Enrico Battaglin, ritorno a casa

di Pietro Illarietti

Enrico Battaglin torna a casa, a quella Bardiani CSF Faizanè che lo lanciò al professionismo nel 2011 da stagista subito vincente alla Coppa Sa­batini quando precedette l’eterno Davide Rebellin e Giovanni Vi­sconti, ora suo compagno.
Lo incontriamo in occasione del primo incontro con i nuovi compagni: terminata la visita aziendale in Faizanè, dove ha scoperto i processi produttivi dell’azienda vicentina, ci ritiriamo nell’ufficio di Martino Dal Santo per la nostra intervista. Battaglin è molto tranquillo, il mattino si è allenato e poi ha raggiunto i compagni che si sono ritrovati per la consegna dei materiali tecnici e le visite al centro Fisio Cortiana.
Quest’anno si torna alle origini?
«In effetti è così. Un ritorno dopo cinque anni in cui ho maturato esperienza in team di World Tour al massimo li­vello. Sono felice di avere avuto l’opportunità di tornare grazie Bruno e Ro­berto Reverberi. Ora sta a me mostrare il mio valore».
Torni e sei un’altra persona, un atleta più consapevole.
«Certo sono cambiato. E molte cose so­no cambiate nella mia vita. Mi sento più maturo e ovviamente più vecchio, ma questa è una conseguenza. Ora cre­do di poter trasmettere qualcosa agli al­tri ed il team può sicuramente attingere anche da questa mia esperienza».
Quando Steven Kruijswijk, allora tuo compagno di squadra, ha rischiato di vincere il Giro d’Italia 2016, ti abbiamo vi­sto fortissimo in salita. Sei diventato un atleta completo.
«Ho lavorato con molti campioni in questi anni. Quella del 2016 è stata un’occasione persa che farà fatica a ripetersi. Lui è caduto il venerdì e il Gi­ro era ad un passo dalla conclusione. Siamo rimasti con l’amaro in bocca. In quel periodo però ho avuto anche la fortuna di correre anche con Primoz Ro­glic, che è il corridore che ritengo più forte in questo momento: ha di­mo­strato di essere competitivo sia nel­le corse a tappe che in linea. Ci sono stati però tanti capitani che mi hanno trasmesso qualcosa e porto con me questo bagaglio».
In questo momento la Jumbo Visma è una delle squadre più forti al mondo. Cosa hai imparato in quel team?
«Loro hanno un metodo di lavoro preciso da cui non sgarrano. Dal 2016 hanno portato avanti il lavoro con i  gio­vani che poi sono cresciuti. Sono inoltre riusciti a sviluppare al meglio sia il gruppo delle corse a tappe, con Roglic e poi Du­­moulin, che quello dei velocisti con Dylan Groenewegen lavorando su tanti dettagli, dalle bici all’abbigliamento, sen­za mai stravolgere le cose, ma co­struendo passo passo».
Te ne sei andato dalla Bardiani da vincitore di tappe, ti aspettavi di più dalla tua carriera?
«Mi è mancata la continuità, ma ad esempio nel 2020 ho disputato una delle mie stagioni migliori anche se non sono arrivate grandi vittorie. Ci so­no poi stati dei problemini che mi han­no condizionato, comunque ora ho an­cora davanti a me almeno due buone stagioni per far bene».
Siamo nella sede di Faizanè: cosa vorresti regalare ai tuoi sponsor nel 2021?
«Come anticipato, la continuità nei ri­sultati e vincere che è sempre il top, come fare bingo».
Sei stato tante volte al servizio dei vari team in questi anni. Tornare a prenderti delle responsabilità ti preoccupa?
«Forse prima, ma ora non è così. Ho visto che nelle squadre c’è sempre la pressione, sia sui gregari che sui capitani, quindi la cosa importante è farsi trovare pronti. Il resto non conta».
Tornando all’esperienza internazionale in cui hai imparato lingue e cono­sciu­to culture diverse, come hai visto l’I­ta­lia dal di fuori?
«Più che altro ho sentito cosa dicevano. Tutti si chiedono come mai non si riesca a formare un team di livello massimo italiano. Qui ci sono ancora molte corse e gli stranieri vengono volentieri da noi per le nostre competenze tecniche e per il piacere di gareggiare in Italia».
E tu che idea ti sei fatto?
«Sicuramente la crisi economica, il Co­vid e poi qualche conflitto interno non sono ideali per chi vorrebbe investire. Ci vorrebbero anche delle importanti age­volazioni, inteso come maggiori sgra­vi fiscali, che invece non ci sono e quindi portano un potenziale sponsor ad investire in altri ambienti. Comun­que, confesso di non essere così sul pezzo a proposito di questo argomento e mi fermo qui».  

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