Juan Ayuso, il nuovo fenomeno

di Carlo Malvestio

Quattro mesi fa quasi nessuno lo conosceva, ora Juan Ayuso è sulla bocca di tutti gli appassionati. D’altron­de se nel giro di poco più di 60 giorni vinci Trofeo Piva, Gi­ro del Belvedere, Giro di Ro­magna e, soprattutto il Giro d’Italia U23, vuol dire che i numeri ce li hai e non sei solamente un corridore promettente, ma molto di più. È soprattutto il modo in cui ha vinto la corsa organizzata da ExtraGiro che non può che lasciare a bocca aperta: tre vittorie di tappa, maglia rosa, maglia rossa della classifica a punti, maglia verde di mi­glior scalatore, maglia bianca di miglior giovane e maglia multicolore della classifica combinata. Un do­minio assoluto.
«Quando sono andato full gas? Solo nella quinta tappa di Sestola. Da lì in avanti sono stato sempre in controllo» ha ammesso Ayuso dopo esser stato pre­miato da Marco Selleri e Marco Pa­varini sul podio finale di Castelfranco Veneto.
Da quasi sconosciuto a futura star il passo è stato abbastanza breve, ma il giovane catalano ha saputo gestire piuttosto bene la popolarità crescente: «La gente mi chiede foto, devo fermarmi a lungo per interviste e cerimoniali vari. Per me è tutto abbastanza nuovo e a volte è sicuramente stressante. Però questo vuol dire che sto lasciando il segno, che il lavoro sta dando i suoi frutti, quindi non posso lamentarmi di tutte le attenzioni che sto ricevendo in questo periodo».
Ayuso è il primo spagnolo nella storia del Giro Giovani a conquistare il successo finale. Diciotto anni, alla prima stagione da U23, che è già terminata visto che ha esordito con la maglia dell’UAE Team Emirates, con la quale ha firmato un contratto di cinque anni, al Giro dell’Appen­nino. La mentalità è già quella del veterano, o quantomeno quella di uno che in mente ha solo la vittoria.
Di questo, il Giro U23 ci ha regalato due esempi lampanti: il primo a Guastalla, al termine della cronometro, in cui Ayuso ha chiuso ottavo perdendo la maglia rosa in favore di Ben Tur­ner, salvo comunque riconquistarla meno di 24 ore dopo. Appena finita la prova, però, visibilmente contrariato, il giovane spagnolo è corso dai media per spiegare che gli si era abbassato il sellino subito dopo la partenza e che senza quel problema avrebbe fatto decisamente meglio dell’ottavo posto. Ma anche sul Nevegal, giunto secondo alle spalle dello scaltro svizzero Yannis Voisard, si è lasciato andare ad un ge­sto di stizza per aver mancato la vittoria di tappa, nonostante ne avesse già vinte tre. «Dopo l'inspiegabile problema alla sella della cronometro ero infuriato, però sapevo che ci sarebbe stato ancora molto tempo per recuperare. Il giorno dopo a Sestola, infatti, mi sono scatenato e ho ripreso la maglia rosa».
In tutto ciò, però, resistono anche le fattezze del ragazzo appena maggiorenne qual è. Il viso è giovanile, solcato da un po’ di acne tipica di quelli della sua età e, dopo una qualsiasi tappa, ha la particolare abitudine, o esigenza, di mangiare caramelle gommose.
«I coccodrilli sono i miei preferiti. Do­po aver vinto questo Giro direi che pos­so anche mangiarne 10 in un colpo» ha scherzato Ayuso. A seguirlo nei die­ci giorni di Giro U23, poi, c’era anche la sua famiglia. Mamma e sorella non si sono perse una pedalata, portandosi costantemente dietro una bandiera spagnola e un poster gigante di Juan, mentre il papà è riuscito a liberarsi dal la­vo­ro soltanto per un paio di giorni, quanto è bastato per volare in Italia e far sentire il suo appoggio al figlio.
«Vincere davanti alla mia famiglia mi rende ancora più orgoglioso. Sono felici di vedere che inseguo con grinta il mio sogno».
Nato a Barcellona nel 2002, Juan è cresciuto ad Atlanta negli Stati Uniti dove suo padre lavorava, prima di tornare in Spagna nel 2010, a Javea nella Co­mu­­nidad Valenciana. Fino agli 8 anni giocava a calcio, è grande tifoso del Bar­cel­lona, ma quando ha cominciato ad andare in bicicletta, spinto da un suo amico, non si è più fermato. Il suo mo­dello di riferimento è Alberto Conta­dor: «Ogni tanto interagiamo sui so­cial. Imitarlo sarebbe qualcosa di grandioso».
Ha fatto incetta di titoli nazionali nelle categorie giovanili, attirando l’attenzione di Joxean Matxin Fernandez, general manager della UAE Team Emirates, che ne ha monitorato lo sviluppo fisico e atletico e l’anno scorso gli ha fatto firmare un contratto fino al 2025. Prima, però, il breve assaggio da U23 con la Colpack Ballan: «Sono veramente grato al team, sono stati sei mesi fantastici. Sono contento di aver dato loro molte gioie, se le meritano. Non mi sa­rebbe dispiaciuto passare subito professionista, ormai nel ciclismo non è più così strano fare il doppio salto dal­la categoria juniores, ma alla fine sono felice di aver fatto questa esperienza in Colpack Ballan. Da subito avevamo posto il Giro U23 come il grande obiettivo stagionale» ha am­mes­so Ayuso.
In questi mesi i contatti con la formazione emiratina sono stati ovviamente assidui: «Matxin è un grande, durante il Giro U23 ci siamo sentiti quasi ogni giorno. Ogni settimana invio agli allenatori dell’UAE Emirates la mia frequenza cardiaca, watt, soglie, serie, ve­locità. Tutto viene registrato, sonno, watt, alimentazione e viene analizzato e utilizzato per regolare e migliorare i miei allenamenti».
PUPILLO DI MATXIN. Il general manager della UAE Team Emirates era presente sulle strade del Giro U23 negli ultimi due giorni di gara, giusto per godersi il successo rosa del suo allievo Ayuso, passato ufficialmente alla formazione emiratina a partire dal 15 giugno, ovvero tre giorni dopo la vittoria al Giro. «La Colpack Ballan ci è sembrata la squadra ideale in cui farlo crescere -spiega Matxin -. Il livello dilettantistico in Italia è più alto che in Spagna, e soprattutto si impara a correre, ci si fa più furbi e svegli tatticamente».
L’impressione è comunque quella che nemmeno loro se lo aspettassero così do­minante in questi sei mesi: «Sape­va­mo che avrebbe potuto essere molto competitivo, ma probabilmente non così tanto come ha dimostrato - continua Matxin -. Lo seguiamo sin da quan­do era allievo e poi junior e ci eravamo ac­corti che gli bastavano pochissimi allenamenti per raggiungere un grande livello».
Sul Colle Passerino, Ayuso ha addirittura fatto segnare un tempo migliore di Egan Bernal: «È sicuramente indicativo del fatto che questo ragazzo sia già pronto per il professionismo, anche se le caratteristiche delle tappe erano differenti. Bisogna comunque rimanere coi piedi per terra e lasciargli il tempo di adattarsi alla nuova categoria».
Guai, però, a paragonarlo a Tadej Po­gacar: «Lui è Juan Ayuso e basta, odio fare i paragoni con gli altri corridori. Pogacar ha le sue caratteristiche e Juan ne ha altre. Siamo una squadra con tantissimi talenti ma un comun denominatore: il rispetto reciproco. Non si corre per il singolo ma per la squadra».
Ciò che è certo è che, dopo Tom Pid­cock, il Giro U23 ha lanciato un altro corridore destinato a far parlar di sé. Le parole più significative sono però, forse, quelle del suo direttore sportivo alla Colpack Ballan, Gianluca Valoti: «Ha una mentalità pazzesca. In questi sei mesi, sinceramente, non gli ho trovato un punto debole».

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