Cina&Ciclismo, un amore che cresce

di Diego Barbera

La costellazione di corse cinesi sta diventando sempre più importante nel panorama ci­clistico internazionale, con il Tour of Guangxi che è parte del calendario World Tour e il successivo Tour of Hainan che da sempre applaude numerose vittorie italiane. Ma come non citare anche l’affascinante Tour of Qinghai Lake che si disputa sull’altopiano tibetano e il Tour of China, forse la competizione più estrema dell’intero calendario? In questo 2018 tuttoBICI ha seguito tutte queste manifestazioni e ha provato a ripondere ad un paio di domande importanti: qual è l’immagine del ciclismo in Cina? Come si vive il nostro sport?
LE COSE PIÙ IMPORTANTI. Delle varie com­petizioni, quelle più importanti partono con il Tour of Qin­ghai Lake a fine lu­glio, una corsa che gira intorno all’omonimo lago salendo ad altitudini anche importanti (fino a 4120 metri sul livello del mare del tappone principale) con numerose frazioni per attaccanti e velocisti. A settembre si tiene il Tour of China, diviso in due parti con classifiche se­parate. Per fortuna, questa corsa sta imparando dai propri errori (vedi paragrafi successivi) ma è nota soprattutto per i suoi trasferimenti “impegnativi”. Si prosegue in rapida se­quenza in ottobre con l’affascinante Taihu Lake (che di solito è quello me­glio organizzato), poi con il Tour of Guangxi che è quello più prestigioso co­me parterre e budget e infine il Tour of Hainan sull’isola tropicale piazzata nell’angolo tra Cina e Vietnam.
Quest’ulti­ma fatica è per molti corridori (già col contratto assicurato) una mi­ni vacanza o, meglio dire, un defatigamento stagionale.

GLI ITALIANI IN CINA. Il calendario cinese, come abbiamo visto, è densamente po­polato di corse a tappe più o meno lunghe. Le Professional italiane - An­dro­ni Sidermec, Bardiani CSF, Nippo Vini Fantini e Wilier Triestina Selle Ita­lia -, così come la Trevigiani partecipano regolarmente alle gare più importanti ottenendo numerose vittorie e preziosi piazzamenti. Le spedizioni in terra cinese sono proficue naturalmente anche a livello economico. I corridori nostrani sono spesso recordman e plurivittoriosi qui, basti citare il caso di Marco Benfatto al Tour of China e di Jakub Mareczko al Tour of Hainan.

I TRASFERIMENTI. C’è una costante in tutte le corse cinesi, ossia i trasferimenti che portano dall’arrivo di tappa alla partenza del giorno dopo. Il record assoluto spetta al Tour of China che fino all’anno scorso era capace di piazzare quasi ogni giorno un bel viaggio in bus di minimo quattro ore (fino a otto, senza problemi). E di obbligare la carovana a un giorno intero di trasferimento ogni due di corsa. Immaginate quanto sia piacevole per i corridori... L’e­di­zione 2018 è stata mitigata, con il percorso che si è dispiegato su meno province e in un territorio più ristretto invece che su due terzi del continente. Altri trasferimenti im­portanti si manifestano nella seconda parte del Qinghai Lake, mentre la gara più comfortevole di tutte è l’Hainan, dato che quasi tutte le città sono sede di arrivo e ospitano la partenza della frazione successiva.
GLI ALBERGHI E IL CIBO. Altro particolare che sta migliorando notevolmente è quello degli hotel. Dopo i non rari casi di presenze indesiderate (leggi, ratti e scarafaggi ai quali dare del tu) nelle camere soprattutto al Tour of China e condizioni igieniche non proprio ottimali, da quest’anno le sistemazioni al­berghiere sembrano essere finalmente state organizzate al meglio. Speriamo che nel 2019 si dia un bello sprint al ci­bo, dato che è forse - con i trasferimenti - ciò che rende più difficile l’espe­rien­za cinese. Diffidare dalla carne di ori­gine sconosciuta è la prassi, così molti atleti si devono ac­contentare di riso, patate e uova, oltre al cibo portato da casa.

I TIFOSI CINESI. Di sicuro ciò che è più apprezzabile in terra cinese è il grande e caloroso tifo dei locali, che spesso hanno occasione di vedere un occidentale (o addirittura un africano) solamente il giorno della corsa. Basta una passeggiata in centro per essere presi d’assalto per migliaia di selfie, come se si fosse delle star. È meraviglioso am­mi­rare l’entusiasmo di tutti, dai più piccoli fino ai più anziani, con folle oceaniche, majorettes, scuole intere, bandiere di ogni dimensione, cori e, in generale, un clima di festa sereno e sincero.
I BAMBINI. Meritano attenzione speciale i bambini cinesi perché con il loro tenero affetto sciolgono il cuore anche dei ciclisti più burberi sia all’arrivo sia alla partenza. Lungo il percorso puntinano i bordostrada e urlano “giaio, giaio” ossia “vai, vai!” con le loro voci sottili e agitando le mini bandiere rosse con stelline gialle. Una tradizione è la “foto con straniero” con le nonne e le mam­me che consegnano il pargolo per la foto ricordo.

LA SICUREZZA. Dopo alcuni precedenti di persone che attraversavano il percorso durante il passaggio del gruppo, la polizia ora tiene lontani gli spettatori con doppia barriera rispetto alla corsa. Di più: soprattutto al Guangxi vengono posizionati volontari ogni 50 metri, sempre rivolti verso l’esterno a controllare non si sa bene cosa, visto che spesso devono stare ore a fissare un muro o un fiume o una vallata sconfinata. Ba­sta fare due rapidi conti per scoprire che ogni frazione sono diverse decine di migliaia in tutto.

POLIZIA. Sul fatto che i poliziotti cinesi siano intransigenti c’è poco da dire, ma vale la regola dei 10 metri: spesso non c’è pass che valga se un agente decide che non puoi raggiungere il traguardo. Ma basta muoversi di dieci passi fino a entrare nell’area di competenza del po­liziotto successivo per avere, magari, chance di passare. I più rigidi sono quelli dello Qinghai Lake, i più permissivi quelli di Hainan, dove tutti hanno il tipo ritmo placido dei luoghi tropicali.
I CINESI E IL CICLISMO. Quanto i cinesi amano il ciclismo? La passione per la competizione professionistica che visita le province solitamente è estemporanea. Insomma, è difficile trovare fan veri e che se­guono regolarmente le corse. Tut­tavia, fa da traino poderoso per il settore amatoriale ed è dimostrato dal fatto che di anno in anno sono sempre più numerosi i praticanti che accompagnano le gare.

I CINESI E IL PROFESSIONISMO.
Attualmente l’unico ciclista cinese nel World Tour è Wang Meiyin che milita nella Bahrein Merida di Vincenzo Nibali. C’è da essere facili profeti a vaticinare un futuro con diversi professionisti cinesi, ma affinché ciò diventi possibile sarà necessaria un’interazione più profonda con le corse europee, visto che a mancare ai corridori cinesi non sono i mezzi, quanto l’esperienza per muoversi e sopravvivere in gruppo. Ed è proprio in questa direzione che sia i team sia gli investitori si stanno muovendo, come da esempio di GCP che è punta ad entrare nel World Tour nel 2020.

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