Bastianelli. Marta e l'isola che non c'è ma ci sarà

di Giulia De Maio

Marta Bastianelli è caduta e si è rialzata così tan­te volte che ha per­so il con­to. Lo farà an­che questa volta, con il ca­rat­tere che contraddistingue i campioni. Anche se il suo so­gno più grande, quello a forma di cinque cerchi, si è allontanato rispetto al previsto, di certo non mollerà per colpa di questo maledetto virus che ha scombussolato fin troppo le nostre vi­te. La sua carriera finora è stata una montagna russa di emozioni, tra una maglia iridata e una di campionessa d’Europa, ci sono stati stop forzati, infortuni e la maternità, dalla quale la “mamma vo­lante” è rimontata in sella riuscendo a scrivere stagioni strepitose. Ricaricate le pile in famiglia, la trentatreenne di Velletri, che un anno fa conquistò la Ronde van Vlaanderen e il titolo nazionale a No­taresco, non vede l’ora che fi­nisca la quarantena per tornare a pedalare all’aria aperta inseguendo nuovi traguardi da tagliare a braccia alzate.
Nel 2020, indipendentemente da quante corse si potranno disputare, vuole ripetersi e confermarsi la numero uno del nostro movimento per firmare un tris consecutivo nell’Oscar tutto­BI­CI Gran Premio Alé. L’appun­tamento con Tokyo 2020 è solo da riprogrammare e il 2021, a pensarci bene, non è poi così lontano, an­che se come dice lei da buona romana, «inizio ad avere una certa...».
Auguri! Il 30 aprile è stato il tuo compleanno.
«Grazie. Come tutti coloro che han­no festeggiato in questi ultimi mesi immagino non lo scorderò, mai mi sarei aspettata di vivere una situazione come quella con cui ci stiamo interfacciando a causa del Covid-19. Per fortuna sia io che i miei cari (i genitori vivono a La­riano, ndr) siamo in salute, stare così a lungo chiusi in casa sta diventando la normalità, tanto che quando esco per motivi di necessità avverto una sensazione strana. Ho quasi paura, quando vado a fare la spesa mi sento una ladra, faccio tutto di fretta, evitando qualsiasi contatto non indispensabile... La situazione è pesante, soprattutto per chi co­me me era abituato a una vita in viaggio, ma sono fiduciosa che ce la lasceremo alle spalle»
Quanto ti manca pedalare all’aria aperta?
«Tanto. In questi giorni ho davvero ri­valutato il valore del nostro sport. Il poterlo praticare all’aria aperta è un dono unico e prezioso, che davamo per scontato. Mentre fatico sui rulli penso a quando potrò tornare a correre, a vincere, a sorridere. So che accadrà. Ho smesso di allenarmi su strada quando la Federciclismo e l’Assocorri­dori si sono espresse in tal senso quindi prima che fosse vietato dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Mi­ni­stri. Era dura uscire in bicicletta ed es­sere presa a male parole dalla mattina alla sera. Mi pesava, mi demoralizzava, non ero tranquilla di testa. Peccato che in tanti altri Paesi siano stati più lenti di noi nel capire la gravità dell’emergenza».
Come stai trascorrendo questi giorni?
«Vivo in Abruzzo, a Guardia Vomano, con Roberto (il marito De Patre, ex prof che lavora in una azienda di smaltimento rifiuti, ndr) e nostra figlia. Fac­cio la mamma, sbrigo le faccende di casa e mi tengo in forma. Per quanto riguarda la preparazione, faccio finta che sia ottobre, che da quando siamo in quarantena sia iniziata la preparazione invernale. Al mattino svolgo esercizi di core stability, poi via sui rulli per dei lavori di forza e resistenza intensi, quindi stretching. Alcuni giorni svolgo due sessioni di allenamento, rimontando sui rulli anche nel pomeriggio. In­door riusciamo a simulare al 70-80% gli sforzi su strada. Per quanto riguarda la linea, cerco di stare attenta come tutti, di non cedere a tentazioni, si è detto di tutto e di più sulla “dieta in quarantena”. A livello mentale stiamo vivendo un periodo molto stressante quindi ci sta appagare le nostre piccole voglie, soprattutto se tra una cosa e l’altra dalla mattina quando ci svegliamo a quando andiamo a letto alla sera non stiamo mai fermi, come accade a me. Se mangiamo una fettina di pane in più invece delle solite gallette o un biscotto secco cucinato da noi non cambia la vita di nessuno. Personal­men­te ho la fortuna che la gravidanza mi ha tolto tante “voglie”. Una volta non potevo resistere ai dolci, ora riesco a tener duro anche davanti al vasetto di Nutella»
Da mamma come stai vivendo questa si­tuazione?
«I bambini per certi aspetti ne risentono più di noi adulti, ma con Clarissa cerchiamo di tenerci impegnate e di goderci le giornate insieme, che nel periodo delle gare sono una rarità. Lei e i suoi compagni di asilo erano stati preparati un po’ a scuola, quando è scoppiato il problema al Nord qui eravamo ancora tranquilli, a forza di sentire la tv e quello che ci diciamo tra noi ha capito quanto è importante lavarsi le mani, evitare assembramenti... All’inizio mi chiedeva perché non poteva venire con me a fare la spesa o di uscire, ma ormai anche se ha solo 6 anni ha capito che per battere questo virus dobbiamo sopportare tutti dei sa­crifici per il bene comune. Tra compiti, lavoretti e disegni non ci annoiamo. L’ultima “opera” a cui abbiamo lavorato sono dei pezzetti di un grande puzzle a forma di arcobaleno, che quando tornerà a scuola metterà insieme a quelli realizzati dai suoi compagni. Speriamo che possano farlo, anche alla fine dell’anno, almeno per salutare le maestre, visto che l’anno prossimo inizierà le elementari».
Non si tornerà a correre prima di agosto. La squadra che dice?
«Con le compagne, i i diesse, i preparatori e tutto lo staff siamo sempre rimasti in contatto, svolgendo riunioni di gruppo su Zoom. I tecnici ci aggiornano costantemente sulla situazione gare, in base alle indicazioni che ricevono ogni 15 giorni dall’UCI. Al momento non si sa ancora quando ripartiremo, speriamo almeno di riavere presto il permesso di uscire a pedalare in strada così da poter organizzare qualche mini ritiro, almeno con le compagne italiane e slovene, per rimettere in moto la macchina organizzativa. Lo sport sta soffrendo così come molti altri settori, noi abbiamo la fortuna di avere sponsor che continuano a sostenerci e, so­prattutto in un momento così difficile per le aziende, è giusto che li ripaghiamo lavorando, se non vincendo le gare, impegnandoci anche da casa, concedendo interviste, organizzando collegamenti live con i tifosi, restando attive nel nostro mondo...».
Il ciclismo rischia di doversi confrontare con una pesante crisi economica.
«Se non si ripartirà a breve il movimento femminile, così come quello giovanile, rischia di pagare un prezzo davvero alto per questo blocco forzato. A livello mediatico, purtroppo, siamo ancora abbastanza deboli. Le gare insieme agli uomini ci danno una visibilità extra mol­to importante, spero che nel complicato incastro dei calendari si possano disputare almeno alcune prove ma­schili e femminili come era da programma. Mentalmente comunque cer­co di restare ottimista. Ho visto un do­cumentario sul terremoto de L’Aquila dieci anni dopo. Le testimonianze dei sopravvissuti raccontavano che da una tragedia si esce più forti. C’è una maggiore unità tra le persone. È quello che mi auguro capiterà anche questa volta. L’intero mondo è coinvolto in questa emergenza, ci risolleveremo tutti insieme».
Tu, come la maggioranza delle azzurre di vertice, puoi contare sul corpo militare di appartenenza.
«Il Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre per me è una garanzia, anche per il futuro, e non lo scopro di certo ora. Ho un’altra grande fortuna che è quella di far parte di un team World Tour, la Alé Btc Ljubljana. So che la società ha affrontato un grande sforzo per garantirsi il salto di categoria (la formazione presieduta da Alessia Piccolo è l’unico team WT italiano, ndr) e nessuno si aspettava una situazione del genere. Anche se io ho la sicurezza di ricevere un minimo di stipendio, la preoccupazione c’è per tutti, soprattutto per chi ha famiglia. Sentire parlare di tagli di salari e cassa integrazione anche nel panorama maschile è preoccupante, ma il problema è talmente am­pio che riguarda la società a 360° e ogni tipo di lavoratore. Tornando a “ca­sa mia” la squadra è forte e compatta. Stiamo affrontando questo periodo come se fosse inverno, svolgiamo tutti il lavoro al meglio delle nostre possibilità per essere pronti a ripartire non appena si potrà».
Il tuo sogno sono da sempre i Giochi Olim­pici, che per un motivo o per l’altro non sei mai riuscita a disputare.
«La stagione era partita bene e, chiaramente, era tutta proiettata alla qualifica olimpica. Come tante altre ragazze quest’inverno ho affrontato tanti sacrifici, sono stata a lungo lontano dalla famiglia, andando in Spagna in ritiro: poi, purtroppo, le gare che il Com­mis­sario Tec­nico aveva individuato per fa­re la sua selezione non le abbiamo po­tute disputare e siamo state obbligate a fermarci. Da giovane ti convinci che avrai altre occasioni, ma quando hai una certa... devi iniziare a fare i conti con l’età. So che in questi giorni le tragedie sono ben altre ma, per me, l’Olim­piade è la corsa dei sogni, quella che mi manca. Quella di Pechino nel 2008 era svanita a cinque giorni dalla partenza, quando la valigia era già pronta (fu sospesa per due anni in se­guito alla positività a un controllo antidoping avvenuto durante i campionati europei ad Arona, ndr). Quella di Lon­dra nel 2012 era irraggiungibile. Una volta tornata dalla maternità c’era quella di Rio in cui sperare. Una sfida con me stessa, che non si è concretizzata come desideravo. Veder sfumare Tokyo 2020 a pochi mesi dal cerchiolino rosso apposto sul calendario è stato un colpo al cuore. Messa da parte la delusione, mi sono rimessa al lavoro. Obietti­va­men­te rimandare l’appuntamento al 2021 è stata la decisione migliore. I tempi per preparare un evento del ge­nere non c’erano, sia per gli organizzatori che per noi: mica puoi preparare un’Olimpiade sui rulli. La priorità ora è la salute. Da ciclisti lo sappiamo be­ne, ogni volta che siamo caduti ci sia­mo rialzati, lo faremo ancora una volta. Se Annemiek Van Vleuten è ancora competitiva a 38 anni, spero di poter dire la mia a Tokyo anche se ne avrò 34».
Se si tornerà a correre, un tuo obiettivo è riconquistare l’Oscar tuttoBICI?
«Assolutamente. Lo voglio a tutti i co­sti. Ne parlavo di recente proprio con alcuni tifosi in una chiacchierata in diretta su facebook. Il premio che assegnate alla miglior italiana della classifica UCI (Marta ha chiuso il 2019 al quarto posto della classifica mondiale, ndr) è davvero importante. La Notte degli Oscar tuttoBICI è una delle più belle premiazioni a cui io abbia mai partecipato. È bellissimo essere accolti insieme agli altri protagonisti della stagione in una serata di gala dall’atmosfera unica che raduna tutti i componenti del mon­do del ciclismo. Al termine di un’annata assurda come questa, anzi forse ancora di più per quello che abbiamo vissuto tutti noi, compresi voi addetti ai lavori, sarà una festa speciale alla quale non voglio proprio mancare»
Il Papa ha detto: siamo tutti sulla stessa barca.
«Il Santo Padre ha ragione e ha usato una metafora perfetta. Dobbiamo re­ma­re tutti nella stessa direzione. Ci troviamo in mare aperto e se ognuno naviga a modo suo non arriveremo alla me­ta, che ancora non vediamo anche se non è così lontana. Adesso ci sembra di essere diretti verso l’isola che non c’è, ma ci sarà. In questi mesi difficili ho riscontrato un’enorme passione per il ciclismo. Abbiamo visto i praticanti cosa sono disposti a fare pur di pedalare, sui social ne sono apparse di ogni... Chi più chi meno, tutti stiamo affrontando sacrifici, ma dobbiamo tenere du­ro. Siamo in salita e, fatevelo dire da una velocista, la fatica ci attanaglia ma da buoni ciclisti dobbiamo stringere i denti. Se scollineremo uniti nel “gruppetto”, torneremo il prima possibile alla normalità. Torneremo a gioire e sarà bello come non mai. Non vedo l’ora di risentirvi per chiacchierare di sprint disputati e gare vinte».
Anche noi, Marta.

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