che butto lì con altrettanta sincerità: davvero qualcuno di noi italiani pensa che gli altri azzurri siano realmente in grado di vincere?

Ecco il presupposto dal quale parto io, evitando a catena il fracasso di questo tormentone estivo. Oggi come oggi, quando una corsa in linea vede al via la trimurti Alaphilippe (anche se stavolta ai Giochi non ci sa­rà), Van Aert e Van Der Poel, con l’aggiunta di Poga­car, per conto mio gli altri po­trebbero tutti andare a margherite, o a farsi un happy hour, o a tacchinare le cameriere. Purtroppo per noi, nessuno dei tre (quattro) è italiano, e purtroppo per noi nessun italiano è in grado di batterli. E se dico un’eresia sono pronto a mangiarmi un telaio al carbonio.

I base a questo assunto, non c’è più spazio per tante chiacchiere: in una nazionale italiana che andrà lì per fare la sua onesta figura, Nibali, anche questo Ni­ba­li, ci sta. Per “questo Nibali” intendo un Nibali preparato, senza fratture da risolvere, senza magagne e mugugni in groppa. Come i Caruso e i Cic­cone, né più né meno, un Nibali in forma decorosa può andare lì e smuovere un po' le acque, magari con un tentativo da lontano, magari con un blitz in discesa, magari con una delle imprevedibili e folli nibalate che ci hanno tanto entusiasmato nell’ultimo decennio. Certo non per vincere l’oro, ma per fare una bella corsa, per farsi vedere, per mostrare che l’Italia co­munque esiste.

Comunque patti chiari amicizia lunga: se il partito che voleva lasciare a casa Nibali mi snocciola nomi in grado di battere la spietata trimurti, io taccio e dico senza remore Nibali fuo­ri. Ma se come credo non sia­mo in grado di trovare nemmeno un nome davvero candidabile alla vittoria, se le no­stre realistiche aspirazioni sono legate a qualcuno (ma­ga­ri Moscon) capace di stare con i migliori fino all'ultimo, allora torno a dire Nibali az­zurro. Con pieno diritto. Per­ché vale gli altri, semplicemente perché sta nel numero.

Come forse si sarà notato, non l’ho buttata sul patetico, tirando fuori l’armamentario sentimentale del passato e delle glorie di Nibali. Certo la convocazione può avere anche l’indubbio valore di un premio alla carriera, ma resto dell’idea che convocare un campione solo per il suo curriculum non abbia alcun senso, perché suona ingiusto nei confronti della nazionale e suona offensivo nei confronti del campione stesso. Il passato non basta. Non si convoca un Nibali per compassione e per pietà, è l’ultimo torto che gli dobbiamo evitare. Nibali lo si convoca perché sta nel numero, perchè vale gli altri, perché non esistono su piazza cinque ciclisti italiani nettamente migliori di lui nelle corse di un giorno. Punto. E il resto sono chiacchiere che avanzano.

P.s. E comunque pen­­so che l’Ita­lia intera possa starsene molto serena e tranquilla: sarà Ni­bali per primo, durante questo Tour, a capire se merita di salire sull’aereo per il Giap­pone. Tra le sue glorie c’è an­che una lealtà azzurra indiscutibile. Se a un certo punto ca­pirà di non essere nemmeno un Nibali presentabile, alzerà il telefono e chiederà al ct Cassani di stracciare il suo biglietto. Non ho il minimo dubbio. Sono pronto a mangiarmi un telaio in titanio.

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