Gatti & Misfatti
Cari avvoltoi, Martini non si tocca
di Cristiano Gatti

C’è tutto un traffico di corvi sopra la testa di Alfredo Martini, commissario tecnico della nazionale azzurra, il più medagliato dei commissari tecnici. I sinistri uccellacci compiono grandi giri senza tentare mai la picchiata: nessuno s’azzarda ancora, aspettano tutti che si muova il primo. In quanto corvi, sono subdoli e codardi. Ma è certo: appena qualcuno scende, gli altri sono pronti a seguirlo subito. Sono dirigenti, sono giornalisti, sono corridori. Una netta minoranza, ma allenata al complotto e all’intrigo, quindi molto più incisiva della maggioranza dei galantuomini.

Il lato peggiore della faccenda è che non agiscono mai allo scoperto, non cercano mai il duello leale: davanti al cittì sono persino melensi, oddio Alfredo quanto sei bravo, oddio Alfredo senza di te che ne sarà di noi. Però basta che si giri un attimo, basta che vinca solo una medaglia di bronzo, ed eccoli in movimento. Sanno benissimo di toccare il bene più inestimabile del nostro ciclismo, cioè una figura di altissimo profilo morale, una figura al di sopra delle parti e di qualsiasi sospetto, l’unica faccia che presentiamo in giro per il mondo da più di vent’anni suscitando solo stima e ammirazione. Sanno benissimo tutto questo, dunque si mimetizzano: di solito partono con grandi riconoscimenti, dicono che è bravissimo, simpaticissimo, preparatissimo, disponibilissimo, praticamente perfettissimo, ma alla fine arrivano dritti al però. Però prima o poi bisognerà pensare al cambiamento. Eufemismi del tipo ha la sua età, è per il suo bene, non può durare in eterno, bisogna concedergli un po’ di respiro, va preparata la successione. Dicono che si può fare tutto con molta calma, senza fretta, a lui piacendo. Non chiedono mai direttamente la sua testa, non si assumerebbero mai questa responsabilità, non adotterebbero mai questa posizione di coraggio. Sussurrano e insinuano. Attaccano a colpi di piumino. Ma in definitiva non lo vogliono più.

Alfredo Martini, in quanto essere umano, benchè mitico, sa da solo di non essere eterno. Dunque prima o poi smetterà di fare questo mestiere, un mestiere che una volta il vecchio presidente federale Omini - l’uomo meno rimpianto del secolo - così celebrò: «Cinquanta milioni sono anche troppi: in fondo lavora un giorno all’anno». A parte questo caso senza speranza, tutti sanno invece benissimo quanto sia importante Martini per l’intero movimento della pedivella nazionale. Come cittì, ma soprattutto come straordinario volto promozionale. Bisogna dunque augurarsi che continui a divertirsi, che non si stufi mai, che resti finchè salute glielo permetta. Altri cento o duecento anni. E se deciderà di scendere dall’ammiraglia, dovrà restare in primissima fila. Dovrà diventare presidente federale. E sull’ammiraglia? Nessun problema, l’uomo ideale c’è già: si chiama Davide Cassani, un corridore che ha condiviso con Martini una lunga stagione azzurra, ma soprattutto una lunga serie di valori umani. Sarebbe la naturale prosecuzione di una gestione invidiata in tutto il mondo. Una delle poche.

Certo resta il problema dei corvi, che davanti a una simile prospettiva sono un po’ in imbarazzo. Volteggiando alti, gradiscono comunque metterci becco. Vogliono partecipare alle scelte per vedersi riconosciuta la propria autorevolezza, amano piazzare i loro uomini, malleabili e servizievoli, comunque disponibili alla trama oscura, comunque affidabili per le conventicole di basso profilo. Uomini che non si spezzano mai, ma si piegano benissimo. Ecco, è contro questo strisciante partito di meschini che Martini dovrà abituarsi a convivere. Loro sanno perfettamente che la cosa migliore, quando non si riesce ad abbattere un personaggio per vie dirette, basta ricorrere alla delegittimazione. Basta togliergli autorevolezza, nel caso specifico basta raccontare in giro che Martini non riesce più ad imporsi, che i corridori non lo ascoltano, che i suoi metodi sono superati. Che è stanco. Ovviamente tutto pronunciato con molto affetto. Sono temibilissimi. Ma abbiamo una fortuna: questo è un simbolo che nessuno schizzo di fango, nessuna bassezza riuscirà mai a scalfire. Io personalmente ho una strana reazione: più parlano di sostituirlo, più gli voglio bene.

Cristiano Gatti, 38anni,
bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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