Giro dei Venti: pedalare e navigare per una nuova avventura

di Giulia De Maio

Il vento è un cavallo: senti co­me corre per il mare, per il cielo. Vuol portarmi via: sen­ti come percorre il mondo per portarmi lontano. A Pablo Ne­ruda sarebbe proprio piaciuta la prima edizione de Il Giro dei Venti, lui che oltre ad aver scritto queste e mille altre parole, alla bicicletta ha dedicato un’ode. Sa­rebbe senz’altro rimasto affascinato dall’inedita manifestazione che tra Puglia e Grecia ha unito ciclismo e vela in una competizione unica.
Il mese scorso abbiamo avuto il piacere di partecipare alla prima competizione sportiva amatoriale che unisce gara ciclistica e veleggiata con imbarcazioni da diporto tra Salento e l’isola di Cor­fù. Nata da un’intuizione del Ca­va­liere Sergio Filograna, fondatore di Work­ness, per valorizzare il territorio, la cultura e l’industria del turismo pu­gliese, ha senz’altro margini di crescita e un futuro brillante ad at­tendere le prossime edi­zioni. Nella sua terra d’origine, un gioiello che ca­talizza attenzione da parte del mondo intero, l’idea - con il comitato organizzatore presieduto da Antonio Marano - è che diventi un’occasione fissa negli anni a venire per far scoprire a un pubblico sem­pre più in­ternazionale le meraviglie dell’estremità più a sud della nostra bella Penisola. Per farvi capire di che si tratta e perché vi consigliamo di non mancare alla prossima edizione ecco il nostro diario di bordo.

Giorno 0
Dopo aver visto indossare la maglia tricolore a Filippo Zana ad Alberobello, ho raggiunto Santa Maria di Leuca in compagnia del collega abruzzese En­rico Giancarli. La nostra avventura inizia al Circolo della Vela dove Marco Saligari, responsabile del settore ciclismo, e Roberto Ferrarese, riferimento per il reparto vela, ci illustrano l’intenso programma dei 5 giorni che ci aspettano. Sarà una bella sfacchinata, in luoghi magnifici, ma ciò che più mi incuriosisce è che dormiremo in barca e sa­remo suddivisi in squadre quindi, da lì a pochi minuti, da un’estrazione sarebbe saltati fuori i miei team mates per Il Giro dei Venti.
Capito in coppia con Carlo, cicloamatore di Cavallino (Lecce) di 59 anni, agente di commercio di prodotti alimentari tipici salentini, che nei giorni successivi scoprirò essere un padre premuroso, un tipo smemorato (già il primo giorno stava per perdere il cellulare in spiaggia, iniziamo bene!), che tiene molto alla sua abbronzatura e non può fare a meno di una birra fresca alla fine di un bel giro in bici. In barca e in squadra capitiamo con Vin­cenzo, 66 anni di Gaeta, che mi racconterà successivamente che lavorando nell’edilizia è stato cliente e distributore di Mapei Spa, quindi ha conosciuto il dottor Squinzi e la dottoressa Spaz­zoli, e come loro ospite è stato all’arrivo del Tour de France a Parigi e a tap­­pe del Giro d’Italia ai tempi del mitico Team Mapei. Insieme a lui co­nosciamo Lee, 42 anni di Andrano (Lecce), che la­vora per la Marina Mili­tare come re­sponsabile della sezione barche a vela.
La prima impressione è di essere capitata bene, sono due velisti esperti, ma è presto per giudicare. Il Team ACSI, questo è il nome che ci hanno dato, è formato. Ci dirigiamo verso la nostra imbarcazione che ci aspetta in porto per trascorrervi la notte, come da regolamento. Tempo di fare un brindisi e continuare le presentazioni, ed è già ora di andare a dormire. La sveglia do­mani suona davvero presto e ci aspetta una gara, meglio andare ognuno nella nostra cuccetta e risparmiare energie. Come vedrete, ne avremo bisogno.

Giorno 1
Non avevo mai trascorso una notte in barca ed essere a bordo con degli sconosciuti è un po’ strano, ma riesco a dormire qualche ora e quando alle 5 sono già a fare colazione mi è chiaro che questa non sarà una vacanza propriamente rilassante.
La nostra gara inizia in salita: la mia bici ha avuto qualche problemino du­rante il viaggio. I dischi sono stati danneggiati durante il trasporto e le ruote sono completamente frenate. In queste condizioni come potrò affrontare la prima tappa che prevede 100 km con oltre 1.100 mt di dislivello? Ne sarò in grado grazie ai gentiluomini che incontrerò sul mio percorso, anzi fin da pri­ma della partenza. Cominciamo da An­tonello, che me l’ha montata la sera pri­ma e sulla carta dovrebbe essere un mio avversario visto che fa parte di un altro team ma da quel momento mi ha adottato. Neanche fossi Davide, suo figlio, che corre tra gli juniores raccogliendo buoni risultati nonostante le mille difficoltà.
«Le trasferte, per chi come noi abita così al sud, sono logisticamente complicate e costose. Le squadre e le gare qui sono poche, i servizi e i supporti a li­vello nazionale inesistenti, pure se hai qualità per emergere, senza il supporto della famiglia e una tenacia fuori dal comune non arrivi da nessuna parte» mi racconta sconsolato e allo stesso tempo super orgoglioso del suo ragazzo. Continuia­mo con Die­go, mec­canico ufficiale dell’evento, che sco­pro esistere a pochi minuti dal­la partenza quando sfodera attrezzi fi­nora introvabili e riesce a raddrizzare i miei dischi il più possibile permettendomi di prendere il via per la Leuca-Otranto-Leuca senza essere totalmente spacciata.
Alle 6, orario in cui di solito sono ancora tra le braccia di Morfeo, viene dato il via. Nel giro di poco capisco il perché di queste partenze all’alba: fa caldissimo.
Ad ogni modo la tappa scorre via veloce. In gruppo c’è tanta gente che pedala sul serio, io non sono super allenata e voglio godermi i panorami mozzafiato offerti dalla litoranea. Strada facendo mi alleo con Marco, o meglio mi in­collo alla sua ruota, e co­nosco Chiara, la donna più forte che riesco a scrollarmi di dosso solo nel finale perché viene rallentata dai crampi. Dicevo che non sono tanto allenata, ma l’esperienza non mi manca. Di fame e sete non mo­rirò mai. Al traguardo sono 23a, Carlo 21°. Le classifiche non prevedono di­stinzioni di età né di ge­nere (aspetto da rivedere per il prossimo anno) quindi contro coppie di ra­gazzi giovani e in forma non abbiamo grandi possibilità. Chiudiamo al 12° posto come team su 18 in gara. Non benissimo. Speriamo i nostri velisti sappiano fare di meglio domani.

Giorno 2
Sono gasatissima. Amo il mare e sono entusiasta di passare una giornata a bordo. Purtroppo di vento ce n’è poco quindi la tappa viene accorciata, ma a me questo interessa poco perché nel tratto di trasferimento abbiamo già po­tuto ammirare da vicino i delfini e per me la giornata è già entrata nella lista di quelle indimenticabili.
Vincenzo e Lee mi spiegano che la nostra barca, rispetto alle altre con cui dobbiamo confrontarci, è molto comoda ma non particolarmente performante quindi non ci facciamo illusioni. Loro però sono davvero tosti: insieme hanno vinto vari titoli italiani ed europei in discipline differenti, come la ORC Offshore, Vela d’Altura e Maxi Yacht. Di quest’ultima sono addirittura Campioni Europei in carica, mica pizza e fichi. E poi sono in procinto di af­frontare il giro del mondo, per due anni viaggeranno a bordo di Fra Dia­volo. Io a sentire i loro progetti già li adoro (ho chiesto se potessi partire con loro, ma non sapendo fare nulla a bordo temo proprio non verrò selezionata per far parte dell’equipaggio, ndr) e ho grande fiducia.
Ci aspetta la regata da Leuca all’Isola di Fanò. La partenza ufficiale viene data alle 12.15 do­po l’ennesima sveglia all’alba e un bel tratto a motore, indispensabile se vogliamo arrivare a Corfù pri­ma che sia notte fonda. A bor­do sale la tensione. A pochi istanti dal via due barche si scontrano alle nostre spalle, per fortuna senza conseguenze, qualcuno prova a fare il furbo usando il motore a pochi minuti dal via quando già dovrebbe essere spento da un pez­zo, Vincenzo e Lee si scambiano indicazioni che non capisco e tra un cazza la randa e un lasca il fiocco, mi danno il compito di svolgere il countdown dei minuti che mancano al via e di riportare loro la velocità a cui ci stiamo muovendo quindi una volta partiti di “fare peso” con Carlo da una parte o l’altra in base alle virate.
Dopo le fasi concitate della partenza, in cui ammiro a bocca aperta i movimenti, le intuizioni e la sintonia tra i nostri due capitani, non c’è molto che io possa fare se non incitarli. Dicono che in barca bisogna avere pazienza e visto che ho ormai la certezza di essere in una botte di ferro mi metto a prua a prendere il sole. Alla gara devono pensare loro, il mio obiettivo oggi è ridurre il segno dell’abbronzatura da ciclista.
Mi do un contegno giusto quando arriviamo al traguardo. Nonostante ci sia­no barche decisamente più veloci della nostra, sommando i punti accumulati oggi a quelli di ieri il Team Acsi guadagna una posizione: ora siamo all’11° po­sto. La top ten non è lontana, per festeggiare ci concediamo un ba­gno in mare. Visto che però è tardi e Corfù ci aspetta non ci fermiamo del tutto ma rallentiamo solo un po’ l’andatura, pardon i nodi a cui stiamo viaggiando, e ci tuffiamo attaccati alla fune, godendoci un idromassaggio naturale che è la fine del mondo.

Giorno 3
Siamo sbarcati in Grecia e siamo pronti alla seconda tappa ciclistica: 50 km con 500 metri di dislivello abbondante sull’isola di Corfù. Breve ma esplosiva. Purtroppo dopo colazione ci informano che la frazione è neutralizzata per questioni di sicurezza. La polizia locale garantiva la chiusura delle strade solo per tre minuti e con i distacchi che si sarebbero creati dal primo all’ultimo sarebbe stato troppo rischioso, quindi gli organizzatori optano per farci fare una cicloturistica.
La maggior parte dei partecipanti storce il naso, gara è e vogliono che sia, in palio ci sono premi importanti (4 auto elettriche per la prima squadra; 4 vespe elettriche per la seconda, 4 bici elettriche per la terza) e fanno gola a tutti, ma io so bene quanto le strade possano essere pericolose quindi apprezzo la decisione e, ancora più del primo giorno, mi godo il paesaggio. Anche se og­gi non conterà per la classifica abbiamo dei tifosi a bordo strada, ci dicono Kalì Dinamy, o qualcosa del genere che in greco significa Forza! Scambio due pa­role con il collega di Sky Sport Davide Camicioli, con le altre ragazze e ragazzi in gara, tra cui meritano una menzione speciale i due ciclisti di Obiettivo 3 En­rico Fabianelli e Fabio Serraiocco, atleti paralimpici che pedalano forte contro la sclerosi multipla (così forte che alla fine sfioreranno la vittoria, ndr) nel Team di Alex Zanardi. Della stessa malattia soffre Samanta Demontis, ballerina e insegnante, direttrice artistica della serata conclusiva “Venti di Pas­sione” organizzata a Spongano (LE) da Muse Milano e professoressa della Società Interna­zio­nale Danza Classica Marika Beso­brasova. Una delle persone chiave nell’organizzazione de Il Giro dei Venti in cui il marito ha unito tutte le passioni di famiglia, rendendo felice lei e tutti noi. Completata la tappa, visto che non ne avevo abbastanza di pedalare e chiacchierare (due delle mie attività preferite), in compagnia di Chiara in versione cicerone so­no andata a visitare Ker­kira, vale a dire il cuore della Corfù sto­rica. Dopo aver provato un dolce tipico, una sorta di risolatte alla cannella, buono e rinfrescante, per non farmi mancare nulla ho completato il mio inaspettato rest day con i massaggi a cura dei professionisti di Spin Hub, centro polispecialistico di Collegno (TO), che insieme allo staff medico hanno curato e coccolato i partecipanti del Giro dei Venti come fossero atleti top.
Giorno 4
Dopo una giornata rilassante sulla terraferma, ero pronta per la seconda re­gata. Decisamente più movimentata della prima ma altrettanto lunga. L’ul­ti­ma competizione riservata ai velisti è iniziata a Merlera alle 11 e si è conclusa al centro del canale d’Otranto (per noi) alle 16.15. La partenza controvento è stata ancora esaltante: facendo ma­novre a me difficilmente comprensibili, Lee e Vincenzo sono riusciti a farci iniziare in prima posizione. Purtroppo poi, essendoci poco vento (per il tipo di imbarcazione e le vele che avevamo a disposizione per noi era un grande problema), abbiamo perso una marea di posizioni, tanto da transitare al pri­mo cancello penultimi, al successivo diventato l’arrivo di giornata quindicesimi ma tutti sani e salvi.
Altre squadre hanno avuto decisamente più problemi tra mal di mare, tagli, punti di sutura, scottature e chi più ne ha più ne metta. Per risollevarci il mo­ra­le, anche se non avevamo grandi ambizioni, ci siamo rivelati tutti dei grandi agonisti, ci siamo regalati un aperitivo in barca in vista del rientro a Leuca con tanto di musica, canti e balli. Presa dalla gara non vi ho raccontato la storia della nostra barca. Merita: sentite qua.
Si chiama South Breeze, è un Oceanis 43 ed è stata sequestrata con a bordo 78 migranti. Quando me lo hanno raccontato mi ha fatto effetto: dove noi stavamo comodamente in 4 più 2 bici, erano stipate 78 persone. Ho fatto fatica a prendere sonno al pensiero. Io della tratta dei migranti finora avevo sentito e visto solo al tg. Lee ha capito che la notizia mi aveva un po’ scosso e mi ha rassicurato: «Erano vivi e la bar­ca è stata bonificata. Ne fermiamo ogni giorno...».
Lui per passione e lavoro passa metà della sua vita in mare e deve davvero averne viste di ogni, non solo albe e tramonti mozzafiato. «Sempre emozionanti e diversi, la natura è eccezionale e nel bene e nel male ci regala sempre qualcosa di nuovo».
Ora South Breeze viene utilizzata per attività formative e sociali, come attività di vela con ragazzi disabili mentali e fisici. La gestisce Guido Bianco, dell’imbarcazione Aria, segretario e di­rettore tecnico dell’ASD Via Col Vento Sailing Team, autentico tuttofare nell’organizzazione de Il Giro dei Ven­ti. Uno che non è mai stato fermo un attimo perché tutto filasse il più liscio possibile e, alla fine di questi pochi giorni insieme, mi sembra di conoscere da una vita.
Giorno 5
La resa dei conti prevedeva 115 km con altri 600 mt di dislivello da mettere nelle gambe nell’entroterra tra Leuca e Gallipoli con un caldo infernale. Io ho chiuso l’ultima tappa 22a, battuta allo sprint da Marco che nel corso dei giorni da gregario è diventato rivale (si fa per scherzare, ovviamente, ndr), e ap­pena più avanti di Carlo. Alla fine la classifica generale vede la nostra squadra 13a ma per me abbiamo vinto.
Non so se in una settimana scarsa, trascorsa però 24 ore su 24 insieme, si possa dire di aver trovato degli amici, ma la sensazione è quella. Abbiamo creato un bel gruppo e ci siamo trasmessi a vicenda la passione per i no­stri sport. Io e Carlo ci siamo letteralmente innamorati della barca a vela, Lee e Vincenzo si sono ripromessi di tirare fuori la bici dal garage una volta tornati a casa. Chissà se verrà loro utile per preparare il giro del mondo...
Ho vissuto giornate in barca stupende, faticose ma altrettanto emozionanti in bici, tra docce con la canna dell’acqua sul pontile, pranzi al sacco, chiacchierate con persone all’apparenza così di­stanti da me per età, provenienza e professione che nel giro di pochi minuti sono diventati fratelli e sorelle in quest’avventura che unisce come solo lo sport sa fare. Oltre ai panorami me­ravigliosi, quello che mi resta di que­sta esperienza è la conferma di quanto sia bello fare gruppo, quanto faccia la differenza unirsi in una squadra.
Il Giro dei Venti è un esperimento so­ciale interessantissimo: metti 4 sconosciuti insieme su una barca e vedi che succede. Nel mio caso è successo che mi sono divertita tanto e ho scoperto un mondo che non conoscevo quasi per niente, con il suo linguaggio, le sue regole e un fair play smisurato (pensate che nelle regate se non si rispetta una regola ci si autopenalizza!). Ho im­parato a non sprecare l’acqua e a produrre meno rifiuti possibili, ad es­sere paziente e ad adeguarmi a ciò che non posso controllare. Torno a casa ab­bronzata, con un po’ di ore di sonno da recuperare e con in tasca la ricetta di Alessandro, il velista più anziano in gara in coppia con Pino, 150 anni in due, che mi hanno raccomandato di provare pasta fredda con carote julienne, prezzemolo, burro e tonno. Lo farò, così come custodirò i racconti del­le emozioni impagabili che una vita in mare ha lasciato loro. Come quelle che a me ha regalato la prima edizione del Giro dei Venti e che neanche tutto il vento del mondo potrà spazzare via.

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