REvenepoel

di Francesca Monzone

La storia di Remco Evenepoel e del suo incredibile 2022 sembra uscita da un libro di avventure nel quale l’eroe, dopo aver attraversato mari in burrasca e terribili bufere e af­frontato i più innumerevoli nemici, riesce finalmente a riprendersi il regno e a vivere felice e contento con la sua principessa.
Evenepoel ha conquistato quest’anno la Liegi-Bastogne-Liegi e poi la Vuelta di Spagna e il 25 settembre è salito sul tetto del mondo per indossare la ma­glia arcobaleno.
Sembrano davvero lontani i tempi in cui nel 2020, al Giro di Lombardia si ruppe malamente il bacino, e la sua carriera sembrava irrimediabilmente compromessa. E lontano sembra an­che il 2021 che gli è servito a lavorare e recuperare la condizione migliore.
In questo 2022 Re Remco, come molti lo chiamano, si è preso la sua rivincita e quel dito sulla bocca, a zittire tutti sul traguardo mondiale, ne è la conferma. Il suo anno straordinario, però, non si concluderà con la vittoria al Mondiale e per lui arriverà il momento in cui l’uomo metterà la bici da parte. Tra pochi giorni infatti, Rem­co realizzerà un altro sogno, probabilmente il più bello, quando sposerà la sua principessa Oumi, coronando un amore che li lega sin da quando erano adole­scen­ti.
Remco Evenepoel è il corridore dei re­cord che dal Belgio, dopo aver riportato in patria la vittoria in un grande giro 44 anni dopo De Muynck, è arrivato fino in Australia per vincere un Mon­diale con una fuga lunga 25 km.
La Liegi-Bastogne-Liegi conquistata in aprile poteva apparire come un attimo di eternità nel quale  il belga aveva firmato il capolavoro del suo anno, ma così non è stato, perché al termine del­la Doyenne, Remco aveva già pronto un altro obiettivo.
È agosto e Remco è nervoso perché questo per lui è un mese maledetto e lo riporta ogni volta indietro nel tempo, quando il giorno di Ferragosto del 2020, nell’anno dominato dal Covid, cade durante il Giro di Lombardia. Un salto nel vuoto di 10 metri con i rami di un albero che gli salvano la vita.
Remco da quel giorno ha dovuto riprogrammare tutto, è stato costretto a fermarsi e lottare per tornare a volare al­to, una lotta dura perché il suo bacino è compromesso. Praticamente due anni dopo quel terribile giorno scatta la Vuelta e il super talento fiammingo è nervoso perché parte per vincere: dopo il Giro “improvvisato” del 2021, questa è la prima grande corsa a tappe che mette nel mirino.
Un sogno, un obiettivo che realizza a Madrid tre settimane più tardi mo­strando al mondo intero di non essere capace di vincere  solo corse di una settimana: Remco vince il suo primo grande giro al  secondo tentativo e 44 anni dopo succede a Johan De Muynck, che nel 1978 è stato l’ultimo belga a conquistare un grande giro, era il Giro d’Italia.
Il Belgio è in festa e il ragazzo dei re­cord ha scritto un’altra pagina memorabile nella storia del ciclismo.
Il Pico Jano ha fatto la sua prima apparizione alla Vuelta e Rem­co Evenepoel ricorderà quei 12 chilometri per molto tempo: è su questa salita spagnola che il genio della Quick-Step ha colpito per la prima volta Roglic, mettendo in chiaro che lui la maglia rossa di leader voleva portarla a Madrid.
Il vincitore di tappa quel giorno è Jay Vine, ma il gruppo dei favoriti deve inchinarsi a un Evenepoel scatenato.
«Questo è un sogno e una ricompensa per tutto il duro lavoro che ho fatto. Ma questo vantaggio in realtà non si­gni­fica ancora nulla. Ci aspetta un week­end difficile e dopo avremo la cronometro», aveva detto quel giorno.
Remco ha le sue strategie e decide di seguire la regola in cui l’attacco è la migliore difesa. Il fiammingo ancora una volta colpisce duramente i suoi avversari il sabato successivo a Collau Fan­cuaya e nuovamente la domenica a Les Praeres de Nava. Roglic e Mas accusano il colpo e per la prima volta Remco confessa che questa Vuelta è alla sua portata. Ma la Vuelta non è priva di insidie e il belga ha una battuta d’arresto e cade: alla fine della seconda settimana è costretto a correre in difesa, ha un fianco lacerato e anche le sue mani sono piene di ferite. Remco non ama correre con i guantini e per questo nella caduta le sue dita e i dorsi delle mani si sono feriti.
Remco comunque ce la fa e si salva nel fine settimana: nella tappa del sabato con arrivo in cima alla Sierra de la Pan­dera concede 52 secondi a Roglic e 20 secondi a Mas. Mentre domenica sulla Sierra Nevada deve concedere 42 se­condi allo spagnolo, ma il suo più grande rivale Roglic riesce a recuperare solo 15 secondi. Evenepoel rimane in maglia rossa e il giorno di riposo serve a recuperare il più possibile.
Nella diciassettesima frazione Mas at­tacca al monastero di Tentudia, Remco resiste e i due arrivano insieme sul traguardo. Il giorno dopo, Mas vuole sfidare il suo rivale sull’Alto de Piornal, ma ancora una volta Evenepoel risponde e mette un sigillo alla conquista  della maglia rossa.
La partita è quasi finita e Remco finalmente si abbandona alle emozioni e racconta al mondo intero quanto desideri conquistare la Vuelta. A Madrid c’è il gran finale ed Evenepoel ha centrato il suo secondo obiettivo di stagione: conquistare la Vuelta di Spagna. In Belgio si scatena la festa nazionale ma il ragazzo di 22 anni che ha restituito al suo Paese una vittoria in un grande giro non torna a casa: chiude la maglia rossa in valigia e fa rotta verso l’Australia con un posto in business class.
Fino a questo momento il ragazzo scelto da Lefevere non ha sbagliato nulla e per la prova iridata tutti pensano che possa fare un buon piazzamento ma che per vincere forse gli manchi un po’ di esperienza. Il Belgio decide di giocare in Mondiale con due punte: il giovane Evenepoel e il potente Van Aert. Nella nazione del ciclismo tutti si interrogano su chi vincerà il Mondiale e quando la domanda viene posta a Eddy Merckx, il Cannibale, con sorriso si limita a dire che il successo sarà certamente del Belgio, ma senza fare un nome.
Tra Remco ed Eddy Mer­ckx non c’è grande amore, il Cannibale ricorda bene la spavalderia di Remco e le critiche che ha avanzato nei suoi confronti. Merckx, che ha sempre riconosciuto le doti di Remco, forse sapeva che quel Mon­diale sarebbe stato suo.
Pochi giorni dopo essere atterrato in Australia, Remco affronta la sfida della crono iridata mentre Van Aert preferisce passare la mano: Evenepoel sale sul podio per ricevere la medaglia di bronzo battuto dal norvegese Foss e dallo svizzero Küng. Ma le attenzioni di tutti sono concentrate sulla prova in linea.
Se di numeri e di record si vuole parlare, il capolavoro Evenepoel lo ha fatto in Australia quando è diventato il pri­mo uomo in assoluto a conquistare la Vuelta e il Campionato del Mondo nel­lo stesso anno. La sua vittoria è arrivata con una azione alla Evenepoel, un attacco da lontano sorprendendo tutti gli altri favoriti, incapaci di leggerne le mosse e seguirne la scia. Prima è entrato nel gruppo dei 30 uomini all’attacco e poi a 25 chilometri dal traguardo ha firmato il suo affondo: solo Lutsenko capisce quello che sta accadendo e ha prova a seguirlo. Il belga e il kazako pe­dalano insieme per qualche chilometro poi Remco, senza voltarsi, decide di andar via e comincia la sua galoppata sfrenata verso il traguardo.
Intanto il gruppo capisce di aver perso la battaglia: ci sarà un arrivo in volata, ma solo per assegnare argento e bronzo, andati rispettivamente al francese Christophe Laporte e all’uomo di casa Michael Matthews.
I numeri - come il 13 che è il suo preferito o il 15 che per la prima volta ha indossato in Australia- e i record fanno parte della vita di Remco. Evenepoel nella storia del ci­clismo è anche il secondo corridore capace di vincere il titolo mondiale sia tra gli junior che tra i professionisti. Il pri­mo a compiere l’impresa è stato Greg LeMond che da junior ha vinto a Buenos Aires nel 1979 e poi si è ripetuto tra i prof ad Altenrhein nel 1983.
Remco è anche il quarto corridore in assoluto ad aver vinto una Classica Mo­numento, un grande giro e il Mondiale nello stesso anno. Prima di lui c’erano riusciti solo Alfredo Binda nel 1927 (Giro di Lombardia, Giro d’Italia, Mondiale), Ed­dy Merckx nel 1971 (Milano-San­re­mo, Liegi-Bas­to­gne-Liegi, Giro di Lombardia, Giro d’Italia e Mondiale) e Bernard Hi­nault nel 1980 (Liegi-Ba­stogne- Liegi, Giro d’Italia, Mon­diale).
A Wollongong Remco Evenepoel ha conquistato la sua trentasettesima vittoria da professionista, in totale è salito sul podio di una gara 55 volte, finendo tra i primi cinque 68 volte e tra i primi dieci 86 volte. Come dire che c’è sempre...
Vincere un Mondiale con una fuga solitaria di 25 chilometri non è qualcosa che si vede ogni anno e qui arriva un altro record. Infatti nelle 95 edizioni dei Mondiali di ciclismo, solo otto vol­te un corridore è riuscito a raggiungere il traguardo con un vantaggio maggiore del 2’21” con cui Remco ha preceduto Laporte. Il record assoluto è detenuto da Georges Ronsse, che ha conquistato la maglia iridata a Budapest nel 1928 con 19 minuti e 43 secondi di vantaggio sul tedesco Herbert Nebe, inutile sottolineare che erano altri tempi, ma Rem­co senza dubbio con il suo assolo si merita un posto speciale in questa speciale classifica.
È difficile pensare che questo giovane di talento, forse non era destinato al ciclismo. Unico figlio di Patrick, ex corridore e grande tifoso l’Anderlecht, e di Agna, prima di correre in bici ha giocato a calcio ad alti livelli. Già a cinque anni il piccolo Remco chiede di giocare a calcio e vuole fare il portiere. Ha talento, ma più con i piedi che con le mani, cresce nelle giovanili dell’An­der­lecht ma presto viene notato dal PSV, una grande opportunità per il giovane che vuole andare in nazionale. In una conferenza stampa con orgoglio spiega: «La storia del PSV è speciale. Non potevo farmi scappare questa chance».
Gli anni del ciclismo sono ancora lontani e Remco corre su un prato erboso, anche se la vita è dura: fa il pendolare ogni giorno tra Schepdaal ed Ein­dho­ven, svegliandosi ogni mattina prima delle 5 e rientrando a casa solo dopo le 20. Un ritmo insostenibile, qualche tempo dopo una famiglia di calciatori decide di ospitarlo a Eindhoven. In Olanda nascono i primi problemi legati al ca­rattere e, complice la malattia intestinale del­la madre, Remco rientra in Belgio per diventare in poco tempo il capitano dell’under 16 dell’Anderlecht. Arriva anche a vestire la maglia della nazionale e il suo destino sembra se­gnato ma non è così. Nel 2016 si rompe qualcosa: per la prima volta Remco viene messo in panchina. Quello per lui sarà uno dei momenti più difficili da gestire e sopportare. Viene chiamato dal grande capo dell’An­derlecht, che gli dice di pazientare e ascoltare. Remco vuole lasciare la squadra e trovare un’occasione al KV Mechelen, ma per un problema am­ministrativo non può giocare nelle partite ufficiali. Remco è stanco e sta maturando la scelta di abbandonare il calcio: non si diverte più e inizia a manifestare la sua insofferenza.
Il 24 marzo 2017 un sms mandato alla mamma fa presagire quello che sta per accadere: «Ho una cosa da dirti» legge Agna sul suo telefono.
La sera stessa Agna e Patrick sono in casa, parlando di quel che dovrà dire loro Remco quando sentono un rumore in­confondibile, il rumore di una bicicletta, non è nemmeno una bici qualunque ma quella di Patrick.
Remco ha preso dal garage la bici del padre e ha pedalato tanto. Il suo volto è sereno, anche se sudato. Remco scende dalla bici da corsa e il suo Garmin segna 117 chilometri percorsi a una media di oltre 33 orari. Il giovane corre con entusiasmo verso i suoi genitori e poi arriva quella frase che metterà in discussione tutto e che stravolgerà la vita di un’intera famiglia. È la voce di Remco che con gioia e decisione ai suoi genitori dice: «Papà, mamma, voglio correre in bici». Sul volto di Remco scendono le lacrime ma continua : «Smetterò di giocare a calcio, vo­glio essere un ciclista».

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