Evenepoel: «Il Giro, finalmente!»

di Francesca Monzone

Chi sarà il protagonista del Giro d’Italia 2021? In mol­ti puntano il dito su Rem­co Evenepoel, il ra­gazzo prodigio del Belgio, che ha abbandonato il calcio per fare il ciclista. Prima di arrivare al Giro d’Italia, che partirà il prossimo 8 maggio da Torino, dobbiamo fare un salto indietro e tornare al 15 agosto 2020, quando tutto è cambiato nella vita del giovane Remco.
A Ferragosto in Italia si correva la versione estiva, per via delle restrizioni Covid, del Giro di Lombardia, una giornata afosa, scelta con il nuovo ca­lendario UCI. C’era la corsa e la gente alla televisione si aspettava di vedere Eve­ne­poel arrivare da solo alla fine del Lungo Lario per vincere, al suo primo tentativo, una Classica Monumento. Le cose non andarono esattamente in quel modo e il prodigio della Deceu­ninck-Quick Step fu costretto a finire la propria corsa molto prima. Cadde lungo la discesa che dalla Colma di Sormano portava al lago di Como. La sua bici rimase in bilico agganciata su un muretto e lui precipitò in un burrone. Venne portato subito in ospedale dove gli fu diagnosticata la frattura del bacino. Stagione finita, un lungo periodo di immobilità e poi il percorso della riabilitazione.
Il Giro di Lombardia di quel 15 agosto venne così spogliato non solo dei suoi panni autunnali, ma anche di uno dei suoi protagonisti più attesi. Remco è tornato? È quello che tutti si chiedono, aspettando che la corsa rosa illumini la strada di questo ragazzo. Dopo un lun­go e duro allenamento di venti giorni in Sierra Nevada, è tornato in Belgio a Gand, per studiare bene la sua posizione in pista al velodromo Eddy Merckx. Un passaggio obbligato, dove è stato seguito dai tecnici della nazionale, che hanno iniziato a mettere le basi per la formazione che andrà alle Olim­piadi di Tokyo. Terminato il lavoro per le prove a cronometro, Remco si è spostato nel­le Ardenne, dove ha trascorso un’altra settimana.
Sessioni leggermente più leggere con stimoli più brevi, perché non ha ancora ritrovato il ritmo di gara. Quindici giorni fa il fiammingo era già in Italia, per fare una ricognizione sulle strade di Toscana, in particolare la tappa di Montalcino: ha voluto provare quei 70 chilometri di strada finali di cui 35 non asfaltati e con 1600 metri di dislivello, che caratterizzeranno una delle tappe più avvincenti della corsa. Nella tappa dedicata al Brunello, saranno quattro i settori di sterrato. Un’occasione ghiotta per corridori che amano le Clas­siche, ma anche per le caratteristiche del piccolo prodigio belga.
Dopo il Giro d’Italia ci sarà un secondo momento importante per questo giovane fenomeno: arriverà Tokyo con i suoi Giochi. Nella seconda metà di giugno, per essere al massimo per l’appuntamento olimpico, Remco andrà in altura per rigenerarsi e trovare la condizione migliore per il grande appuntamento.
Evenepoel di qualità ne ha tante e ad ap­pena 21 anni ha saputo dimostrare di essere un cavallo di razza, di quelli che sanno vincere su qualunque terreno, sorprendendo l’avversario e attaccando. La sua carriera sportiva è iniziata nel calcio, era una giovane promessa dell’Anderlecht e, giocando nel ruolo di difensore, ha indossato in più occasioni la maglia della nazionale. Nel 2017 decise di lasciare il calcio per passare del ciclismo e seguire le orme del padre Patrick, professionista fino al 1994. Esattamente un anno dopo aver lasciato il pallone, ha conquistato l’oro Mondiale sia nella prova in linea che a cronometro a In­n­sbruck, bissando lo stesso risultato conquistato poco prima ai Campionati Europei. La maglia iridata però, Eve­nepoel in gara non l’ha mai vestita, visto che a dispetto dell’età si è trovato immediatamente tra i grandi grazie a Lefevere che l’ha voluto nel suo team. Nella stagione della sua scoperta, al suo battesimo nel World Tour, ha vinto in solitaria la Clasica San Sebastian. Ai Campionati Mondiali di Harrogate, ad appena 19 anni, ha conquistato l’argento nella cronometro, superando Filippo Ganna e piazzandosi alle spalle di Rohan Dennis. Nella prova in linea, Remco decise di rimanere con Philippe Gilbert, giurandogli fedeltà, nel mo­mento della difficoltà. Quando il vallone si fermò, il giovane Evenepoel scese dalla sua bici, ma Gil­bert lo convinse a continuare la corsa, perché ormai per lui era arrivata la sconfitta.
A partire da gennaio dello scorso anno, Evenepoel è stato impeccabile. Ha pre­so il via in quattro gare a tappe (Vuelta San Juan, Volta ao Algarve, Vuelta a Burgos e Giro della Polonia) e le ha conquistate tutte, finendo con un bottino di nove vittorie, risultato che lo ha reso il corridore più prolifico della stagione. Oggi si parla dei baby campioni, come Egan Bernal e Tadej Po­ga­car, ma Rem­co è ancora più giovane di loro. Vince e stupisce, il fiammingo dall’animo impetuoso. Attaccando con ardore da lontano, a volte in modo an­che sconsiderato. Il suo stile in corsa è uno soltanto: «Quando inizio una gara è per vincerla, per questo non vedo l’ora che accada». Remco ha un dono speciale, l’abilità di capire quando osare, mentre il suo difetto maggiore è quello della mancanza di fiducia negli altri, fattore che lo ha portato poi a sba­gliare lungo la discesa del Giro di Lombardia. Lui stesso aveva parlato di questo problema, sul quale ha lavorato molto anche con il supporto di uno psicologo, ripercorrendo i momenti del suo incidente. «Sono caduto da un’altezza di 10-12 metri - aveva raccontato lo scorso di­cem­bre -. Sono stato fortunato, intorno a me era pieno di sassi e sarebbe potuta finire peggio».
Le immagini ci riportano a Remco im­mobile e poi l’arrivo del medico che gli tiene la mano, cercando di capire la situazione.
«Il mio problema è stata la mancanza di fiducia in chi avevo davanti. Ero nel gruppo di testa ed ero il più giovane e con me­no esperienza. Ho pensato che gli altri avevano già commesso errori e seguendoli avrei potuto sbagliare anch’io. Ero nel panico e la mia attenzione era diminuita, pensavo solo a possibili errori e non più alla gara. Poi tutto è andato storto».
Remco è il ragazzo che non si arrende e che non accetta le ingiustizie. Quan­do ha vinto il Giro di Polonia, lo ha fatto per il suo compagno di squadra Fabio Jakobsen.
«Quando arrivai al traguardo qul giorno non capivo cosa fosse successo, vedevo solo tantissima gente e solo do­po mi dissero cosa era accaduto».
Quella gara in Polonia per Remco era la prima corsa a tappe nel World Tour. Voleva fare bene, ma la sera dell’incidente a Jako­bsen c’era silenzio in squadra.
«La mattina della penultima tappa, chiesi di avere il numero di pettorale di Fabio, perché sapevo che dovevo fare qualcosa per lui. Attaccai quando capii che gli altri erano stanchi. Ri­cor­do la grande emozione di passare il traguardo con il numero di Fabio tra le mani. Ero felice per tutto quello che sarebbe successo dopo».
Fabio e Remco sono rimasti in contatto tra loro e si sono fatti coraggio a vi­cenda. Jakobsen è tornato alle corse nel mese di aprile in Turchia, mentre Remco rimetterà il numero sulla schiena tra pochi giorni alla corsa rosa.
«Non aver corso il Giro nel 2020 per me è stata una grande sofferenza. Ri­cor­do il passaggio sullo Stelvio di Den­nis, il mio cuore batteva fortissimo mentre vedevo le immagini. In quel momento avrei  voluto essere sulla mia bici e correre verso la vittoria del Giro. In quel momento stavo sognando, ma qualche volta accade che i sogni si realizzino».
Per il belga la riabilitazione non è stata perfetta e tra alti e bassi di umore, anche il ritorno in bici aveva subito una battuta d’arresto.
«Non so quando potrò tornare a correre - aveva detto in gennaio il ragazzo -. Quando pedalo per molte ore, il dolore al bacino è ancora intenso. Non sono in ritardo con il mio programma di re­cupero, ma questo non va bene e vo­glio essere pronto per il mio Giro d’I­ta­lia».
Alla corsa rosa ormai ci siamo arrivati, la partenza da Torino è prossima e Remco non vede l’ora di scendere in gara per questo suo pri­mo grande giro. Le am­bizioni ci sono e la Deceuninck Quick Step, che ha rinnovato il contratto al giovane fino al 2026, ha scelto la formazione migliore: a fianco del belga ci sarà anche il portoghese Joao Almeida che lo scorso anno indossò la maglia rosa di leader della corsa per quindici giorni: solo la strada, come sempre, deciderà se i gradi di capitano saranno indossati dal lusitano o dal prodigio fiammingo. È solo questione di tempo, anche se Remco ci ha abituato a bruciare le tappe.

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