Battistella: «Ho voglia di riscatto»

di Giulia De Maio

Dopo un’annata piena di nu­vole da cui è comunque spuntato più di un raggio di sole incoraggiante, Sa­mue­le Battistella spera in un cielo limpido. Con la ma­glia celeste della Astana Qazaqstan nel 2022 ha pedalato al fianco di Vin­cenzo Nibali, imparato tanto, commettendo qualche errore, rialzandosi sempre. Come dopo la caduta all’Amstel Gold Race e una botta talmente forte da farlo restare incosciente per venti minuti. Il 24enne veneto non ha smesso di sorridere e di credere di poter ri­tornare competitivo nonostante un den­te rotto, 4 punti sul sopracciglio, 3 punti sul labbro superiore e un volto che ricordava più quello di un pugile suonato che di un corridore. Al Cam­pio­nato Italiano vinto da Filippo Zana è finito terzo, al Tour de France è stato costretto a rinunciare a ridosso della Grand Départ a causa del Covid, al debutto alla Vuelta a España si è do­vuto arrendere agli acciacchi dopo due podi agrodolci. In Australia al campionato del mondo, lui che nel 2019 ad Har­rogate aveva conquistato la maglia iridata tra gli Under 23 davanti a Bis­seg­ger e Pidcock, si è sobbarcato 230 km di fuga. Non è riuscito a cogliere vittorie, la sua unica tra i prof resta la Veneto Classic 2021, ma è senz’altro tra i giovani più interessanti del nostro ciclismo e sta lavorando per costruire un 2023 che lo consacri nella massima categoria. Tra l’altro al fianco di un altro gigante di questo sport, Mark Ca­vendish, ingaggiato a sorpresa dai celesti kazaki in seguito al fallimento del team B&B Hotels.
Dopo lo Squalo, sei pronto a dividere la squadra con Cannonball?
«Ritrovare in ritiro ad Altea Mark il 19 dicembre è stata una vera sorpresa, nei giorni precedenti in squadra non sapevamo nulla. Avevo letto qualcosa sui giornali, ma non pensavamo si sarebbe potuto concretizzare questo colpo di mercato last minute. Sicuramente è un ingaggio importante, un colpaccio me­rito di Alexander Vinokourov e di tutti gli sponsor del team che hanno colto questa grossa opportunità. Cav porta con sé molta visibilità e un palmares mo­struoso. Sappiamo che vuole un al­tro successo di tappa al Tour de France per diventare l’uomo più vincente di sempre alla Grande Bou­cle, faremo tutti del nostro meglio per aiutarlo in questa impresa. Poter guardare da vicino come lavora un campione che ha vinto così tanto per me sarà un onore».
Il 2023 sarà il primo anno senza Vin­cenzo Nibali in gruppo, come è stato vivere con lui il finale della sua carriera?
«Un’emozione forte. Ho disputato con lui la Vuelta, il suo ultimo grande giro, e il Lombardia, la sua ultima gara in assoluto. È stato un privilegio, sia sportivo che umano. Di Vincenzo mi ha impressionato come riesce a gestire l’aspetto psicologico di questo lavoro, è sempre stato tranquillo anche se tutti si aspettavano da lui il risultato: per quanta pressione gli potevano mettere addosso la squadra, i media e le persone in generale, l’ho sempre visto imperturbabile. Io sto imparando a controllare le pressioni esterne, non le patisco eccessivamente, ma sono il primo ad aspettarsi tanto da me quindi prima di una gara importante avverto un po’ di nervosismo».
Un suo erede al momento non si vede all’orizzonte... Tu e gli al­tri azzurri più at­tesi avvertite questa eredità pesante?
«Fino ad un certo punto perché io e tutti gli altri corridori italiani facciamo il massimo per arrivare al top, sono convinto che è solo questione di tempo per raccogliere i frutti. Vogliamo tutti vincere, ci alleniamo ogni giorno con quell’obiettivo, bisogna solo avere pa­zienza. Il ciclismo italiano sta semplicemente vivendo un momento difficile ma è un ciclo. La storia si ripete, anni bui si alternano ad anni ricchi di soddisfazioni. Già nel 2023 sono convinto che arriveranno risultati importanti per merito di corridori di casa nostra».
Tiriamo le somme del 2022.
«Per me e per tutta la squadra è stata un po’ una stagione tribolata ma tutto sommato per la qualità dei risultati raccolti non posso essere deluso. È mancata la vittoria ma per il resto, considerati tutti gli inconvenienti che ho dovuto affrontare, non posso lamentarmi. All’Italiano ho sbagliato, potevo vincere. Così come alla Vuelta, dove ho ri­mediato la delusione più grande dell’anno, non riuscendo a vincere in volata la settima tappa a Cistierna, battuto da Jesus Herrada. Sono arrivato vicino al successo che, per un mio errore, è sfuggito. Il secondo posto ottenuto due giorni dopo a Les Praeres Nava alle spalle di Louis Meintjes invece ha avu­to tutt’altro sapore. È stata forse la per­formance più bella di un’annata purtroppo non lineare come avrei voluto».
Forse non ha senso fare certi paragoni, ma che effetto ti ha fatto vedere Pidcock vincere sull’Alpe d’Huez al Tour e Bissegger conquistare il titolo europeo della cronometro? Al mondiale 2019 te li eri messi dietro...
«Mi ha dato motivazione. Se eravamo allo stesso livello da Under 23, significa che non ho niente in meno di loro. Si tratta solo di lavorare e sviluppare al massimo le mie potenzialità. Magari ci vorrà ancora qualche anno ma riuscirò a raggiungere gli obiettivi che mi sono prefissato. Le loro vittorie mi spronano: posso arrivare anche io a quel livello».
Hai concluso la stagione in Giappone, a Saitama, che esperienza è stata?
«Tolto il Criterium è stata più una va­canza che altro. Ero ancora nel pieno della off season e ne ho approfittato per visitare il Paese. C’ero stato già nel 2020 con la NTT, ma questa volta ho potuto visitare Tokyo e qualche altra città, purtroppo non Kyoto. Mi ha colpito la differenza di cultura e organizzazione delle cose rispetto a noi europei, l’Asia è proprio un’altra dimensione. Dei giapponesi in particolare mi stupisce come sanno mescolare tradizione e modernità, storia e innovazione. Ad un angolo c’è un giardino zen, all’altro lato della strada un quartiere ipertecnologico. Conclusa la trasferta, sono stato raggiunto dalla mia fidanzata Alessia a Dubai dove abbiamo trascorso 5 giorni di assoluto relax».
Conclusi gli impegni agonistici, hai supportato anche l’azienda di famiglia Bat­tistella BG Srl partecipando all’Expo­De­tergo.
«Sì, da oltre 45 anni disegniamo e vendiamo macchinari per le stirerie industriali e semiprofessionali. Fondata da nonno Guerrino oltre 45 anni fa, ora l’azienda è portata avanti da papà Da­niele e dal resto della famiglia. Mamma Angela si divide tra ufficio e showroom, mio fratello Michele gestisce il mercato estero. Conclusi gli studi, quando correvo tra i dilettanti lavoravo part time. “Va bene fare il ciclista, ma finchè non ti pagano chissà che due soldi devi guadagnarteli” ripeteva papà così al mattino mi allenavo e al pomeriggio lavoravo. Ora ovviamente non ho abbastanza tempo ma, quando c’è bisogno, ci sono. A fine stagione anche quest’anno serviva un operaio in più e non mi sono tirato indietro, anche se questa volta è stato più volontariato che un lavoro vero e proprio (sorride, ndr)».
Vista la tradizione di famiglia, chi stira a casa?
«Beh, l’asse da stiro è il regno di mam­ma e guai a chi le tocca il ferro. Poche persone al mondo sanno stirare come lei, io me la cavo ma qualche piega mi scappa sempre quindi lascio a lei lo scettro e le camicie. Per quanto riguarda il lavoro io ho seguito la mia strada, ma con i miei cari ho un buon rapporto, se posso non faccio mai mancare il mio aiuto. Da quando sono professionista la mia giornata tipo è incentrata sull'allenamento e il riposo. Nel tempo libero svolgo attività che non mi stanchino troppo, tipo qualche passeggiata con Lola, il mio piccolo bastardino, ed Ercole, il barboncino della mia ragazza».
Ormai passerai più tempo in giro per il mondo che a casa...
«Eh, sì. Abito a Monaco, ma per le fe­ste sono tornato a Rossano Veneto se no mamma... mi tirava il ferro da stiro in fronte (ride, ndr). Battute a parte, un po’ di tempo di qualità con le persone a cui vogliamo bene è necessario per reggere i ritmi frenetici a cui siamo abituati. Non mi sono allenato solo il 25 dicembre perché il giorno di Natale non si va in bici, per il resto ho lavorato per arrivare pronto al training camp del 17 gennaio, sempre ad Altea».
Con chi condividi la stanza?
«L’anno scorso generalmente ero in coppia con Fabio Felline o Davide Mar­­tinelli, quest’anno con Luis Leon Sanchez. Lo conosco bene, è un uomo esperto, ne approfitto per chiedere consigli, più che altro sui metodi di al­le­namento. Se devo arrivare in for­ma ad un certo punto della stagione, mi spiega come evitare errori dai quali lui è già passato, per esempio mi suggerisce spesso di non esagerare. Tendo ad allenarmi tanto, ma per fortuna abbiamo degli ottimi preparatori che sanno quando farmi tirare il freno».
Come ti stai allenando in questo periodo?
«Ho iniziato con la palestra, in ritiro a dicembre ho svolto allenamenti lunghi per creare la base aerobica, mentre que­sto mese svilupperemo più la capacità anaerobica. Inizierò la stagione al­la Volta a la Comunitat Valenciana, quindi nel mirino metterò le Classiche delle Ardenne, che per problemi fisici sono stato costretto a saltare negli ultimi due anni, e il Tour de France. Con quali ambizioni? Vorrei rispondere “per vincere” ma considerati gli extraterrestri che ci so­no in gruppo è tutt’altro che semplice, soprattutto nelle cor­se più ambite. Mi auguro che, a differenza del 2022, tutto fili liscio così da poter tornare a vincere».
Un augurio per i tifosi che leggeranno questa intervista?
«Di trovare bel tempo e restare al sicuro. Invito tutti gli appassionati ad essere prudenti, a tenere sempre le luci ac­cese e a stare attenti. Le ultime notizie ci ricordano tragicamente che in strada non siamo soli».

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