Balsamo, la regina Elisa

di Giulia De Maio

Dalle botte di Tokyo2020, alla maglia iridata. In un pa­io di mesi Elisa Balsa­mo ha ribaltato il mondo, il suo e quello del ciclismo femminile, di cui è diventata regina. A 23 anni è riuscita a me­tabolizzare la delusione più cocente della sua giovane carriera, rimediata ad agosto sul velodromo di Izu, e a conquistare a fine settembre il titolo mondiale tra le Elite nelle Fiandre, dove il ciclismo è religione e lei è ap­parsa come una dea scesa in terra. Talento indiscusso fin dalle categorie minori, presenza fissa agli Oscar tuttoBICI da quando era una ragazzina, colonna del quartetto su pista, un anno fa campionessa europea Under 23, questa giovane donna a Lovanio è diventata grande tra le grandi.
Il 25 settembre 2021 è una data che non potrà più dimenticare. Ci arriva sapendo da giorni che il circuito iridato è adatto alle sue caratteristiche, la Nazionale correrà per lei e non ha nessuna intenzione di fallire, anche se le rivali sono agguerrite e in una gara sec­ca le incognite sono sempre dietro l’angolo. Quel sabato però le gambe gi­rano veloci, le compagne fanno quan­­to stabilito muovendosi come no­te di una sinfonia perfetta e lei, che è cresciuta suonando il piano, mette in campo un assolo da standing ovation.
Taglia il traguardo a braccia alzate da­vanti a Marianne Vos, la più vincente della storia, poi porta le mani sul casco da cui spunta la lunga treccia nera in cui raccoglie i capelli ricci ed è il ritratto dell’incredulità. Al massaggiatore Saul Barzaghi che la attendeva insieme al resto dello staff azzurro chiede a ripetizione se non è un sogno perché sembra tutto troppo bello per essere vero. Lui la rassicura: “È la realtà Eli­sa, sei campionessa del mondo”. La altre azzurre la travolgono di abbracci. Ma­ria Giulia Confalonieri, che avrebbe dovuta essere l’ultima a lanciarla ma ai -3 km ha dovuto seguire Van Dijk e Niewadoma e si è trasformata così in perfetto primo vagone del treno dei sogni, quando arriva le urla: “Te lo avevo detto!”. Elisa Longo Borghini, leader indiscussa del gruppo, al triangolo rosso le sussurra “accendi il cervello e vai a full gas” prima di spianarle gli ultimi 300 metri in salita. A un certo punto la Longo si volta, vede la giovane compagna scuotere la testa, è ancora troppo presto per lanciare la volata.
«Avevo studiato con attenzione il percorso, in questi anni ho imparato che conoscere bene il finale è la cosa più importante. Era un arrivo molto duro, dall’ultima curva la strada continuava a salire quindi bisognava cogliere l’attimo e non partire lunghi, per questo ho aspettato qualche metro quando Elisa aveva smesso di pedalare la prima vol­ta» racconta con lucidità la nuova campionessa del mondo.
Prima della volata erano intervenute Mar­ta Bastianelli, che da buona mam­ma si è rivelata perfetta regista in cor­sa, e Marta Cavalli, che hanno preso il testimone da Elena Cecchini e la new entry Vittoria Guazzini, le quali dopo aver rintuzzato qualunque tentativo, hanno tagliato il traguardo a braccia alzate al fianco di Anna van der Breg­gen, la campionessa uscente prossima al ritiro, giusto in tempo per unirsi alla festa.
«Da quando ho tagliato la linea del traguardo non ho più capito nulla. Ero in un altro mondo, mi ci è voluta un’ora per tornare con la testa in mez­zo agli altri, è stato indescrivibile» ci confida Elisa a 24 ore dall’emozione che l’ha travolta.
Sul podio saluta tutti, poi quando inizia l’inno riscoppia a piangere. «Sono senza parole. È stata una vittoria di squadra, tutte le ragazze sono state fantastiche, dalla prima all’ultima. Ab­biamo vissuto la gara perfetta. Non è mai andata via una fuga senza una ma­glia azzurra, le mie compagne mi han­no aiutato tantissimo a tenere le posizioni, a stare coperta, a non sprecare energie. La vittoria è nostra, non solo mia».
Elisa si getta nell’abbraccio delle compagne che aprono il Tricolore e cantano le note dell’inno di Mameli, è un quadretto commovente. Sembra una favola e allora non può mancare il principe azzurro. Davide Plebani, compagno di vita e Nazionale che, come lei, si divide tra strada e pista, le dà un bacio appassionato.
«Da quando l’ho conosciuto la mia vita è cambiata, ci completiamo in modo perfetto e lui riesce a farmi dare quel qualcosa in più anche quando sono in bicicletta. Questa maglia è anche sua, da sola non sarei riuscita ad arrivare fino a qui» racconta Elisa, senza di­menticare tutte le persone che l’hanno aiutata a conquistare questo primo gran­de traguardo nella massima categoria, a partire dai genitori che hanno macinato migliaia di chilometri dal Piemonte al velodromo di Montichiari mentre lei studiava latino e greco tra un allenamento e l’altro. Papà Ser­gio ha corso fino alla categoria dilettanti, è lui ad averle trasmesso la passione per la bicicletta. A cena Elisa si presenta con la maglia iridata, attenta a non sgualcirla né a sporcarla, brinda con il resto della squadra e taglia la buonissima e bellissima crostata di frutta che lo chef Mirko Sut ha realizzato per lei con i colori dell’iride. Il giorno dopo l’impresa, è ancora incredula.
«Non mi sono ancora ben resa conto di cosa abbiamo combinato, credo avrò bisogno di qualche tempo per realizzare quanto fatto. Non sono riuscita a dormire, ogni volta che chiudevo gli occhi mi si ripresentavano le immagini della giornata, l’adrenalina in circolo era troppa per poter riposare davvero anche se la stanchezza si è fatta sentire» racconta mentre torna verso Sar­­nico, sul Lago d’Iseo, dove vive e dove la attendono le amiche di sempre. Quelle che sul citofono di casa hanno appeso un cartello con scritto “Qui vive Elisa Balsa­mo, la campionessa del mondo di ciclismo” insieme a dei palloncini che anticipano la grande festa che la aspetta a fine stagione.
Marianne Vos, che ha 11 anni più di lei, due titoli olimpici e 12 Mondiali (3 su strada, 2 su pista, 7 nel ciclocross, più altre 10 medaglie tra argento e bronzo), non è riuscita nemmeno a prenderle la scia, stretta nella morsa azzurra che le aveva fatto già masticare amaro nel 2007 quando vinse Ba­stia­nelli, nel 2009 con Guderzo e per ben due volte con Bronzini, la incorona.
«Non ho perso la corsa a causa del treno, l’ho persa quando non so­no riuscita a superare Elisa. Di­spiace arrivare così vicina a una grande vittoria e doversi ar­rendere, ma quando ho lanciato la volata, dopo le pri­me pedalate ho capito che non potevo tenere la sua velocità. Sapevo che il finale sarebbe stato duro e che io avrei do­vuto restare in attesa fino alla fine. Ero sul­la ruota giusta, ma lei è stata più giusta di me» ammette la fuoriclasse olandese, che sa­peva che Elisa sarebbe stata una delle rivali più temibili.
«Nei giorni di vigilia ho detto a tanti che mi chiedevano di fare un nome, di stare attenti al suo. L’avevo vista molto concentrata nelle corse di avvicinamento e mi ero accorta di quanto fosse a suo agio nelle classiche. Soprattutto il quarto posto alla Gand e il terzo alla Frec­cia del Brabante su queste stesse strade. L’Italia arriva ai mondiali sempre con delle belle squadre e nel finale anche questa volta è stata in grado di fare un grande treno. Qualcosa che a me è mancato. Gli attacchi delle ie compagne nel finale sono stati fiacchi, erano tutte stanche. Tanto che nonostante dovessi restare coperta per la volata, per riprendere la spagnola Mavi Garcia ho dovuto lavorare anche io».
La nostra Nazionale, diretta dal CT Edoardo Salvoldi, invece è stata impeccabile tanto quanto Elisa. Grazie a lei l’Italia torna padrone dell’oro femminile dopo 10 anni. Allora fu il trion­fo-bis di Giorgia Bronzini a Copenaghen 2011, anche lei sul traguardo di Leuven ha gioito per la giovane erede.
«La volata è stata un tira e molla. La Longo era un po’ lunga e la Bal­sa­mo non l’ha seguita. È stata calma, non si è lasciata prendere dal panico, fidandosi nettamente della Longo. Elisa, Longo Borghini intendo, si è trovata spesso in questa situazione quindi ha gestito la sua progressione in modo esemplare. La Balsamo ha creduto nella ruota che aveva davanti e ha aspettato il momento giusto. E poi chiaramente aveva le energie» analizza  la piacentina, che dall’anno prossimo non sarà più ds della Trek-Segafredo, formazione World Tour in cui militerà Balsamo nei prossimi tre anni.
Elisa ha iniziato a pedalare a 6 anni, ma prima ha provato tutti gli sport. A Cuneo sciava sempre, fondo, discesa, alpinismo, anche biathlon e nuoto. È una professionista serissima e rigorosa. Poliziotta delle Fiamme Oro, ha fatto proprio un bel regalo d’addio alla Valcar Travel&Service, prima di spiccare il volo verso il World Tour.
«Alla Valcar mi hanno permesso di passare nella categoria Elite con grande tranquillità, mi hanno seguita passo passo, senza mettermi fretta o pressione, alla fine questo penso sia proprio stato il nostro punto di forza, siamo cre­sciuti insieme anno dopo anno sen­za commettere passi falsi. Non abbiamo esagerato, preteso chissà quali grandi traguardi subito e ora stiamo raccogliendo i frutti. So­no im­men­sa­men­te grata alla mia squadra ed è giusto che questo ultimo mese porti in giro per il mondo questa ma­glia con loro» commenta Eli­sa che esordirà con la sua nuova divisa iridata nella prima Roubaix femminile della storia.
«È un privilegio unico, un’esperienza che in assoluto potrò fare solo io, sarà magnifico correre con questa maglia per un anno intero».
Il suo diesse Davide Arzeni si è perso per Leuven, l’ammiraglia del club bergamasco è impolverata all’inverosimile perché è passato persino sulle strade sterrate pur di arrivare in tempo al traguardo e ammirare la sua pupilla in trionfo. «Ho sempre pensato che Elisa potesse vincere tutte le corse su strada. Siamo venuti a marzo a vedere il percorso, in occasione della Freccia del Brabante, e avevamo notato che era un tracciato adatto a lei. Da quel momento lei ha preso consapevolezza e con Dino (il CT Salvoldi, ndr) abbiamo la­vorato in sintonia» racconta il “capo”, così è chiamato Arzeni dalle sue ragazze. «Ci spaventava un po’ la distanza, quindi siamo andati prima a correre il Simac Ladies Tour, che aveva due tappe di 160 chilometri, poi alla Vuelta, poi ancora all’Europeo. Ho macinato 6.000 chilometri in ammiraglia. Tutto questo per cercare la resistenza che, avendo dovuto preparare Tokyo, era un po’ il dubbio che ci affliggeva» prosegue il tecnico che l’ha seguita negli ultimi cinque anni e a cui la stessa Elisa augura di crescere tante altre future campionesse.
«Il nostro presidente Valentino Villa è un grande - sottolinea Arzeni -. Questo mondiale lo ripaga di tutto quello che ha investito su queste giovani negli an­ni. È stata una scuola. La gente magari non se ne rende conto, ma per una squadra come la nostra i sacrifici sono enormi. Anche economici. An­dare a correre a fine agosto in Spagna e Olanda mentre con altre atlete eravamo in gara al Giro di Toscana non è stato semplice, ma per il nostro presidente se c’è da fare… si fa. Adesso ci aspetta la Parigi-Roubaix, poi l’Inghil­terra, ma ci andremo con la maglia iridata. È un impegno. Pensate che solo di tamponi spenderemo quasi 4.000 euro per queste due trasferte».
Elisa, cuneese di Peveragno, aveva già vinto il titolo mondiale da junior a Doha nel 2016, ma questo nella massima categoria e davanti a una leggenda del ciclismo la proietta in una nuova dimensione. «Le maglie e le medaglie conquistate da junior sono uno stimolo a impegnarsi ancora di più, ma il ciclismo che conta veramente è questo, questa è LA maglia, è emozionante e strepitosa».
Soprattutto è il riscatto che compensa l’incubo olimpico che Elisa ha vissuto in Giappone, caduta sia nella madison disputata con Letizia Paternoster che nell’Omnium: nella prova di apertura finì a terra e un’avversaria le passò letteralmente sopra.
«L’Olimpiade era il mio grande obiettivo della stagione, da dicembre mi sono allenata pensando solo a Tokyo, alla fine è stata una grande delusione - ammette Elisa -. Non è stato semplice andare avanti, quando sono tornata a casa dal Giappone mentalmente ero davvero distrutta e devo ringraziare in particolare la mia famiglia e il mio compagno, così come il mio preparatore e la mia nutrizionista che mi hanno permesso di tornare a vedere la luce e tutti insieme siamo riusciti a concentrarci su questa altra grande possibilità di fine stagione. È stata la mia rivincita».
A breve la aspettano le vacanze, ma anche i libri. Dopo la maturità classica conseguita con la media del 9 e aver lasciato il conservatorio per concentrarsi sulla carriera sportiva, sta per conseguire la laurea in Lettere moderne e contemporanee all’Università di Tori­no.
«Mi mancano quattro esami, quest’inverno mi concentrerò su questo altro grande obiettivo, rimettendomi sotto con lo studio» racconta questa ragazza da sempre affascinata dal mondo antico e dall’arte, che passa con disinvoltura da una mostra di Andy Warhol ai fumetti di Diabolik che collezionava il nonno.
«Adoro la letteratura classica e tutto quello che riguarda l’antichità. L’Odis­sea di Omero è la mia passione, uno dei poemi più intriganti. Mi sarebbe piaciuto poter conoscere Ulisse...».
In attesa di applaudirla anche con l’alloro in testa, visto che da grande vuole di­ventare giornalista e scrivere di sport, chiudiamo in stile marzulliano, chiedendole di farsi una domanda e darsi una risposta.
Elisa sfodera il quesito più semplice ma importante di tutti. «Chiedimi se sono felice. Sì, immensamente».

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