Gatti & Misfatti
Mamma Rai e la figuraccia del Giro ’96
di Cristiano Gatti

In attesa del sesto Tour di Indurain o di un nuovo record sull’ora di Rominger, il 1996 ciclistico è già contrassegnato da una grandissima impresa. Una cosa da fuoriclasse, alla portata solo di talenti come non ne nascono più. Sto dicendo ovviamente della Rai che perde il Giro dopo averlo preso e soprattutto dopo averlo presentato in diretta televisiva davanti alla nazione. Ho provato a consultare gente di buona memoria, ma nessuno ricorda una figura più ridicola di questa. Il direttore dello sport Rai, Marino Bartoletti, che va sul palco gongolante ad annunciare un palinsesto monumentale per far dimenticare in fretta Italia 1. Giù in platea, il suo vice Focolari è compiaciutissimo: ancora deve capire che i rapporti di una bicicletta non sono di tipo sessuale, però è sicuro che il Giro in Rai sarà una gran cosa. Tutti commossi a chiedersi se ci sarà Zavoli (avesse detto), e lui che si collega da casa per annunciare con voce impostata che mah, forse, chissà.

Già, chissà: chissà se si rendono conto della parte che hanno recitato. Chissà se avvertono la voglia di estrarre il badilino per scavarsi una dignitosa buchetta e poi coprirsi. Tutto è molto italiano: una televisione di stato, mica Televongola, che si ripropone all’attenzione del mondo per il suo ritorno sull’avvenimento più amato e più intimamente popolare del paese, salvo poi svergognarsi pubblicamente per aver presentato una cosa non sua. A me viene in mente quel tale che incontra l’amico e gli annuncia il suo fidanzamento con Claudia Schiffer. L’amico è sotto choc: «Ma va?». «Te lo giuro: lei non lo sa ancora, ma è la mia fidanzata». Il livello è questo. Tornano alla memoria i celebri affari del palazzinaro Alberto Sordi nei suoi migliori film anni ’60, tutto un castello di sotterfugi ed espedienti che franano miseramente rivelandolo per come realmente è, praticamente con le pezze al sedere. Ecco, la Rai ne esce tale e quale. Non può adesso fingere che tutto sia saltato per una banalissima firmetta su uno stupidissimo foglio di carta. La vicenda è molto più seria, e rivela lo stato confusionale, la sciatteria, il pressapochismo, l’accidia che dominano ancora negli uffici delle reti pubbliche.

Per giustificare lo storico sfondone, hanno provato persino a dare dei voltafaccia agli organizzatori della “Gazzetta”. Lo sanno tutti benissimo che gli eredi di Torriani hanno mille difetti, ma questa proprio non se la meritano. Anzi: hanno avuto del fegato a mollare la Fininvest, dopo tre anni di ottimi risultati, per restituire alla Rai una sua vecchia creatura. Era tutto a posto, durante la presentazione ufficiale di Milano il direttore rosa Candido Cannavò si era spinto persino in eccessive felicitazioni proprio nei confronti della Rai, quasi che i tre anni della televisione privata fossero una parentesi già dimenticata. La verità è che a Roma si sono addormentati sulla loro pigrizia e sulla loro confusione endemica, continuando a spostare in là una firma necessaria per qualsiasi accordo. Sono arrivati al punto di mandare in giro i tecnici per i sopralluoghi delle diverse tappe proprio nei giorni in cui stava saltando tutto. Come fa a non tornare subito in mente la barzelletta di quello che si fidanza con la bella Schiffer?

Si ricomincia da dov’eravamo rimasti, cioè da Italia 1. Per loro fortuna, il Giro e il ciclismo cadono bene: da una vicenda del genere si poteva uscire molto peggio. Per dire: che sarebbe successo se in coincidenza con gli impiastri Rai si fosse registrato il totale disinteresse del Biscione? A chi l’avremmo venduto il Giro, a Cecchi Gori? Via, siamo seri: l’editore di Telemontecarlo è interessato alle cosce dei film di Vanzina e a quelle di Batistuta, tutto il resto lo prende se glielo danno gratis. Avanti così, che è meglio per tutti. Per gli sponsor, che affidano i propri messaggi a mani che sanno come farli rendere. Ai corridori, che vengono proposti come personaggi e non come macchiette: fossero finiti tra le unghie dei creativi Rai, si sarebbero trovati nella tenaglia Martino-Taccone, cioè totalmente in vacca. Certo, questi della Fininvest non brillano tutti per umanità e per simpatia: quando passano con le loro telecamere sui calli della gente, in nome dello show e del business, diventano francamente insopportabili. Ma diciamola tutta: ogni beneficio ha il suo costo. Paghiamolo in omaggio allo sport che ci piace. E che sia finità lì.

Cristiano Gatti, 38anni, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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