Vinge al Giro: e ci deve pure pensare
di Cristiano Gatti
E ci deve pure pensare. Non ha detto un no chiaro, ha lasciato una porta aperta, forse, magari, chissà. Prima deve riunirsi con la squadra, prima deve vedere per bene i programmi, poi finalmente deciderà. E solo allora tutti sapremo se stavolta Vingegaard verrà al Giro, bontà sua.
Torno a dire: e ci deve pure pensare. A me già questa titubanza, questo farla cadere dall’alto come una possibilità estrema, comunque come una concessione, mette subito tristezza. Voglio dirla tutta: Vinge dovrebbe venirci a piedi, al prossimo Giro. Dovrebbe pagare lui per esserci (signor Cairo, è una battuta). Ci sono duemila motivi per venirci, non ce n’è uno per dire ancora no. Non c’è neppure quello raffermo e ammuffito del “puntare tutto al Tour”: non ci si gioca una stagione per un secondo posto. Certo, lo so, me lo diranno in tanti: cosa straparli, magari stavolta batte Pogacar. Come no: magari.
Nell’attesa di batterlo, nel dubbio, io intanto verrei di corsa al Giro d’Italia. Nessuno me lo deve spiegare, ormai il Giro dell’era Cairo è parecchio svalutato, è sempre più lontano dal Tour, sta diventando meno importante e prestigioso della Vuelta (non lo dico io, che amo il Giro più di Cairo, anche per il solo fatto che lo amo gratis: lo dicono i numeri e i fatti). Ma riconosciuto questo, se non è più il secondo è comunque il terzo grande Giro a livello mondiale, resta un trofeo storico e pesante. E comunque, proprio dall’esclusivo punto di vista del nostro amico Vinge, è importantissimo: è l’occasione enorme di firmare un personalissimo record, quel famoso tris dei grandi Giri riuscito solo a gente che porta questi nomi, Jacques Anquetil, Felice Gimondi, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Alberto Contador, Vincenzo Nibali, Chris Froome, e tra parentesi non è ancora riuscito a Pogacar.
E allora, cosa deve pensare. E allora, cosa deve aspettare. Chiami subito casa Cairo e confermi subito la sua presenza, in modo che la si possa annunciare e montare mediaticamente come si deve. Non deve essere un’adesione dell’ultimo minuto, come salire casualmente su un aereo last-minute, o peggio ancora un’adesione per esclusione, dopo aver scartato tutte le altre possibilità. Prenda il Giro 2025 e lo metta in cima all’agenda, con tanto di fanfare e mortaretti che rendano il Giro stesso qualcosa di serio e di nuovamente aristocratico. Così la finiamo con questo clima da italiani poveracci che aspettano sempre l’obolo e le briciole della gente importante.
Già lo sento, il coro dei benpensanti. La fai facile tu, parli da italiota provinciale, proprio non ce la fai a capire che Vingegaard deve guardare più in là e più in alto, concentrandosi sul Tour, alla sfida dell’estate diventata ormai un classico come una volta il Festivalbar. Ascolto questo genere di argomentazioni, ne riconosco la serietà e l’importanza, ma per una volta mi pare che non stiano in piedi. Venendo al Giro, Vinge non trascura niente e non snatura niente. Il Tour e la sfida a Teddy restano centrali, chi li tocca. Ma almeno per una volta il Giro diventa il miglior paracadute che si possa immaginare. Intanto te lo vinci e ricami un tris che entra di diritto nella leggenda. E poi con questo diadema in tasca torni tranquillo e sereno al Tour, dove tutto sarà diverso. Certo sempre per vincerlo, ma una volta tanto senza incubi e ossessioni, forte di una nuova prospettiva: il secondo posto, improvvisamente, grazie al Giro d’Italia, da sconfitta diventerebbe un signor successo.
Ps: So che su certi tavoli, in certe riunioni, dove si macina alta strategia, queste mie argomentazioni vengono giudicate rozze e triviali. Lì sono molto più sofisticati, hanno una visione. Pazienza, non fa nulla, amici come prima. Andrà tutto bene. Enjoy.